Interessante sentenza del Tar Lombardia, che fa il punto sulla portata applicativa delle clausole “a pena di esclusione”, in particolare se riferite all’importo a base d’asta.
La decisione dei giudici lombardi riguarda una gara nella quale l’impresa originariamente esclusa per aver formulato un’offerta in rialzo rispetto ad una delle prestazioni, viene poi riammessa, aggiudicandosi la procedura.
Il disciplinare di gara comminava espressamente l’esclusione, in questo caso.
La seconda classificata ricorre avverso le scelte della stazione appaltante.
Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 18/ 12/ 2019, n.2693 accoglie il ricorso.
Dopo avere evidenziato come si tratti di stabilire se la formulazione di un’offerta economica “in aumento” per una sola delle prestazioni ricomprese nell’appalto da aggiudicare imponesse, secondo la normativa di gara, l’automatica espulsione del concorrente che se ne era reso autore – anche quando ciò non si traduceva in un superamento della soglia di spesa pubblica complessiva ancorata alla base d’asta relativa all’intero “lotto” –, e se, in questo caso, le corrispondenti prescrizioni fossero disapplicabili dalla stazione appaltante in quanto “nulle” per contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, il Tar entra nel merito del ricorso.
Il Tar ricorda come le previsioni della lex specialis della gara costituiscano un vincolo per l’amministrazione che le ha predisposte, in capo alla quale non sussiste alcun margine di discrezionalità circa la loro concreta attuazione, sicché le singole clausole, finanche quando illegittime, non possono essere disapplicate né dal giudice né dalla stessa stazione appaltante, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela (sulla vincolatività della lex specialis v. Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 maggio 2019, n. 2991; Consiglio di Stato, Sez. V, 14 dicembre 2018, n. 7057; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 novembre 2017, n. 5428; Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 settembre 2015, n. 4302);
che, in applicazione di siffatti assunti, di fronte ad una prescrizione vincolante e con formulazione chiara come quella del caso in esame, non v’è dubbio che in capo alla stazione appaltante sussistesse un obbligo conformativo con riferimento all’esclusione della concorrente Esaote S.p.A., con conseguente illegittimità dell’aggiudicazione oggetto della presente controversia; non di meno, infatti, nella pacifica vigenza del principio, la giurisprudenza amministrativa ha ulteriormente identificato nell’illegittimità delle successive determinazioni la conseguenza giuridica della violazione dell’autovincolo (v. Consiglio di Stato, Sez. III, 30 ottobre 2019, n. 7446; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502);
che neppure coglie nel segno l’ulteriore assunto di parte resistente in forza del quale la clausola espulsiva prevista dalla normativa di gara violerebbe il principio della tassatività delle cause di esclusione ed incorrerebbe perciò nella nullità testuale di cui all’art. 83, comma 8, del d.lgs. 50 del 2016; se è vero, in effetti, che la sanzione della nullità implica l’automatica inefficacia delle previsioni del bando, disapplicabili direttamente dalla stazione appaltante senza necessità di attendere l’eventuale annullamento giurisdizionale (in tal senso v. Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350), per la prevalente giurisprudenza, però, la disposizione in ordine alla tassatività delle clausole escludenti – in precedenza prevista dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 – non può essere interpretata in modo avulso dal contesto normativo di riferimento, sì da doversene individuarne la ratio nella necessità di “ridurre gli oneri formali gravanti sulle imprese partecipanti a procedure di affidamento, quando questi non siano strettamente necessari a raggiungere gli obiettivi perseguiti attraverso gli schemi dell’evidenza pubblica” (in tal senso Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4350/2017 cit.; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4460; e, da ultimo, a proposito del principio per cui la declaratoria di nullità per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione si riferisce solo a clausole del bando che impongono adempimenti formali v. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5828);
che è da condividere, quindi, l’orientamento giurisprudenziale per il quale la sanzione della nullità testuale è riferita esclusivamente alle ragioni di esclusione incentrate sulle forme con cui la dichiarazione negoziale viene esternata, in quanto aspetti formali e documentali che, in assenza di una specifica previsione di nullità, potrebbero essere regolarizzati attraverso l’istituto del soccorso istruttorio; il “principio di tassatività delle cause di esclusione” e la conseguente nullità ex lege, invece, non riguardano i profili sostanziali o qualitativi dell’offerta – come, ad esempio, la base d’asta –, in sé insuscettibili di regolarizzazione postuma giacché l’amministrazione si troverebbe altrimenti a comparare proposte tra loro non omogenee, violando i principi basilari che presiedono lo svolgimento delle procedure competitive (in tal senso v. TAR Toscana, Sez. III, 27 febbraio 2018, n. 316, conf. da Cons. Stato, III, 25/07/2018 n. 4546/2018);
che, del resto, come pure è stato rilevato (TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 2 ottobre 2018, n. 5766), la disposizione di cui all’art. 83, comma 8, del d.lgs. 50 del 2016 va letta in continuità ermeneutica con la norma di cui all’art. 46 comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, restando quindi pienamente valido, anche nell’attuale regime normativo, il principio secondo cui la sanzione della nullità testuale è preordinata a privare di rilievo giuridico tutte le ragioni di esclusione dalle gare incentrate non già sulla qualità della dichiarazione, quanto piuttosto sulle forme con cui questa viene esternata;
che, pertanto, sulla base di siffatti assunti, non appare plausibile invocare nella fattispecie la nullità della clausola di cui all’art. 22 del Disciplinare di gara, riferendosi questa, senza margini di opinabilità, ad un aspetto sostanziale con cui doveva essere formulata l’offerta, e cioè entro il limite della base d’asta riferita al servizio di “assistenza tecnica full risk per sonde”;
che, in conclusione, ad avviso del Collegio, non sussisteva alcun potere di disapplicazione della clausola in parola da parte dell’Amministrazione procedente, la quale, riammettendo l’offerta di xxx. al dichiarato scopo di salvaguardare l’interesse pubblico alla migliore convenienza economica della proposta negoziale in tal modo formulata, ha manifestamente violato la disposizione della lex specialis della gara circa l’ineludibile rispetto delle basi d’asta “parziali”, e ciò per non avere tenuto conto della circostanza che, per quanto detto, l’eventuale invalidità di simile disposizione andrebbe semmai ascritta a causa di annullabilità/illegittimità della stessa, non già a causa di nullità ex art. 83, comma 8, del d.lgs. 50 del 2016.
Il ricorso viene accolto.