Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 29/10/2021, n. 6812 accoglie il ricorso:
4 – La domanda è meritevole di accoglimento.
Pacifico tra le parti in causa che la gara qui impugnata abbia un oggetto compreso fra quelli a regime accentrato, nonché durata, importo e caratteristiche essenziali “compatibili” con le previsioni di cui alla convenzione quadro in atti, è controversa tra le parti la sussistenza dell’obbligo in capo al Comune di ……….di procedere ad un acquisto centralizzato in forza del d.l. 66/2014.
4.1 – Giova ai fini del decidere richiamare l’accurata ricostruzione della normativa applicabile al caso in esame effettuata da Tar Lazio, Roma, sez, II quater, sent. 24/5/2018 n. 5781, che ha preso le mosse dalla costatazione che “la normativa generale sulla centralizzazione degli acquisti in funzione del risparmio da economia di scala è questione complicata, dato l’intreccio di svariate disposizioni contenute nelle leggi sul contenimento della spesa pubblica centrale e locale (spending review), sulle leggi di stabilità, nonché, in varie leggi settoriali, che pongono problemi di individuazione, ancor prima che di interpretazione e coordinamento, della norma applicabile. Si tratta di un coacervo di norme che il Codice ha rinunciato a “sistematizzare”, limitandosi ad un generico rinvio alle “vigenti disposizioni in materia di contenimento di spesa”, le quali finiscono per costituire un “sistema parallelo”, come evidenziato già dai primi Commentatori.
Sulla questione dell’obbligatorietà, per gli Enti Locali, di avvalersi della Convenzione CONSIP (e poi di analoghe convenzioni predisposte da Soggetti Aggregatori) l’evoluzione normativa è stata ondivaga, alternando facoltatività ed obbligatorietà dell’adesione alle Convenzioni CONSIP per determinate Amministrazioni, passando per l’imposizione di parametri di prezzi e costi, non superabili dalle Amministrazioni ove autorizzate ad acquisire beni e servizi autonomamente, attraverso un’ordinaria procedura a evidenza pubblica, oppure condizionando tale autonomia negoziale alla dimostrazione del conseguimento di un vantaggio in termini di spesa.
Anche in questo caso giova premettere un breve richiamo alla ricostruzione della normativa in materia, come operato dalla dottrina e giurisprudenza maggioritaria.
L’art. 26 della legge n. 499/1988 non obbliga le amministrazioni pubbliche ad avvalersi delle convenzioni CONSIP, ma prevede solo che queste ne “utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisizione di beni e servizi ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101” (quest’ultimo era stato abrogato dalla lettera g del comma 1 dell’art. 358, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, a decorrere dall’8 giugno 2011; lo stesso articolo 26 della legge n. 488/99 in esame, che ad esso faceva riferimento, era stato abrogato dal comma 209 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296, ma l’abrogazione non è stata confermata nella versione del comma 209, come modificato dal comma 6- bis dell’art. 15, D.L. 2 luglio 2007, n. 81, aggiunto dalla relativa legge di conversione).
L’ambito applicativo di tale previsione è chiarito dall’art. 58, co. 1, della legge n. 388/2000 – legge finanziaria 2001- precisando che “ai sensi di quanto previsto dall’articolo 26, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, per pubbliche amministrazioni si intendono quelle definite dall’articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29” – quindi inclusi gli enti locali – e che “le convenzioni di cui al citato articolo 26 sono stipulate dalla Concessionaria servizi informatici pubblici CONSIP Spa”.
Una norma analoga a quella ricavabile dall’art. 26 della legge n. 499/1988 è riportata all’art. 1, co. 449, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), che, da un lato, obbliga le sole amministrazioni statali ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro, dall’altro, conferma, per le restanti amministrazioni, inclusi quindi gli enti locali, la mera facoltatività del ricorso alle convenzioni CONSIP, ribadendo, tuttavia, l’obbligo ad utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti. L’art. 1, comma 458, della legge n. 296 in parola, peraltro, dispone l’abrogazione dell’art. 59 della legge finanziaria per il 2001 soprariportata, che prevedeva l’aggregazione degli acquisti di beni e servizi a rilevanza regionale, specificando che “agli enti locali e alle università che non aderiscono alle convenzioni si applicano le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488” precisando che “Gli enti devono motivare i provvedimenti con cui procedono all’acquisto di beni e servizi a prezzi e a condizioni meno vantaggiosi di quelli stabiliti nelle convenzioni suddette e in quelle di cui all’articolo 26 della citata legge n. 488 del 1999”.
In sostanza, l’obbligatorietà non investe l’intero contenuto della Convenzione CONSIP, dato che la scelta di agire in autonomia dell’Ente viene salvaguardata (anche se sottoposta ad un rigoroso procedimento aggravato, nonché ad un regime di controlli, di pubblicità e di responsabilità delle relative decisioni, come specificato nel ripetuto art. 26 ai commi 3 e seguenti), ma semmai “i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi” individuati in tale convenzione.
L’art. 59, co. 5, della legge n. 388/2000 prevedeva l’obbligo, anche per i Comuni, di aderire alle Convenzioni Consip, fatta salva la possibilità di procurarsi in autonomia beni e servizi, a condizione di motivare la relativa scelta, ove più vantaggiosa economicamente. Tale disposizione è stata successivamente abrogata dall’art. 1, co. 458, della legge n. 297/2007.
Un analogo onere è stato reintrodotto dall’art. 9 del D. L. n. 66/2014 (già richiamato sopra con riferimento all’istituzione nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti dell’elenco dei Soggetti Aggregatori) il cui comma 3 stabilisce che “Fermo restando quanto previsto all’articolo 1, commi 449, 450 e 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, all’articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, all’articolo 1, comma 7, all’articolo 4, comma 3-quater e all’articolo 15, comma 13, lettera d) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (….) entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori e in ragione delle risorse messe a disposizione ai sensi del comma 9, sono individuate le categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni statali (….) nonché le regioni, gli enti regionali, gli enti locali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché loro consorzi e associazioni, e gli enti del servizio sanitario nazionale ricorrono a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori di cui ai commi 1 e 2 per lo svolgimento delle relative procedure. Per le categorie di beni e servizi individuate dal decreto di cui al periodo precedente, l’Autorità nazionale anticorruzione non rilascia il codice identificativo gara (CIG) alle stazioni appaltanti che, in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma, non ricorrano a Consip S.p.A. o ad altro soggetto aggregatore”.
In attuazione di tale disposizione il D.P.C.M. 24 dicembre 2015 individua un elenco di beni e servizi standardizzati per i quali tutte le Amministrazioni pubbliche, inclusi gli Enti Locali, non possono effettuare acquisti con procedure autonome, ma sono costrette ad avvalersi della Convenzione Consip.
Ove questa non sia disponibile, invece, resta salva l’autonomia negoziale dell’Istituzione, che però è tenuta al rispetto di parametri di prezzo e costo, prefissati nel limite massimo dall’ANAC, a pena di nullità dei contratti conclusi in violazione di essi (violazione che è altresì causa di responsabilità erariale), come sancito dal successivo comma 7 dell’art. 9 del DL 66/94. Quest’ultimo comma prevede che “I prezzi di riferimento pubblicati dall’Autorità e dalla stessa aggiornati entro il 1° ottobre di ogni anno, sono utilizzati per la programmazione dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione e costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all’offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente una convenzione stipulata ai sensi dell’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, in ambito nazionale ovvero nell’ambito territoriale di riferimento. I contratti stipulati in violazione di tale prezzo massimo sono nulli”.
4.2 – Dall’esame della normativa e, specificamente, in base a quanto disposto con valenza prescrittiva dall’art. 9 co. 3 del d.l. n. 66/14 per effetto della modifica recata dall’art. 1, comma 499, lett. b), c), d) ed e), L. 28 dicembre 2015, n. 208 (“ricorrono” e non “possono ricorrere”, come rinvenibile nelle norme anteriori), si ricava che anche gli enti locali sottostanno all’obbligo di approvvigionamento mediante ricorso alle convenzioni stipulate dai soggetti aggregatori.
4.3 – L’art. 1, comma 510, della Legge n. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) è poi intervenuto anche a definire le condizioni alle quali è consentito all’Amministrazione di procedere ad acquisiti autonomi, condizioni che parte resistente non ha comprovato sussistere, ma neppure invocato con riferimento alla procedura di gara contestata (“Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”).
4.4 – Da ultimo, anche il D.P.C.M. 11/7/2018 (Individuazione delle categorie merceologiche, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.) espressamente annovera gli enti locali tra i soggetti che “ricorrono” a tale modalità di acquisto.
4.5 – Muovendo dal presupposto della sussistenza dell’obbligo per gli enti locali di effettuare acquisti fruendo delle convenzioni quadro, il Consiglio di Stato ha affermato che “in presenza di una convenzione stipulata a seguito di procedura per accordo quadro bandita dalla Centrale Unica Regionale per servizi sostanzialmente analoghi a quelli di specie, dalle determinazioni adottate dal comune di Trieste non si evince una motivazione sufficientemente idonea a costituire il presupposto dell’esercizio del potere di indizione di una gara autonoma, ai sensi dell’art. 1, comma 510, della legge n. 208 del 2015 [“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”], ed in particolare non risultano le ragioni per le quali il servizio oggetto di convenzione non sarebbe idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali, che, in ogni caso, secondo il Collegio, devono essere ritenute tali in senso oggettivo, anche se in considerazione degli specifici bisogni dell’Ente. [ .. omissis …] Come, invero, statuito da questa sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2018, n. 1937) pur con riferimento alle gare Consip, di norma si rinvengono in sede di centralizzazione le migliori possibili condizioni di offerta da porre a disposizione delle amministrazioni, essendo consentito solo in via eccezionale e motivata alle stesse di procedere in modo autonomo, a condizione che possano dimostrare di aver ricercato e conseguito condizioni migliorative rispetto a quelle contenute nelle convenzioni-quadro, non essendo consentito alle singole amministrazioni di travalicare le regole legali che sottendono al richiamato rapporto fra regola ed eccezione” – sez. V, sent. 19/6/19 n. 4190.
4.6 – Ancor più di recente, sia pure in sede cautelare, il Consiglio di Stato ha confermato la bontà della conclusione cui è addivenuto il Tar Toscana (sent. n. 242/21) in fattispecie relativa all’affidamento del servizio di pulizia di uffici comunali, ritenendo che il Comune, obbligato a ricorrere ad un soggetto aggregatore ai sensi del comma 3 dell’art. 9 d.l. n. 66/14, si fosse nel caso di specie sottratto al relativo obbligo (cfr. sez. V, ord. 1745/2021).
5 – A parere di questo Tribunale la conclusione raggiunta non risulta scalfita dal richiamo che parte resistente opera all’art. 37 del d. lgs. n. 50/16 che al comma 6 “(“Aggregazioni e centralizzazione delle committenze”) stabilisce: “Fermo restando quanto previsto dai commi da 1 a 5, le stazioni appaltanti possono acquisire lavori, forniture o servizi mediante impiego di una centrale di committenza qualificata ai sensi dell’articolo 38”; la disposizione, infatti, fa salve le previsioni di cui al comma 1 dell’art. 37, a mente del quale sono “fermi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa”, tra cui certamente rientrano quelle di cui al citato art. 9 (Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e prezzi di riferimento), inserito nel Capo I (Razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi) del Titolo II (Risparmi ed efficienza della spesa pubblica) del d.l. n. 66/14, limitatamente alle categorie di beni e di servizi nonché alle soglie di obbligatorietà stabilite con apposito D.P.C.M.