Il “Decreto Liquidità” ( Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23), nell’iter di conversione, si è arricchito di un articolo, l’articolo 4 bis, con l’inserimento di nuove attività nella lista di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che si riporta in nota nel testo antecedente la modifica.
Le nuove attività inserite risultano essere : servizi funerari e cimiteriali, ristorazione, gestione delle mense e catering.
Inoltre, vengono abrogate le lettere a) e b) del comma 53, che trovano comunque una loro riproposizione nella nuova lettera : i-quater) del comma 53 , che comprende servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.
Il “nuovo” articolo 1 comma 53 della Legge 6 novembre 2012, n. 190 dopo la modifica del “Decreto Liquidità” risulta pertanto essere così articolato :
53. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:
a) (abrogata);
b) (abrogata);
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardiania dei cantieri.
i-bis) servizi funerari e cimiteriali;
i-ter) ristorazione, gestione delle mense e catering;
i-quater) servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.
Per cui, con l’entrata in vigore delle modifiche apportate dal Decreto Liquidità, occorrerà prestare attenzione, qualora negli appalti ( o concessioni ) siano presenti prestazioni rientranti in una delle attività a maggior rischio di infiltrazione mafiosa di cui al comma 53, dell’art. 1, della legge 6 novembre 2012, n. 190, verificando che gli operatori economici concorrenti siano iscritti nell’elenco (c.d. white list) istituito presso la Prefettura della provincia in cui l’operatore economico ha la propria sede.
Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 52, della legge 190/2012 e secondo quanto indicato dalla circolare del Ministero dell’Interno prot. 25954 del 23 marzo 2016 e dal DPCM 18 aprile 2013, come aggiornato dal DPCM 24 novembre 2016, l’iscrizione alla white list è un requisito obbligatorio per la partecipazione alle gare e l’affidamento di appalti pubblici nei settori individuati come a maggior rischio di infiltrazione mafiosa (Vedasi in tal senso DELIBERA ANAC N. 1071 DEL 14 novembre 2018).
In alternativa gli operatori economici devono aver presentato domanda di iscrizione al predetto elenco (cfr. Circolare Ministero dell’Interno prot. 25954 del 23 marzo 2016 e DPCM 18 aprile 2013 come aggiornato dal DPCM 24 novembre 2016, nonché delibera ANAC n. 1297 del 12 dicembre 2017)
Si ricorda infine che ai sensi dell’articolo 1 comma 52-bis della Legge 190/2012 L’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta.
Tutto bene dunque? Diciamo che, pur apprezzando lo sforzo compiuto dal legislatore nell’ampliare ( nel momento in cui si fissano le regole per importanti garanzie pubbliche sulle richieste di liquidità) il novero delle attività da monitorare ai fini di possibili infiltrazioni mafiose, vanno segnalate due problematiche.
La prima, immediata, riguarda la definizione di “servizi ambientali” introdotta dalla nuova lettera i quater, all’interno della quale sono “comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti”.
Cosa si intende infatti per servizi ambientali? Il D.Lgs 152/2006 non riporta una definizione in tal senso.
Ragionando in maniera pragmatica,secondo l’Istat il Conto dei beni e Servizi ambientali registra e presenta- in forma coerente con i concetti e i princìpi del regolamento dei conti nazionali (SEC 2010) – dati sulle attività di produzione che generano prodotti ambientali. I prodotti ambientali comprendono beni e servizi realizzati per scopi |di protezione dell’ambiente e di gestione delle risorse. La protezione dell’ambiente comprende tutte le attività e azioni il cui obiettivo principale è la prevenzione, la riduzione e l’eliminazione dell’inquinamento e di ogni altra forma di degrado ambientale. La gestione delle risorse comprende la conservazione, il mantenimento e il miglioramento dello stock di risorse naturali e, pertanto, la tutela di tali risorse da fenomeni di esaurimento.
Praticamente, dunque, volendo provare a delineare il “perimetro” dei servizi ambientali, ( tenendo sempre conto della classificazione di Istat) esso comprende la gestione delle risorse energetiche, la gestione dei rifiuti, gestione delle acque reflue, servizi per la protezione di aria e clima, servizi per l’abbattimento del rumore, la protezione del suolo, delle acque e della biodiversità, la protezione dalle radiazioni, le attività di gestione delle risorse naturali relative alle risorse forestali, l’acqua, il patrimonio minerale, la flora e la fauna, nonché servizi di Ricerca e Sviluppo di questi servizi.
Un perimetro decisamente ampio, forse persino troppo. La definizione di “servizi ambientali” utilizzata dal legislatore, non essendo puntuale, rischia infatti di generare incertezza sui soggetti obbligati all’iscrizione nelle white list, con il rischio di ritardi nell’applicazione di una norma la cui logica risulta essere pienamente condivisibile.
La seconda problematica riguarda una scadenza lontana ( 31 dicembre 2020), ossia quella della proroga ( prevista dall’art. 1, comma 18 della legge n. 55 del 2019) sull’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta ai sensi dell’articolo 105 comma 6 del Codice dei Contratti[3] .
Con l’ampliamento delle attività potenzialmente soggette a rischio di infiltrazione mafiosa, dal 1 gennaio 2021 l’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori ( che ha determinato in fase di applicazione notevoli difficoltà) verrà amplificato, per cui occorrerà che il legislatore tenga ben presente la scadenza della proroga e prenda una decisione definitiva in merito.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza Appalti