Sentenza significativa quella odierna del Tar Campania perché si sofferma sulle irregolarità tributarie “definitivamente accertate” e sulla legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione ( il provvedimento era stato adottato come “revoca”) anche dopo la stipula del contratto quale conseguenza del loro successivo emergere.
Dopo l’aggiudicazione e la firma del contratto, infatti, veniva comunicato l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione, essendosi evidenziate irregolarità definitivamente accertate agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse.
Successivamente la stazione appaltante revocava l’aggiudicazione e procedeva alla risoluzione del contratto di appalto.
Nel respingere il ricorso avverso la “revoca” dell’aggiudicazione Tar Campania, Napoli, Sez. III, 04/11/2020, n.5022 ricorda che:
Non è invocabile la regola enunciata nella decisione dell’Adunanza Plenaria n. 14 del 2014 (<<Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le pubbliche amministrazioni se, stipulato il contratto di appalto, rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006.>>).
Come espressamente enunciato con il principio di diritto, essa attiene alla diversa ipotesi di una posteriore valutazione dell’interesse pubblico, essendosi statuito che “nell’ambito della normativa che regola l’attività dell’amministrazione nella fase del rapporto negoziale di esecuzione del contratto di lavori pubblici, [se] è stata in particolare prevista per gli appalti di lavori pubblici una norma che attribuisce il diritto di recesso, non si può ritenere che sul medesimo rapporto negoziale si possa incidere con la revoca, basata su presupposti comuni a quelli del recesso (la rinnovata valutazione dell’interesse pubblico per sopravvenienze) e avente effetto analogo sul piano giuridico (la cessazione ex nunc del rapporto negoziale)” (Ad. Plen., cit.).
Nel caso di specie, la determinazione impugnata non si basa su una sopravvenienza ma è fondata su una ragione (preesistente) di esclusione, cosicché configura piuttosto un’ipotesi di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione (…….).
In tal senso, la qualificazione di “revoca” attribuita al provvedimento non incide sul potere del Giudice di vagliarne la legittimità in relazione al suo contenuto dispositivo, essendo com’è noto indifferente il nomen juris adoperato.
In tale contesto, il ritiro dell’aggiudicazione si mostra legittimamente fondato sulla sussistenza di un motivo di esclusione che (come si dirà appresso) preclude alla ricorrente di rendersi affidataria del servizio, con effetto caducante sul contratto nel frattempo sottoscritto nel frattempo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 28/11/2018 n. 6764: “la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto in conseguenza dell’annullamento degli atti allo stesso prodromici, risponde ad uno schema validato dalla giurisprudenza e motivato dalla stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e il successo atto di stipulazione negoziale (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032; 14 gennaio 2011, n. 11; 20 ottobre 2010, n. 7578; id., sez. III, 23 maggio 2013, n. 2802; id., sez. V, 14 ottobre 2013, n. 4999; id., Ad Plen., 20 giugno 2014, n. 14; id., sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237; id., sez. III, 22 marzo 2017, n. 1310)”).
Successivamente il Tar si esprime sulle irregolarità tributarie “definitivamente accertate” per stabilire che :
Le risultanze istruttorie consentono di affermare che si è in presenza di irregolarità tributarie definitivamente accertate.
In particolare, è privo di rilievo l’argomento riproposto nella memoria finale (secondo cui non vi sarebbe comunque prova della notifica delle cartelle esattoriali), bastando al riguardo precisare che:
– pur non essendo più in possesso delle cartoline di ricevimento, l’Agenzia delle Entrate ha esibito la schermata generata dal sistema informatico, che dà adeguata prova della notifica contestata;
– in ogni caso, già dal 2018 erano formulate le richieste di pagamento del debito non assolto e non occorre riferirsi alla cartella al fine di ritenere che una irregolarità tributaria debba intendersi definitivamente accertata (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14/4/2020 n. 2397: “se la cartella di pagamento è mero strumento della riscossione che segue una notifica di un precedente avviso di accertamento (contenente una pregressa richiesta di pagamento di debito tributario), la definitività dell’accertamento decorre non già dalla notifica della cartella di pagamento, bensì da quella dell’avviso di accertamento (principio consolidato, cfr. Cons. Stato, V, 14 dicembre 2018, n. 7058; V, 12 febbraio 2018, n. 856)”.
In relazione a quanto detto, è quindi conclamato che si tratti di un accertamento definitivo di un debito tributario, di cui la ricorrente non poteva fondatamente essere all’oscuro alla scadenza del termine di partecipazione alla gara (8/1/2020) e che ne determina l’esclusione ex art. 80 co. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Gli impugnati provvedimenti sono stati dunque legittimamente adottati in presenza di un motivo di esclusione, senza che sia apprezzabile il denunciato deficit motivazionale in presenza di atti aventi carattere vincolato alla verifica condotta e in relazione ai quali è in re ipsa l’interesse pubblico perseguito.