L’applicazione di un determinato contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, risultando sufficiente che sia rispettata la coerenza del contratto nazionale applicato con l’oggetto dell’appalto posto in gara, secondo quanto stabilito dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 50/2016.
Questo è quanto stabilito dal Tar Calabria nel respingere ricorso avverso aggiudicazione, incentrato sull’anomalia della migliore offerta. I motivi di ricorso in particolare si soffermano sulla non coerenza del contratto di lavoro applicato dall’aggiudicataria.
L’aggiudicataria infatti applica il contratto collettivo CISLA/UNCI anziché il contratto collettivo Multiservizi, che – a dire della ricorrente – è quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori del settore.
Ebbene, poiché il costo medio orario del CCNL CISLA/UNCI è inferiore a quello del CCNL Multiservizi, che rispecchia il costo medio indicato nelle tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16 d.lgs. 50/2016, emergerebbe una violazione non solo dell’art. 97, commi 5, lett. d), d.lgs. 50/2016, ma anche del comma 6 del medesimo articolo in relazione a quanto previsto dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 50/2016 e 36 cost., poiché è sulla base dei livelli retributivi del CCNL Multiservizi che dovrebbe assestarsi il livello minimo inderogabile delle retribuzioni.
Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 31/ 07/ 2020, n.1404 respinge il ricorso, soffermandosi anche sulla portata della “clausola sociale” inserita nel bando.
L’applicazione di un determinato contratto collettivo rientra nelle prerogative dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, risultando sufficiente che sia rispettata la coerenza del contratto nazionale applicato con l’oggetto dell’appalto posto in gara, secondo quanto stabilito dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 50/2016. Nel caso in esame, non può essere revocato in dubbio che il CCNL CISLA/UNCI rispecchi tale crisma, trattandosi del contratto collettivo sottoscritto all’Unione Nazionale Cooperative Italiane (UNCI) e generalmente applicabile ai dipendenti delle cooperative sociali nel terzo settore. È inoltre logico che xxx , in quanto associata UNCI, applichi il contratto collettivo da questa sottoscritto.
Conseguentemente, non può reputarsi anomala un’offerta quando essa sia riconducibile al minor costo del lavoro per il contratto applicato dall’offerente al proprio personale, rispetto a quello applicato da altra impresa (cfr. ex multis T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, 11.2.2020, n. 95; T.A.R. Napoli, Sez. II, 11.12.2019, n. 5892; Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. V, 28.5.2019, n. 3487).
Nè può assumere rilievo, ai fini del presente giudizio, che i minimi salariali prescritti dal CCNL CISLA/UNCI siano inferiori rispetto al CCNL Multiservizi. L’asserzione sembra sottendere un giudizio d’invalidità del contratto collettivo UNCI, in quanto non rispettoso dei canoni di proporzionalità e adeguatezza delle retribuzioni sanciti dall’art. 36 cost. Tuttavia, né alla stazione appaltante né tantomeno al giudice amministrativo compete lo scrutinio di legittimità di un determinato contratto collettivo, questa essendo una questione rimessa alla cognizione del giudice del lavoro. In presenza – come nel caso di specie – di un contratto collettivo efficace e coerente con l’appalto oggetto di gara, non può impedirsi a un operatore economico di porre i relativi parametri retributivi alla base della propria offerta economica. ……………..
Da ultimo, occorre escludere la rilevanza, ai fini del giudizio di anomalia, della clausola sociale presente nel capitolato speciale d’appalto, giacché – come anche recentemente affermato in giurisprudenza – essa non comporta l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata alle medesime condizioni il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. III, 18.9.2018, n. 5444; Cons. Stato, Sez. V, 17.1.2018, n. 272; Cons. Stato, Sez. V, 18.7.2017, n. 3554; Cons. Stato, Sez. III, 9.12.2015 n. 5597, secondo cui “la c.d. “clausola sociale” non può imporre all’impresa subentrante in una gara pubblica di prescegliere un determinato contratto collettivo, potendo essa scegliere invece un contratto collettivo diverso, applicabile all’oggetto dell’appalto e che salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”). In tale prospettiva, va escluso che in virtù della clausola sociale inserita negli atti di gara l’aggiudicataria sia tenuta all’applicazione di un contratto collettivo diverso rispetto a quello di appartenenza, come anche va escluso che il mancato mantenimento del contratto collettivo per i lavoratori da riassorbire sia indice di anomalia dell’offerta (Cons. Stato, Sez. V, 12.9.2019, n. 6148; Cons. Stato, Sez. III, 18.9.2018, n. 5444).
Il ricorso viene respinto.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti