L’aggiudicataria ha subordinato la propria diponibilità a stipulare il contratto, a talune modifiche, a suo dire, rese necessarie da sopravvenienze normative legate all’emergenza sanitaria.
In particolare ha evidenziato come la bozza del contratto non recasse alcun riferimento all’art. 207 del D.L. n. 34/2020, convertito con modifiche dalla L. n. 77/2020, che ha innalzato la percentuale dell’anticipazione, dal 20 al 30%, e sotto altro profilo, ha chiesto che le fossero riconosciuti ulteriori costi della sicurezza previsti dall’art. 8 c. 4 lett b) del D.L. n. 76/2020.
Ha successivamente comunicato alla stazione appaltante lo scioglimento dal vincolo dell’offerta, ai sensi dell’art. 31 c. 8 D.lgs. 50/2016, evidenziando come “la recrudescenza del contagio relativo all’emergenza sanitaria in atto, abbia comportato impossibilità oggettiva di attendere, nella dovuta serenità, alla realizzazione dell’appalto aggiudicato”, che “a causa delle misure di protezione e contenimento già varate dal governo e di quelle di prossima emissione, si è concretata, anche tenendo conto della distanza interregionale, un’alterazione delle previsioni economiche e finanziarie che avevano condotto a produrre l’offerta”, e che “conseguentemente, anche ai sensi dell’art. 91 c. 1 del D.L. n. 18/2020, convertito nella L. n. 27/2020, l’offerta non era più attuabile, stante la palmare eccessiva onerosità sopravvenuta di rendere la prestazione che rende, per l’effetto, l’appalto, non più congruo e remunerativo”.
La stazione appaltante ha revocato l’aggiudicazione, incamerato la cauzione provvisoria, richiesto il rimborso delle spese per la pubblicazione, e provveduto alla segnalazione all’ANAC.
Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 27/ 04/ 2021, n.1052 conferma la legittimità dell’operato della stazione appaltante e respinge il ricorso:
V.1) Sotto un primo profilo, l’istante invoca il contenuto dell’art. 8, c. 4 lett. b), L. 11.9.2020 n. 120, di conversione del D.L. 16.7.2020 n. 76, secondo cui, vanno riconosciuti i maggiori costi derivanti dall’adeguamento e dall’integrazione del piano di sicurezza e coordinamento, in attuazione delle misure di contenimento.
Sotto altro aspetto, la ricorrente richiama l’art. 207 del D.L. 19.5.2020 n. 34, convertito con modificazione nella L. n. 77/2020, invocando la corresponsione dell’importo dell’anticipazione del prezzo al 30%, già previsto dall’art. 35 c. 18 del Codice dei Contratti al 20%.
Da ultimo, l’istante invoca l’art. 91 del D.L. 17.3.2020 n. 18, che all’art. 3 del D.L. 23.2.2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla L. 5.3.2020, n. 13, ha inserito il comma 6-bis, secondo cui “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
V.2) Osserva il Collegio che, in primo luogo, il comma 4 dell’art. 8 cit. subordina il riconoscimento die maggiori costi ivi indicati, “ai lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore” del D.L. n. 76/2020, e cioè, al 16.7.2020, non essendo quindi applicabile alla fattispecie per cui è causa.
Quanto all’incremento dell’anticipazione del prezzo da corrispondere all’appaltatore, di cui all’art. 207 cit., lo stesso non configura un suo diritto, quanto invece, una facoltà esercitabile dalla stazione appaltante (“può essere incrementato”), “nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione”. La ricorrente non ha peraltro documentato, e neppure affermato, che la mancata tempestiva disponibilità delle maggiori somme che, a suo dire, le avrebbero dovuto essere riconosciute dalla stazione appaltante, pari ad un incremento del 10% dell’anticipazione del prezzo, sia stata determinante, al fine di rendere antieconomica la stipulazione del contratto.
Da ultimo, neppure con riferimento a quanto previsto nel comma 6-bis della L. n. 13/2020, la ricorrente ha offerto alcun dato obiettivo da cui desumere, in conseguenza dell’emergenza sanitaria, un peggioramento della propria condizione patrimoniale, tale da precluderle l’esecuzione del contratto, limitandosi invece, del tutto genericamente, a richiamare lo stato di emergenza sanitario, ciò che tuttavia contravviene il principio secondo cui ciascuna delle parti ha l’onere di provare i fatti che allega e dai quali pretende far derivare conseguenze giuridiche a suo favore, e pertanto, l’eccessiva onerosità sopravvenuta che ha alterato il rapporto di proporzionalità tra le reciproche prestazioni.
VI) In conclusione, il rifiuto alla stipulazione del contratto da parte della ricorrente, è stato correttamente ritenuto ingiustificato dalla stazione appaltante, che ha conseguentemente dovuto revocare l’aggiudicazione, e procedere all’adozione degli atti consequenziali.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti