La richiesta di prendere visione ed estrarre copia dei provvedimenti concernenti le gare nel periodo 2014-2019, allo scopo di individuare gli operatori invitati, si caratterizza come accesso esplorativo, vietato dall’art. 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990. Questo il principio sancito dal Consiglio di Stato.
La società appellante impugna la Sentenza del Tar Abruzzo che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la nota del Comune che ha negato l’accesso agli “atti e provvedimenti preliminari adottati con riguardo alle gare sotto e sopra soglia di euro 40.000,00 indette da codesto Comune nel periodo 2014-2019, ed in particolare degli atti posti in essere, nel corso del predetto periodo temporale, ai fini dell’individuazione degli operatori economici da invitare a ciascuna delle predette procedure, nonchè degli inviti spediti a ciascuno degli operatori economici in relazione a ciascuna delle predette procedure”.
L’istanza di ostensione documentale suindicata è stata presentata dalla società appellante in data 16 luglio 2019, in conseguenza del mancato invito a procedure di gara per l’affidamento di contratti di appalto di lavori.
Il diniego è stato motivato sulla base dell’assunto che «che gli atti e provvedimenti amministrativi da voi richiesti relativi alle procedure di gara sono stati regolarmente pubblicati sia all’Albo pretorio on-line del Comune, dove possono essere facilmente rintracciabili nella sezione “storico”, sia sul sito istituzionale della Stazione Unica Appaltante (SUA-PE) www.provincia.pescara.it. Ove alla S.V. risultassero atti non pubblicati, si resta a disposizione per la presa visione ed estrazione di copia dei documenti medesimi, previa precisa indicazione degli estremi dei documenti in questione».
L’appello avverso il primo grado viene respinto da Consiglio di Stato, Sez. V, 02/ 03/ 2021, n. 1779.
I motivi sono infondati nei termini che seguono.
Sotto il primo profilo, va precisato che, per costante giurisprudenza, un atto amministrativo è meramente confermativo (c.d. conferma impropria) allorchè l’amministrazione dichiari l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere nuova istruttoria e senza una nuova motivazione e dunque senza riaprire i termini per l’impugnazione; invece con la conferma l’amministrazione entra nel merito di una nuova istanza, dopo avere riconsiderato i fatti ed i motivi prospettati dal richiedente, si esprime con una nuova decisione, e dunque con un provvedimento autonomamente impugnabile (tra le tante, Cons. Stato, V, 30 maggio 2016, n. 2275).
In particolare, anche in materia di accesso la giurisprudenza ha affermato che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo (Cons. Stato, Ad. plen., 20 aprile 2006, n. 7).
E’ stato altresì precisato che non si ha diniego meramente confermativo allorchè la successiva istanza di accesso sia fondata su fatti nuovi e su di una diversa prospettazione della legittimazione all’accesso (Cons. Stato, V, 6 novembre 2017, n. 5099).
A questo proposito, va detto che il diniego in questa sede gravato non è epilogo di una rinnovata istruttoria, non potendosi ritenere espressione della medesima la constatazione del fatto che l’amministrazione ha bandito procedure aperte con le categorie OG01 e OS21, alle quali la società xxx non ha inteso partecipare. E’, questa, una mera rilevazione fattuale, che esclude una nuova ponderazione degli interessi; né, d’altronde, la motivazione del diniego del 20 agosto 2019 ha un contenuto differente rispetto a quello del diniego in data 27 novembre 2018.
Tali considerazioni, che inducono a ravvisare una conferma impropria, appaiono, del resto, coerenti con la circostanza per cui l’istanza di accesso del 16 luglio 2019 non è fondata su fatti nuovi nè evidenzia un diverso profilo di legittimazione rispetto a quella del 22 novembre 2018, risultando al contrario riproduttiva della precedente, salvo l’ampliato ambito territoriale preso a riferimento, non solo con estensione all’anno 2019, ma anche con una “retrodatazione” al 2014.
Ciò significa che vi è dunque stata una mera modificazione del profilo temporale, non riconducibile nell’ambito dei “fatti nuovi”, ovvero di una “diversa prospettazione della legittimazione all’accesso”.
7. – Ove peraltro si intenda valorizzare la novazione oggettiva/temporale, deve ritenersi, procedendosi così all’esame del terzo mezzo, che la pretesa ostensiva appare comunque infondata.
Ed infatti la richiesta di prendere visione ed estrarre copia dei provvedimenti concernenti le gare nel periodo 2014-2019, allo scopo di individuare gli operatori invitati, si caratterizza come accesso esplorativo, vietato dall’art. 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990. L’ostensione documentale non può infatti essere finalizzata all’esercizio di un controllo dell’operato dell’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati, atteso che l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi deve essere comparato con altri interessi rilevanti, tra cui quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria, presidiata anche a livello costituzionale (in termini Cons. Stato, V, 25 settembre 2006, n. 5636).
Neppure è idoneo a superare tale fondamentale obiezione l’assunto dell’appellante secondo cui l’istanza di accesso era limitata alla richiesta degli atti preliminari degli affidamenti intervenuti nel periodo 2014-2019, con riguardo ad appalti (non è indicato neppure se solo di lavori) di valore inferiore e superiore ad euro 40.000,00, trattandosi pur sempre di un’istanza generica, con perimetro temporale dilatato, ed eccessivamente esteso di dati, che avrebbe comportato un’attività di ricognizione non esigibile dall’amministrazione, cui non può essere imposto un onere di ricerca dei documenti utili al richiedente attraverso la selezione e l’indagine del relativo contenuto.
8. – Alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti