Nel respingere l’appello avverso l’esclusione, il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado riepilogando i possibili elementi indiziari sulla presenza in gara di un unico centro decisionale.
Così si esprime Consiglio di Stato, Sez. V, 28/12/2020, n.8407:
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.1. Va premesso che l’art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016 prevede apposita causa di esclusione dalle procedure di gara a carico dell’operatore economico che «si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale».
Già nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, la giurisprudenza aveva posto in risalto in proposito come fra le cause di esclusione dalle gare pubbliche siano ricomprese, oltre alle ipotesi previste dall’art. 2359 Cod. civ., anche quelle non codificate di collegamento sostanziale che attestano la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale: v’è infatti in tali casi il rischio d’una “vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione” (Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189).
A tal fine la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale “postula semplicemente l’astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (ex multis, Cons. Stato, V, 16 febbraio 2017, n. 496; III, 10 maggio 2017, n. 2173; III, 23 dicembre 2014, n. 6379; V, 18 luglio 2012, n. 4189)” (Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6010).
In tale prospettiva, è stato ritenuto in termini di principio che “ciò che deve essere provato […] è soltanto l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (in tal senso -ex multis -: Cons Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189). Del resto […] ai sensi della pertinente normativa eurounitaria e nazionale, grava sulla stazione appaltante il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l’unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse fra loro” (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 496).
La fattispecie del collegamento sostanziale fra concorrenti è infatti qualificabile come “di ‘pericolo presunto’ (con una terminologia di derivazione penalistica), in coerenza con la sua ‘funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure ad evidenza pubblica’, e con la circostanza che la concreta alterazione degli esiti della selezione ‘non è nella disponibilità delle imprese sostanzialmente collegate, ma dipende da variabili indipendenti rispetto alla loro volontà, quali in particolare il numero delle partecipanti e l’entità dei ribassi’ (sentenza 11 luglio 2016, n. 3057; in senso conforme si registra anche una più risalente pronuncia di questa Sezione: sentenza 1° agosto 2015, n. 3772)” (Cons. Stato, V, 24 novembre 2016, n. 4959).
In questo contesto, la verifica dell’unicità del centro decisionale va svolta secondo un approccio gradualista e progressivo: “l’accertamento della causa di esclusione in esame passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio: a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un ‘unico centro decisionale’ da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale” (Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019, n. 69; 10 gennaio 2017, n. 39; III, 7 marzo 2019, n. 1577).
2.1.2. Nel caso di specie l’amministrazione ha individuato chiaramente, in termini sostanziali – sulla base di specifici e circostanziati indici concreti – i presupposti dell’unicità del centro decisionale cui le offerte risultavano imputabili, e la valutazione all’uopo espressa risulta nel complesso esente dalle censure formulate dall’appellante.
Anzitutto è pacifico che gli amministratori unici delle due società siano fratelli (peraltro residenti al medesimo indirizzo, ancorché su piani diversi dello stabile): tale elemento ben partecipa quale indice di collegamento sostanziale potenzialmente pregiudizievole al confronto competitivo (cfr. Cons. Stato, V, 11 luglio 2016, n. 3057; IV, 28 gennaio 2011, n. 673).
A ciò si aggiunga che le due imprese risultano aver stipulato la cauzione provvisoria con la medesima compagnia ed agenzia, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra (i.e., 27 e 30 agosto 2018), circostanza anche questa idonea a contribuire all’apprezzamento dell’esistenza di un unico centro decisionale (cfr. Cons. Stato, V, 1 agosto 2015, n. 3772).
Altrettanto pacifico è che il pagamento del contributo Anac sia avvenuto a brevissima distanza, e cioè a soli 17 minuti per le due diverse società, ciò che nuovamente concorre quale indizio rivelatore d’una condizione sostanziale di sussistenza d’unico centro decisionale (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, 15 aprile 2020, n. 2426).
Da tali elementi è dato ricavare pertanto indizi gravi, precisi e concordanti alla rilevazione, nel complesso, d’un unico centro decisionale, anche a prescindere dalle ulteriori circostanze invocate dalla stazione appaltante.
È peraltro rilevante notare in tale contesto come la xxxx. abbia prodotto in primo grado l’offerta della concorrente yyyy. e dato conto del ribasso da questa formulato benché detta offerta non fosse stata aperta in gara; né la stessa xxxx. – pur a fronte di una siffatta eccezione sollevata dall’amministrazione – deduce d’aver fatto corrispondente accesso agli atti, limitandosi a richiamare che le due società erano assistite dal medesimo difensore nell’ambito del procedimento davanti all’Anac, avviato peraltro successivamente alla suddetta deduzione difensiva e produzione documentale.
Per le suesposte ragioni, va dunque respinta la doglianza della xxxx., ben ravvisandosi nella specie elementi indiziari sufficienti all’enucleazione d’un unico centro decisionale.
Né vale richiamare, in senso inverso, la delibera di archiviazione n. 1103 del 2019 adottata dall’Anac, che – al di là delle varie considerazioni espresse – si fonda sulla rilevata insussistenza dell’elemento soggettivo necessario all’inflizione della sanzione, “avendo le imprese segnalato alla S.A., sin dalla partecipazione, l’esistenza di precedenti contestazioni di presunto collegamento sostanziale”, vertendo del resto il procedimento sanzionatorio sul presunto illecito di falsità dichiarativa ex art. 80, comma 12, e 213, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016; peraltro, in relazione al profilo del collegamento fra gli operatori, detta delibera prende le mosse da un presupposto che il Collegio non condivide – e cioè che la verifica dell’unico centro decisionale richieda ex se un’indagine sulle offerte economiche (cfr., per la diversa e condivisibile impostazione, Cons. Stato, n. 2426 del 2020, cit.) – e non risulta considerare e valorizzare appieno i simultanei elementi indiziari che valgono, nel complesso, a escludere nella specie profili d’illegittimità nella valutazione dell’amministrazione relativa alla sussistenza d’un unico centro decisionale.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti