La stazione appaltante oppone un diniego parziale al subappalto (o meglio una revoca parziale del subappalto già autorizzato dopo trenta giorni dalla relativa richiesta), escludendo dall’autorizzazione una voce di prezzo, in quanto il ribasso operato dal subappaltatore per la posa in opera è risultato essere superiore al 20%.
Poiché l’impossibilità di subappaltare tali lavorazioni comporterebbe l’impossibilità di proseguire per l’intera opera, l’appaltatore ricorre al Tar.
Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 19/11/2021, n.975 stabilisce che la giurisdizione è dell’Autorità giudiziaria ordinaria :
Nel relativo decreto presidenziale è stata evidenziata la sussistenza di profili di carenza di giurisdizione, che il Collegio ritiene debbano necessariamente condurre a declinare quella del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario.
A tale proposito si deve ricordare che la giurisprudenza ormai consolidata delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, afferma il principio secondo cui, in linea generale, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successivi alla stipulazione del contratto (cfr., sul punto, Cass., Sez. un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149; Id., 31 maggio 2016, n. 11366; Id., ord. n. 5446/2012.).
Con specifico riferimento alla giurisdizione sui provvedimenti di rilascio o diniego dell’autorizzazione al subappalto, va preliminarmente chiarito che, in assenza di autorizzazione, l’appaltatore non può affidare l’esecuzione della prestazione in subappalto e sull’eventuale contratto, nullo, la giurisdizione compete al giudice ordinario.
Non così piana è l’individuazione del giudice avente cognizione nell’ipotesi in cui la stazione appaltante abbia negato l’autorizzazione.
Al riguardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, che valorizza il momento in cui interviene l’atto censurato, il diniego di autorizzazione al subappalto non attiene alle procedure di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a., trattandosi di modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti, che si porrebbero su di un piano paritetico assimilabile a quello dell’appaltante privato ai sensi dell’art. 1656 c.c. Pertanto, non assumerebbe rilevanza nessun potere discrezionale o comunque pubblicistico ed il relativo contenzioso sarebbe di spettanza del G.O. (nella sentenza Tar, Lazio, Roma, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 4181 si legge, infatti, che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative alla legittimità del diniego di autorizzazione al subappalto opposto dalla stazione appaltante alla ditta aggiudicataria, atteso che la questione giuridica in discussione attiene alla fase esecutiva del rapporto contrattuale).
Altro orientamento sostiene, invece, che l’autorizzazione e il diniego di autorizzazione sono atti amministrativi in ordine ai quali i privati vantano posizioni d’interesse legittimo, rimesse alla cognizione del giudice amministrativo. Ciò, in particolare, quando vengano in considerazione profili che hanno indubbi riflessi connessi al perseguimento dell’interesse pubblico, come nel caso in cui sia dubbia la sussistenza dei requisiti soggettivi del subappaltatore.
Considerando, invece, la specifica motivazione opposta all’avversato diniego nella fattispecie in esame, correlata all’eccessivo sconto praticato (peraltro sulla scorta di una previsione, quella dell’art. 105 del d. lgs. 50/2016, che riprende quella dell’art. 118 del d. lgs. 163/2006, dichiarata non conforme al diritto europeo con sentenza 27 novembre 2019, causa C-402/18) e non anche ad aspetti connessi alla individuazione del subappaltatore in termini di verifica dei necessari requisiti, nella fattispecie il Collegio ritiene di poter aderire all’orientamento maggioritario che conduce ad escludere la giurisdizione del giudice amministrativo.
Dunque, a prescindere dal fatto che il limite del ribasso non superiore al 20 %, di cui al comma 14 dell’art. 105, è stato eliminato (a seguito proprio della citata pronuncia della Corte di giustizia) dal decreto semplificazioni, D.L. n. 77/2021, convertito in legge 29 luglio 2021, n. 108, ciò che è determinante è che il diniego è stato fondato esclusivamente sulla pedissequa applicazione di una norma (non più in vigore al momento dell’adozione del provvedimento impugnato) destinata a disciplinare il rapporto obbligatorio intercorrente tra stazione appaltante e appaltatore e la sua esecuzione, escludendo ogni esercizio di potere pubblico.
Ne discende la declaratoria della giurisdizione del giudice civile, con conseguente assegnazione del termine di tre mesi per la riassunzione della controversia avanti a quest’ultimo.