Il “Decreto Semplificazioni”, dopo il passaggio in Senato, vede una significativa novità consistente nell’introduzione, all’interno del corpo del Codice dei Contratti, del Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ossia il “Codice del Terzo Settore”.
Ecco così che, con la revisione dell’articolo 8 del Decreto Legge 76/2020, sono stati modificati l’articolo 30 comma 8 del Codice dei Contratti, all’articolo 59 comma 1, all’articolo 140 comma 1, che si riportano nelle note con le modifiche evidenziate in grassetto.
Il legislatore, evidentemente, ha provato almeno a definire un minimo coordinamento tra le due discipline, dopo che nel recente passato sono emerse criticità significative.
Il Consiglio di Stato, nell’Adunanza della Commissione speciale del 26 luglio 2018, Parere Numero 02052/2018 e data 20/08/2018 Spedizione aveva stabilito come :
In sostanza, e ricapitolando, si devono ritenere estranee al codice unicamente le procedure di accreditamento c.d. libero e le procedure di co-progettazione e partenariato finalizzate a rapporti puramente gratuiti, nel significato e con i limiti segnalati e di cui infra. Salve, dunque, le esposte eccezioni, le procedure previste dal Codice del terzo settore (e, in generale, dalla normativa ancora in vigore in subiecta materia) configurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e, pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca, integrandola, a quella apprestata dal Codice del terzo settore.
ANAC aveva predisposto uno Schema di Linea Guida per l’affidamento dei servizi sociali, che, come aveva sottolineato il buon Elvis Cavalleri, sembrava ammorbidire la posizione del Consiglio di Stato.
Lo Schema di Linea Guida però è stato bocciato dal Consiglio di Stato a fine 2019, con la conseguenza che l’incertezza continua a permanere e le Amministrazioni si trovano a dover scegliere tra le opzioni delineate dal Codice del terzo settore e quelle del Codice dei Contratti.
Il citato parere del Consiglio di Stato 2052/ 2018 chiedeva che l’Amministrazione dovesse puntualmente indicare e documentare la ricorrenza, nella concreta vicenda, degli specifici profili che sostengono, motivano e giustificano il ricorso a procedure che tagliano fuori ex ante gli operatori economici tesi a perseguire un profitto.
L’Amministrazione dovrà, in particolare, evidenziare la maggiore idoneità di tali procedure a soddisfare i bisogni lato sensu “sociali” ricorrenti nella fattispecie, alla luce dei principi di adeguatezza, proporzionalità ed efficacia ed in comparazione con gli esiti che verosimilmente produrrebbe l’alternativa del ricorso al mercato.
L’esposta conclusione consegue anche al fatto che le procedure previste dal Codice del terzo settore non trovano una diretta “copertura” nel Codice dei contratti pubblici, che conosce solo le ipotesi derogatorie di cui all’art. 112 (riserva di partecipazione o di esecuzione a favore di enti “il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate”) e di cui all’art. 143 (riserva ad organizzazioni qualificate da specifici caratteri, indicati al comma 2, degli affidamenti relativi ad alcune tipologie di “servizi sanitari, sociali e culturali”).
Alla luce delle modifiche apportate dal Senato, credo sia ragionevole affermare come una “copertura”, anche se minima, sia stata introdotta.
Risulta essere in tal senso particolarmente significativa la modifica introdotta all’articolo 30 comma 8 del Codice dei Contratti.
Nel corpo dell’articolo 30, comma 8 del d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), si contrappongono infatti : a) le “procedure di affidamento” che, in quanto ricomprese, come specie nel genere, nelle “attività amministrative”, sono assoggettate alle disposizioni, di ordine generale e paradigmatico, di cui alla l. n. 241/1990; b) la “fase di esecuzione” che, in quanto attivata dalla “stipula del contratto”, evoca le regole del “codice civile”, in quanto non segnatamente derogate da disposizioni di specie.
Per cui, sulla base del “nuovo” comma 8 dell’articolo 30, è da sostenersi come sia stata estesa l’applicazione delle disposizioni della legge n. 241/1990 anche alle forme di coinvolgimento degli enti del Terzo settore previste dal titolo VII del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 ( articoli 55,56 e 57) .
Con la conseguenza che, in forza dei principi sanciti dall’articolo 1 della Legge 241/1990, gli affidamenti dei servizi sociali dovranno espressamente applicare i criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.
Insomma, così in prima battuta sembra di poter affermare come, in conseguenza delle modifiche apportate dal “Decreto Semplificazioni”, per gli affidamenti di servizi sociali siano da prevedersi in futuro procedure comunque improntate ad un’ ampia apertura al mercato.
Sia che si intenda procedere ( come da parere del Consiglio di Stato sopra citato) interpellando soggetti del “Terzo Settore”, sia che si proceda secondo il Codice dei Contratti.
In questo senso il coordinamento tra i due “Codici”, sebbene minimale e non risolutivo delle problematiche, introduce sicuramente apprezzabili elementi di chiarezza.
Da segnalare infine come, essendo le modifiche in commento previste al comma 5 dell’articolo 8, le stesse, ai sensi del successivo comma 6, si applicheranno alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione , nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti