La qualificazione di organizzazione non lucrativa di utilità sociale consente di prescindere dall’orientamento giurisprudenziale “che considera inattendibili le offerte prive di un margine di utile”.
Questo il principio ribadito da Tar Veneto, Sez. I, 07/12/2020, n.1183, nel respingere il ricorso della seconda migliore offerta avverso l’aggiudicazione di appalto ad una ONLUS.
4.3 Quanto infine alla contestata assenza di un utile di impresa si deve osservare come la qualificazione di organizzazione non lucrativa di utilità sociale, propria della controinteressata, oltre a produrre favorevoli ricadute fiscali e previdenziali, originate dall’esenzione dal pagamento dell’IRAP sul reddito d’impresa e da importanti sgravi contributivi (fattori che incrementano dunque l’ammontare netto dell’utile), consente di prescindere dall’orientamento giurisprudenziale, evocato dalla ricorrente, “che considera inattendibili le offerte prive di un margine di utile”, orientamento che non può essere ritenuto “estensibile, per mancanza della ratio che lo spiega e lo giustifica, all’ipotesi in cui la proposta economica sia formulata da soggetti costituzionalmente non animati da uno scopo di lucro, quali le Onlus e le cooperative sociali”, ossia da soggetti che non operano sul mercato in una logica strettamente economica. Per tali soggetti, “l’obbligatoria indicazione di un utile d’impresa si tradurrebbe in una prescrizione incoerente con la relativa vocazione non lucrativa, con l’imposizione di un’artificiosa componente di onerosità della proposta. Ne deriva che, diversamente da quanto accade per gli enti a scopo di lucro, l’offerta senza utile presentata da un soggetto che tale utile non persegue non è, solo per questo, anomala o inaffidabile in quanto non impedisce il perseguimento efficiente di finalità istituzionali che prescindono da tale vantaggio stricto sensu economico” (così testualmente Cons. Stato, Sez. V, n. 84 del 2015).
Alla luce dell’insegnamento richiamato, la possibile (ma a ben vedere non provata) assenza di un margine adeguato, specie allorché debbano ritenersi esclusi fenomeni di deflazione salariale o di dumping sociale (dei quali la ricorrente non fa, invero, alcuna menzione), non può dunque dare luogo ad alcuna conseguenza espulsiva né costituire il presupposto per l’attivazione di un giudizio di anomalia, essendo connaturale alla costruzione giuridica dell’ente non lucrativo, afferente alla cooperativa controinteressata, il perseguimento di finalità sociali, quali l’avviamento al lavoro di soggetti svantaggiati, che non sono necessariamente collegate alla realizzazione di un utile d’impresa (o che, piuttosto, incrementano l’utile in senso lato, permettendo di raggiungere quegli obiettivi solidaristici che costituiscono l’oggetto lecito e, come tale, meritevole di apprezzamento giuridico, degli enti appartenenti al c.d. “Terzo settore”).
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti