In una procedura aperta per lavori la Centrale di Committenza prevedeva che l’offerta economica fosse predisposta secondo uno specifico modello, che però non conteneva l’indicazione sui costi della manodopera ai sensi dell’articolo 95 comma 10 del Codice dei Contratti..
Durante la pubblicazione del bando il modello Offerta Economica è stato poi modificato con l’inserimento di un campo dedicato al costo della manodopera.
Alla gara hanno partecipato imprese che, sulla base del modello iniziale, hanno presentato offerta senza indicare il costo della manodopera.
L’impresa ricorrente è risultata essere la prima offerta anomala ( al di sopra della soglia di anomalia).
La ricorrente ha impugnato l’aggiudicazione davanti al TAR Brescia, sostenendo che le imprese che avevano presentato l’Offerta Economica senza il costo della manodopera avrebbero dovuto essere escluse e, per effetto dell’esclusione, sarebbe stato necessario ricalcolare la soglia di anomalia, che avrebbe premiato a questo punto l’offerta della ricorrente, prima tra quelle non anomale .
Il ricorso è stato però respinto con la sentenza n. 366 del 3 aprile 2018, che ha ritenuto applicabile l’art. 95 comma 15 del D.lgs. 50/2016 sull’invarianza della soglia di anomalia.
Peraltro, la sentenza ha aggiunto che la mancanza di un’azione contro l’erroneo calcolo della soglia di anomalia “non impedisce una autonoma azione di danno sussistendone i relativi presupposti di legge”.
Il Tar Brescia dunque è chiamato a decidere sul ricorso con il quale viene appunto richiesto il risarcimento per la mancata aggiudicazione dell’appalto, che sarebbe spettata se la soglia di anomalia fosse stata calcolata escludendo le offerte prive del costo della manodopera.
Per il calcolo del danno, l’impresa ricorrente presenta apposita relazione articolata su :
a) il lucro cessante, ossia l’utile che la ricorrente avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione;
b) la perdita di chance, ossia la perdita della possibilità di aggiudicarsi l’appalto;
c) il danno curricolare, consistente nella mancata progressione verso le categorie attualmente non ancora possedute dalla ricorrente.
Complessivamente, è stato chiesto un risarcimento pari a € 103.603,12, con gli interessi legali dalla stipula del contratto con l’aggiudicataria sino all’effettiva corresponsione di quanto dovuto.
Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 18/ 08/ 2020, n. 619 accoglie il ricorso.
Dopo aver ribadito la propria posizione sull’invarianza della soglia di anomalia di cui all’articolo 95 comma 15 del Codice ( peraltro assolutamente non univoca in giurisprudenza come ribadito anche da recente sentenza del Tar Lazio https://www.giurisprudenzappalti.it/sentenze/soglia-automatica-di-anomalia-puo-essere-ricalcolata/ ), i giudici affermano come sia possibile l’azione di risarcimento per equivalente.
Successivamente viene censurato l’operato della stazione appaltante sulla modulistica, entrando poi nel merito del ricorso.
Una volta deciso di non escludere nessuno, però, la CUC ha automaticamente danneggiato i concorrenti che avevano un legittimo interesse a far calcolare la soglia di anomalia solo sulle offerte formulate correttamente, tenendo conto che dopo l’ammissione delle offerte la soglia di anomalia, in base all’art. 95 comma 15 del D.lgs. 50/2016, è immodificabile.
24. La ricorrente, che ha perso l’aggiudicazione proprio a causa dell’inadeguata gestione della modulistica dell’offerta economica da parte della CUC, ha quindi diritto a un risarcimento per equivalente.
Sul calcolo del danno
25. La prima voce di danno, ossia il lucro cessante, deve essere calcolata sulla base dell’importo ribassato indicato nell’offerta economica …, senza gli oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso …, e al netto dei costi che la ricorrente avrebbe sostenuto se avesse eseguito l’appalto. La principale spesa è quella relativa al costo della manodopera, che la stessa ricorrente nella propria offerta economica ha quantificato in € ….. Un’ulteriore spesa è costituita dai costi aziendali per la sicurezza dichiarati nell’offerta economica …….). Depurato da queste due spese, l’utile della ricorrente scende a € 45.033,40. Occorre poi tenere conto del costo dei materiali, che può essere quantificato in via equitativa in circa un terzo dell’utile residuo. Il lucro cessante è quindi stimabile in € 30.172,38.
26. La seconda voce di danno, ossia la perdita di chance, non può essere riconosciuta, in quanto costituisce una duplicazione della prima. Se viene risarcito il lucro cessante per la perdita dell’aggiudicazione, sul presupposto che in una procedura corretta l’aggiudicazione sarebbe toccata alla ricorrente, non vi sono margini per calcoli probabilistici sull’esito della gara, né per individuare in tale probabilità una perdita da reintegrare.
27. È invece dovuta la terza voce di danno, ossia il danno curricolare. La base di calcolo non può tuttavia essere costituita dall’intero valore dell’appalto, ma solo dalle lavorazioni per le quali il mancato accumulo di esperienza professionale, impedendo la progressione all’interno delle qualificazioni SOA, determina anche un verosimile rallentamento dello sviluppo aziendale. …. In via equitativa, la perdita di future opportunità lavorative può essere stimata nel 5% delle lavorazioni interessate, ossia in € 11.919,49.
Il ricorso deve quindi essere accolto nei limiti sopra indicati. Conseguentemente la stazione appaltante viene condannata a versare alla ricorrente, a titolo di risarcimento, l’importo complessivo di € 42.091,87. Sulla somma così liquidata spettano gli interessi legali dalla data di deposito della sentenza al saldo. Alla stazione appaltante viene addebitato il contributo unificato oltre al versamento alla ricorrente delle spese di giudizio.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti