Tra i vari motivi di ricorso viene evidenziato come il soggetto che ha adottato gli atti oggetto di impugnazione doveva in realtà astenersi.
Tar Sardegna, Sez. I, 13/ 05/ 2021, n. 345 respinge il ricorso con le seguenti motivazioni:
10. Il motivo, nei suoi diversi profili, è infondato.
10.1. Si deve ricordare anzitutto che secondo la tradizionale interpretazione dell’art. 51 c.p.c., i casi di astensione obbligatoria sono tassativi e non suscettibili di interpretazione né analogica, né estensiva. Essi sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, vista l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa.
10.2. La ricorrente richiama a fondamento delle proprie argomentazioni tanto l’art. 51 c.p.c. quanto l’art. 7 d.P.R. 62 del 2013.
10.3. In ordine all’art. 51 c.p.c., tradizionalmente richiamato prima della autonoma disciplina del conflitto di interessi nel procedimento amministrativo, ora contenuta nell’art. 6 bis della L. 241 del 1990, e nel codice dei contratti nell’art. 42, si deve supporre che la ricorrente voglia riferirsi all’ipotesi di astensione obbligatoria ex art. 51, 1° comma, n. 1.
10.4. Ma si tratta di un richiamo inconferente.
A differenza delle altre ipotesi di incompatibilità previste dalla disposizione, che si riferiscono a situazioni ben determinate, provata l’esistenza delle quali è di norma presunta la parzialità del giudice, per dimostrare l’esistenza di un interesse in causa è invece necessario in primo luogo provare l’esistenza di fatto atipico tale da generare nel giudice un interesse, in secondo luogo si deve poi provare che tale interesse è idoneo a determinare una parzialità nell’animo del giudice.
Si tratta di ipotesi in cui il giudice è chiamato a giudicare di una causa in cui lui stesso abbia un suo proprio interesse, sia esso diretto, tale cioè da renderlo parte e legittimarne quindi l’intervento, ovvero indiretto, sia esso di natura morale o economica, che pur non legittimando la sua formale partecipazione al giudizio, ne comprometta l’effettiva terzietà.
Quanto all’interesse diretto, la dottrina lo ha interpretato sia in chiave di interesse del giudice parte formale del processo, sia in chiave di interesse di cui all’art. 100, sia, infine, in chiave di interesse che legittima l’intervento ai sensi dell’art. 105 c.p.c.
L’interesse indiretto consiste, invece, in un interesse meno qualificato e non direttamente tutelabile in giudizio, che si ravvede quando la decisione può avere riflessi giuridici o di fatto su un rapporto sostanziale di cui è parte il giudice.
Come si vede, si tratta di ipotesi che, riferite ai pubblici funzionari, devono riguardare interessi ben individuabili propri di un procedimento amministrativo e non del tutto ipotetici come in questo caso.
10.5. Va poi detto che una delle innovazioni più importanti contenute nella Legge anticorruzione è stata l’introduzione dell’articolo 6 bis all’interno della Legge sul procedimento amministrativo. E’ stato elevato a sistema l’obbligo che prima era contenuto in alcune disposizioni speciali ma che costituiva comunque un principio immanente dell’ordinamento.
10.6. La disposizione di cui all’art. 6 bis L. 241/90 va peraltro letta in combinato con l’art. 7 d.P.R. 62/2013 (codice di comportamento dei pubblici dipendenti) anch’esso evocato dalla ricorrente.
Ma il legislatore del Codice ha comunque disciplinato il conflitto di interessi con una disposizione specifica, l’art. 42.
10.7. Il risultato è che vi è una molteplicità di fonti a regolare la fattispecie.
La disciplina generale del conflitto di interessi, come già anticipato, è oggetto delle disposizioni contenute nell’articolo 6-bis della legge n. 241/1990; nella legge n. 190/2012; nel d.lgs. n. 39/2013; negli artt. 3, 6, 7, 13, 14 e 16 del d.P.R. n. 62/2013; nell’articolo 53, comma 14, del d.lgs. 165/01; nell’articolo 78, del d.lgs. n. 267/2000.
L’art. 42 del Codice è pertanto una disposizione speciale.
10.8. Nel parere del Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del 5 marzo 2019 n. 667 si legge quanto segue:
“In definitiva, il conflitto di interessi nell’ambito di gare d’appalto può essere tipico o atipico, considerando che non esiste un numerus clausus di situazioni che comportano incompatibilità.
I casi tipici di conflitto di interessi non necessitano di sforzi ermeneutici per essere individuati, poiché il legislatore ha già individuato presupposti e condizioni utili al riguardo.
Il conflitto di interessi sussiste con riferimento a rapporti di coniugio o convivenza; rapporti di parentela o affinità entro il secondo grado; rapporti di frequentazione abituale; pendenza di una causa o di grave inimicizia; rapporti di credito o debito significativi; rapporti di tutorato, curatela, rappresentanza o agenzia; rapporti di amministrazione, dirigenza o gestione di associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti (cfr. art. 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62).
Le ipotesi atipiche di conflitto di interessi, invece, attengono a casi di potenziale incompatibilità la cui individuazione necessita di uno sforzo ermeneutico (…), derivanti dalla interpretazione dell’aggettivo “potenziale” nonché dalla declinazione del concetto di “interesse personale” e di “gravi ragioni di convenienza” sopra esaminate”.
10.9. Quel che è certo è che vi è la necessità di portare prove specifiche a sostegno della sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (Consiglio di Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3401).
Mentre, nella fattispecie, nessuna prova è stata fornita dalla ricorrente che ha fatto solo riferimento alla circostanza, di per sé irrilevante, che il direttore del sevizio che ha sottoscritto la determinazione di esclusione dalla gara aveva già svolto funzioni quale Direttore generale dell’Assessorato del lavoro.
11. Il ricorso è, in definitiva, infondato e deve essere respinto.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti