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Sentenze

La revoca dell’aggiudicazione è consentita nei limiti fissati dall’art. 21 quinquies della Legge 241/1990.

Il combinato disposto di cui all’art. 21 quinquies l. 241/90 e 32, comma 7, D.lgs. 50/2016 impone che solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento di situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, o ancora in caso di nuova valutazione dell’originario interesse, il provvedimento possa essere revocato conferendo un indennizzo in caso di pregiudizio alle parti negoziali.

Il Tar Abruzzo così si esprime su una vicenda in cui la società ricorrente risulta classificata al primo posto in graduatoria, graduatoria pubblicata poi sulla piattaforma M.E.P.A. Il RUP trasmette poi la nota avente ad oggetto la verifica del possesso dei requisiti ex art. 32, comma 7, del D. lgs. 50/2016, a seguito della quale la ricorrente risulta idonea.

Successivamente viene stata trasmessa comunicazione di aggiudicazione, tramite la piattaforma M.E.P.A , alla società ricorrente.

Inopinatamente, però, la stazione appaltante dispone la revoca dell’intera procedura in autotutela ex art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, motivando per sopravvenute esigenze di verifica delle procedure interne finalizzate alla conclusione dell’iter di certificazione del proprio bilancio.

L’aggiudicataria propone ricorso che Tar Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 10/12/2020, n.508accoglie con le seguenti motivazioni:

Il motivo è fondato….

Allo stato ed in relazione allo stato di avanzamento della sequenza procedurale, l’aggiudicazione revocata è più prossima dimensione definitiva tipica del provvedimento conclusivo preordinato alla stipulazione del contratto che alla provvisoria efficacia tipica della proposta di aggiudicazione, in ragione anche della positiva verifica dei requisiti, quale elemento integrativo dell’efficacia di un provvedimento strutturalmente perfetto.

Da ultimo, anche quanto argomentato in memoria dalla parte resistente è del tutto incondivisibile.

Riservarsi già all’interno della legge di gara di revocare la procedura, a proprio insindacabile giudizio, è per definizione una violazione dell’obbligo di motivazione e quindi dell’art. 21quinquies. Inoltre, l’aggiudicazione di cui trattasi rappresenta “la scelta” dell’amministrazione a seguito delle verifiche previste e compiute da essa stessa in ossequio al comma 5 dell’art. 32 c.c.p.

La lettura delle norme applicabili e del disciplinare di gara destituisce di fondamento quanto asserito dalla resistente la quale solo in fase di giudizio introduce e interpreta regole “nuove” senza alcuna valutazione in concreto.

Ciò in quanto è il procedimento di verifica in seno alla Commissione nominata a rendere l’aggiudicazione già “provvisoria”, mentre la successiva verifica di cui alla Nota 1541 rafforza ulteriormente la posizione della ricorrente.

Dirimente infatti è il dato che prima della verifica ex art. 32, comma 7, c’era già stata una valutazione con relativa graduatoria che ha posto la ricorrente nella condizione di aggiudicataria (“proposta di aggiudicazione”). Pertanto non è più applicabile l’art. 33, comma 1, trovandosi già in una fase successiva e prossima alla stipulazione.

Facendo seguito la verifica dei requisiti, condizione che invero caratterizza l’aggiudicazione cd. definitiva, e non quella provvisoria, non si spiega quale altra fase sarebbe occorsa ai fini della stipula del contratto se non un formale “passaggio di carte” al Dirigente per l’aggiudicazione tout court.

In un’ottica di efficienza e logicità applicare l’art. 33 in senso letterale svilirebbe la nuova costruzione del sistema e pregiudicherebbe il legittimo affidamento della società ricorrente.

Nella sostanza vi è una netta lesione del buon andamento ribadendo, in ogni caso, che il potere di autotutela anche con riferimento ad una aggiudicazione “non definitiva” resta ancorato a quanto sopra evidenziato relativamente all’intera procedura coinvolgente due distinte posizioni, che pur non volendole considerare di rilievo negoziale permangono corroborate da un legittimo affidamento.

Sul punto non ci si discosta dalla maggioritaria e condivisa giurisprudenza in merito alla persistenza dei poteri di autotutela in capo alla stazione appaltante anche una volta intervenuta l’aggiudicazione cd. definitiva.

Il combinato disposto di cui all’art. 21quinquies l. 241/90 e 32, comma 7, D.lgs. 50/2016 impone che solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento di situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, o ancora in caso di nuova valutazione dell’originario interesse, il provvedimento possa essere revocato conferendo un indennizzo in caso di pregiudizio alle parti negoziali.

La revoca in oggetto incide non solo sulla posizione dell’azienda aggiudicataria, bensì sull’intera procedura, tale per cui occorre una motivazione rafforzata che giustifichi l’operato dell’amministrazione avendo coinvolto le parti concorrenti in uno stadio quanto mai avanzato della gara.

Il potere di revoca è esercitabile in casi particolari e l’onere motivazionale spetta in capo all’amministrazione, anche in virtù di una lettura civilistica della fattispecie ai sensi dell’art. 1229 c.c. che dichiara nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave, o per i casi in cui il fatto del debitore costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

Quest’ultimo inciso va letto in relazione all’obbligo di motivare congruamente ogni volta che vi sia aggiudicazione “definitiva” – per tale intendendosi quella successiva alla verifica dei requisiti del concorrente risultato primo classificato – comparando gli interessi delle parti e risultando evidente che tale obbligo di motivazione risulta disatteso in radice quando essa si sostanza in una mera ragione di opportunità, certamente prevedibile.

Ma l’art. 1229 c.c. rileva anche nel senso, più letterale, di nullità della preventiva ed unilaterale esenzione da responsabilità precontrattuale, che qui emerge, rispetto ai rapporti negoziali (rilevanti ai sensi del 21quinquies) fonte di obblighi della S.A., la quale ha condotto sino alle estreme conclusioni la procedura di gara per poi revocarne il risultato.

Si tratta di una facoltà non consentita dall’ordinamento in assenza del riconoscimento normativo di un ius poenitendi illimitato e ad nutum, per la necessità, al contrario, di preservare il consistente legittimo affidamento del privato, beneficiario degli atti dell’amministrazione, con rafforzata ponderazione delle ragioni che siano di impedimento.

Diversamente, la ricorrente, che ha investito risorse materiali ed umane, formulata l’offerta valutata positivamente in graduatoria, e risultato vincitore aggiudicatario dopo la verifica dei requisiti, sarebbe in balia delle scelte della pubblica amministrazione, imprevedibili e inafferrabili, potendosi sempre, secondo tale opposta tesi, rintracciare una migliore modalità di impiego delle risorse pubbliche rispetto a quella in precedenza deliberata.

Se, dunque, è discrezionale l’apprezzamento delle circostanze di fatto che giustificano il provvedimento di revoca, la sua adozione è consentita nei limiti fissati dall’art. 21quinquies, onde la tutela avverso l’atto che li abbia travalicati è senza meno demolitoria per aver l’amministrazione violato una regola di validità del provvedimento.

Pertanto, la costruzione logica del provvedimento di revoca dovrebbe far emergere, innanzitutto, le ragioni sottese al ripensamento dell’amministrazione raffrontandole con quelle dell’aggiudicatario, per poi infine esplicitare il motivo per cui l’interesse amministrativo è ritenuto preponderante.


Art. 21 quinquies 1.    Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo.

1-bis.    Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico

Art.32 comma 7. L’aggiudicazione diventa efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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