Il Consiglio di Stato affronta la tematica dei compensi dei liberi professionisti affermando che, sebbene non esistano più minimi tariffari, costi unitari dei consulenti eccessivamente ridotti, al di sotto di ogni limite di usualità (12-15 €/h), possono essere valutati ai fini dell’anomalia dell’offerta.
La vicenda riguarda una procedura aperta per l’affidamento dei servizi di progettazione esecutiva, direzione lavori e coordinamento della sicurezza.
Nel respingere l’appello avverso la sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato conferma l’esclusione dell’offerta per anomalia, basata anche sulle seguenti motivazioni da parte della stazione appaltante:
“il numero di consulenti su base annua, professionisti che hanno fatturato nei confronti della stessa società una quota superiore al 50% del proprio fatturato annuo, e quindi assimilabili per legge ai dipendenti (ex DM 263/2016 art. 2 c.1), risulta essere molto elevato e con costi unitari, seppur non regolamentati per legge, eccessivamente ridotti, al di sotto di ogni limite di usualità (12-15 €/h);….
Il ricorso sostiene che quanto rilevato dalla commissione di gara in ordine ai costi dei consulenti su base annua costituirebbe una “manifesta quanto intollerabile ingerenza nel campo dell’autonomia negoziale riservata ai concorrenti”, ovvero “un indebito sindacato, non sorretto da alcun parametro normativo tabellare, o fosse anche solo oggettivo, sul contenuto delle libere pattuizioni intercorse tra la ricorrente e i professionisti da questa designati in ordine all’entità e congruità dei compensi professionali”.
Consiglio di Stato, Sez. V, 3/12/2020, n.7652 respinge l’appello.
3.2. Il mezzo non è fondato e va respinto.
3.3. Non può infatti convenirsi con la tesi dell’appellante che il costo dei consulenti su base annua esposto nell’offerta non poteva essere sindacato dalla stazione appaltante.
La valutazione propria del subprocedimento di anomalia è volta a verificare l’attendibilità dell’offerta nel suo complesso e indi anche la coerenza interna delle sue componenti.
Non si tratta di una compressione delle facoltà imprenditoriali, in quanto il relativo giudizio è finalizzato non alla modifica di quanto liberamente offerto in gara dall’operatore economico (ciò che è anzi, come sopra visto, assolutamente vietato), bensì alla realizzazione dell’interesse dell’amministrazione a non impegnarsi in un contratto la cui esecuzione si profili insostenibile, prospettiva che è essenziale nella materia dei contratti pubblici, improntata ai criteri di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza.
I compensi previsti per i consulenti su base annua non possono indi considerarsi sottrarsi alla valutazione di congruità. Quanto al profilo del loro numero, la stazione appaltante ha chiarito, come sopra riferito, che esso non è contestato in sé.
Resta da verificare se la stazione appaltante nel relativo apprezzamento abbia applicato criteri arbitrari.
La risposta è negativa.
3.4. L’appellante evidenzia che il costo di cui trattasi non può essere rapportato a valori prefissati, perché rappresenta il compenso di prestazioni non soggette al rispetto di tariffe minime vincolanti.
L’affermazione di per sé è corretta, ma non può tramutarsi nella conclusione, propugnata nell’appello, che qualsiasi costo al riguardo indicato nell’offerta di xxx dovesse essere ritenuta congrua come tale, e pertanto recepita dalla stazione appaltante: l’ipotesi infatti si tradurrebbe nell’impossibilità concreta di un sindacato sul punto, conclusione che è già stata sopra esclusa.
Del resto, nessuna norma vieta che il parametro necessario alla valutazione del costo in parola possa essere desunto aliunde.
Anzi, tale è l’indicazione proveniente dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, quando stabilisce nell’art. 30, comma 3, che “Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X”, e nell’art. 23, comma 16, che “Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”. In particolare, tale ultima previsione autorizza le stazioni appaltanti, in caso di carenza del parametro normativo di valutazione della congruità del costo del lavoro costituito dal contratto collettivo, a prendere a riferimento il contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello oggetto di valutazione.
Ed è proprio questa la metodologia che la stazione appaltante qui resistente, fatti i debiti mutamenti, ha ritenuto, correttamente, di applicare.
La contestata valutazione di autonomia ha infatti richiamato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2 dicembre 2016, n. 263, Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell’articolo 24, commi 2 e 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Detto regolamento, ai fini della partecipazione alle procedure pubbliche di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, stabilisce all’art. 2, comma 1, che l’organigramma delle società di professionisti, ovvero l’atto da cui desumere “i soggetti direttamente impiegati nello svolgimento di funzioni professionali e tecniche, nonché di controllo della qualità” [lett. a)], e “l’indicazione delle specifiche competenze e responsabilità” [lett. b)], comprende, oltre i soci, gli amministratori e i dipendenti, risorse in qualche modo “connaturali” a qualsiasi tipologia di società, anche una categoria che tale non è, e che è costituita dai “i consulenti su base annua, muniti di partita I.V.A. che firmano i progetti, o i rapporti di verifica dei progetti, o fanno parte dell’ufficio di direzione lavori e che hanno fatturato nei confronti della società una quota superiore al cinquanta per cento del proprio fatturato annuo risultante dall’ultima dichiarazione I.V.A.”.
Per l’effetto, la stazione appaltante, tenuto conto che il rapporto con i professionisti considerati nell’offerta di xxx inverava la condizione prevista dalla predetta norma (professionisti che fatturano nei confronti di una società una quota superiore al 50% del proprio fatturato annuo), ha ritenuto assimilabili detti professionisti ai dipendenti, e ha rilevato come i relativi costi unitari fossero eccessivamente ridotti, al di sotto di ogni limite di usualità (12-15 €/h).
Tale valutazione, oltre a profilarsi completa sotto il profilo dell’istruttoria e della motivazione, risulta indenne da mende logiche, anche considerato che, come sottolineato dalla stazione appaltante, i costi in parola sono soggetti alla decurtazione degli oneri previdenziali e fiscali.
Questo Consiglio di Stato ha infatti proprio di recente osservato che resta salvo il potere dell’amministrazione di valutare l’anomalia dell’offerta anche in relazione al personale non dipendente, sebbene non possa assumersi quale parametro vincolante quello corrispondente ai minimi contrattuali, tenuto conto della facoltà per le parti di pattuire autonomamente il corrispettivo: ciò perché tale libertà di contrattazione deve comunque rispettare i limiti di una ragionevole remunerazione della prestazione professionale, ai fini della cui valutazione è legittimo assumere, sebbene come detto quale parametro non vincolante, la retribuzione contrattuale minima prevista per i lavoratori subordinati affidatari di analoghe mansioni (Cons. Stato, III, 25 marzo 2019, 1979).
3.5. Di contro, il convincimento della stazione appaltante, che pone l’accento su una figura di collaborazione professionale tipizzata dall’ordinamento di settore, seppur ad altri fini, non è suscettibile di essere scalfito dalle difese della società appellante, che si sostanziano in considerazioni generiche che per un verso riguardano qualsiasi imprecisata forma di rapporto consulenziale, e per altro verso rivendicano sostanzialmente una insussistente area di insindacabilità.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti