Nel respingere l’appello avverso la sentenza di primo grado il Consiglio di Statodelimita la natura del “Patto Etico e di Integrità” e gli effetti derivanti dalla sua sottoscrizione.
E’ una sentenza che appare opportuno segnalare, soprattutto alla luce di quanto previsto dal “Decreto Semplificazioni”.
L’art. 3 comma 7 del “Decreto Semplificazioni” ha infatti introdotto l’articolo 83 bis al Decreto Legislativo 159/2011, legittimando la stipula di protocolli di legalità tra Ministero dell’Interno ed imprese di rilevanza strategica nonché con le associazioni maggiormente rappresentative. Le stazioni appaltanti sono obbligate a prevedere nei bandi e lettere invio che il mancato rispetto di questi protocolli di legalità sottoscritti dal Ministero costituisce causa di esclusione dalle gare o di risoluzione del contratto. La norma si aggiunge all’articolo 1 comma 17 della Legge 190/2012 (17. Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara), con la quale dovrà trovare una qualche forma di coordinamento. La norma è infatti da leggersi come introduzione di una nuova causa di esclusione dalle gare a partire dal 17 luglio 2020. Per cui, alla luce del nuovo articolo 83 bis del D.Lgs 159/2011 occorrerà verificare la presenza/assenza dei protocolli di legalità sottoscritti dal Ministero dell’interno.
Intanto però sono da ricordare i principi sanciti da Consiglio di Stato, Sez. V, 26/10/2020, n. 6458:
2.1.1. La sentenza di primo grado non ha affatto integrato la motivazione del provvedimento di esclusione, ma ha esclusivamente chiarito, in risposta al (primo) motivo di ricorso proposto, la natura del Patto etico e di integrità e gli effetti derivanti dalla sua sottoscrizione.
A tal proposito, del tutto correttamente, il tribunale ha precisato che le clausole del c.d. Patto etico e di integrità sono idonee a rafforzare gli oneri informativi già gravanti sui concorrenti in virtù delle disposizioni di legge che impongono, per come costantemente interpretate dalla giurisprudenza amministrativa, di informare la stazione appaltante di ogni fatto, specie se di rilevanza penale, in grado di incidere sulla valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente dovuta in sede di verifica dei requisiti di partecipazione.
2.1.2. In sostanza, può qui aggiungersi, l’accettazione del Patto etico da parte dei concorrenti comporta l’ampliamento dei loro obblighi nei confronti della stazione appaltante da un duplice punto di vista: – temporale: gli impegni assunti dalle imprese rilevano sin dalla fase precedente alla stipula del contratto di appalto; – contenutistico: si richiede all’impresa di impegnarsi, non solo alla corretta esecuzione del contratto di appalto, ma ad un comportamento leale, corretto e trasparente, sottraendosi a qualsiasi tentativo di corruzione o condizionamento dell’aggiudicazione del contratto (così Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2018, n. 722).
Ne segue che il Patto etico può prevedere, come avvenuto nel caso di specie, anche un impegno a dichiarare ogni vicenda penale (con diversi livelli di specificazione) che ha interessato l’impresa concorrente e il concorrente che lo sottoscrive è tenuto a rendere l’informazione in maniera veritiera ed esaustiva a pena di esclusione.
La stazione appaltante, peraltro, ha disposto l’esclusione non tanto per la violazione del Patto etico in sé (ovvero, per aver violato l’impegno assunto con la sua sottoscrizione come in precedenza esplicitato), quanto per aver considerata falsa e comunque fuorviante l’informazione sulle pregresse vicende penali dovuta in attuazione del predetto Patto etico, e, dunque, per questo, integrata la causa di esclusione dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) e lett. c) del codice dei contratti pubblici.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti