Un bando di gara per l’affidamento di servizi sociali (SPRAR) prevedeva, tra i criteri per l’attribuzione dei punteggi nell’ambito dell’offerta tecnica, uno specifico sub-criterio volto a premiare (fino a 10 punti) il “radicamento territoriale in ambito regionale”.
Ecco perché Tar Calabria, Reggio Calabria, 30 novembre 2021, n. 901 ha ritenuto illegittima una siffatta clausola:
“ deve rilevarsi che sulla questione della legittimità delle clausole della lex specialis che prescrivono requisiti di partecipazione alla gara correlati ad elementi di localizzazione territoriale, o che ad essi attribuiscono un maggior punteggio in sede di valutazione delle offerte, la giurisprudenza ha avuto modo, anzitutto, di precisare che il criterio della territorialità è illegittimo soltanto ove posto come requisito di partecipazione, impattando frontalmente una previsione di tal tipo con i principi del favor partecipationis e della par condicio tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione. Viceversa, ove detto criterio venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, la valutazione della compatibilità della clausola con i principi che informano la materia della contrattualistica pubblica dev’essere condotta caso per caso, non potendo a priori la valorizzazione del collegamento con il territorio ritenersi irragionevole (ex multis, Cons. St., sez. V, 15 maggio 2019, n. 3147). In tale prospettiva, rilievo determinante assume, evidentemente, la considerazione delle caratteristiche della prestazione oggetto di gara, non potendo che misurarsi la ragionevolezza della clausola di territorialità, pur a fronte dell’ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante nella fissazione dei requisiti di esecuzione della prestazione, nella relativa funzionalità alle specifiche esigenze poste dalla natura e dalle caratteristiche della prestazione medesima (TAR Veneto, sez. I, 21 giugno 2018, n. 673).
Quanto poi al rischio, derivante da siffatta impostazione, che le clausole de quibus finiscano con il generare una indebita commistione tra gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica e i requisiti soggettivi richiesti ai concorrenti, la giurisprudenza ha avuto modo di osservare che “la possibilità di applicare in maniera ‘attenuata’ il divieto generale, di derivazione comunitaria, di commistione tra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, è da ritenere ammessa soltanto: a) se aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente ‘illuminare’ la qualità della offerta (cfr. CdS, VI, 2770/08 e sez. V n. 837/09), e b) a condizione che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo” (Cons. St., sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5197).
In definitiva, pur riconfermando il fondamento del divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione dell’offerta, la giurisprudenza è ormai attestata nel ritenerne consentita “un’applicazione attenuata, secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza, quando sia dimostrato, caso per caso, che per le qualificazioni possedute il concorrente offra garanzie di qualità nell’esecuzione del contratto apprezzabili in sede di valutazione tecnica delle offerte” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 settembre 2016, n. 3970; Id., Sez. V, 17.3.2020, n. 1916).
Tanto chiarito sul piano teorico, la trasposizione al caso di specie delle coordinate ermeneutiche così sinteticamente tratteggiate persuade della fondatezza dei rilievi critici articolati dalla ricorrente nei propri scritti difensivi, figurando la clausola di radicamento territoriale posta dalla legge di gara, per come concretamente configurata ed ancorché rilevante nella sola ottica della valutazione dell’offerta tecnica, illegittima sotto due distinti profili.
Per un primo verso, infatti, la delineata dimensione ‘regionale’ del criterio di collegamento al territorio degli operatori economici partecipanti alla gara ne rende palpabile l’irragionevolezza, non essendo dato comprendere come la presenza ‘radicata’ di un’impresa in una qualsiasi area del vastissimo territorio regionale calabrese, magari distante centinaia di chilometri dal piccolo Comune di Sant’Ilario dello Jonio, possa meglio ‘illuminare’ la qualità dell’offerta.
Sotto questo versante, allora, le critiche articolate dal ricorso, e meglio specificate nella memoria del 13/11/2021, colgono pienamente nel segno, non potendo dubitarsi del fatto che la prevista valorizzazione del radicamento nella realtà regionale, anziché in quella locale o comunale, “priva di razionalità, proporzionalità e coerenza anche l’intento … di volere assicurare la migliore capacità di intessere relazioni col territorio. Se, infatti, si fosse valorizzato il radicamento territoriale comunale o provinciale, la previsione del bando avrebbe potuto, forse, soddisfare il raggiungimento dello scopo prefissato dall’amministrazione, ma il radicamento territoriale regionale premierebbe anche un’impresa che potrebbe vantare rapporti con le realtà sociali distanti centinaia di chilometri (da Santi’Ilario) che risulterebbero del tutto ininfluenti ai fini della tutela dell’interesse individuato dall’amministrazione”.
Tali rilievi appaiono inoltre idonei a confutare l’applicabilità alla vicenda che occupa – invocata dalla difesa Stazione appaltante sul rilievo di una pretesa identità di situazioni – dei principi affermati dalla recente sentenza n. 472/2021 del TAR di Catanzaro circa la legittimità di una omologa clausola di radicamento territoriale dell’Ente gestore di un servizio di analoga natura, tenuto conto che nella vicenda oggetto di quel giudizio la clausola contestata – ritenuta dai Giudici non irragionevole – aveva rilevanza ‘provinciale’, valorizzando dunque le esperienze pregresse degli operatori in un contesto territoriale più circoscritto. Sicché, a fronte della ratio pacificamente sottesa a previsioni di siffatta natura, tese a valorizzare, con l’attribuzione di un maggior punteggio, “il rilievo assolutamente non secondario che la maturazione di un’integrazione territoriale assume nel servizio di accoglienza integrata in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria” (così nella citata sentenza del TAR di Catanzaro), non pare possa seriamente dubitarsi che il criterio in esame perda progressivamente di significato man mano che ci si allontani dal territorio del Comune interessato dalla esecuzione del servizio, colorandosi infatti di astrattezza le sottese esigenze correlate al ‘dialogo col territorio’, da realizzarsi tramite una stretta collaborazione con le istituzioni e con i servizi socio-sanitari, educativi e con il mondo dell’associazionismo.
Non può inoltre sottacersi – contribuendo tale ulteriore aspetto a disvelare l’irragionevolezza e l’irrazionalità della clausola oggetto di contestazione, rilevanti anche sotto il profilo del denunciato eccesso di potere – la circostanza della compiuta soddisfazione delle anzidette esigenze da parte della società ricorrente, avendo essa gestito sino ad oggi il medesimo servizio, quale gestore uscente, in assenza di rilievi e/o contestazioni da parte della Stazione appaltante.
Sicché appare evidente, anche sotto questo profilo, che l’attribuzione indiscriminata di un punteggio aggiuntivo in favore degli operatori presenti sul territorio della Regione Calabria sia foriera di un ingiustificato pregiudizio a danno di quelle imprese che, come la ricorrente, non possano vantare un siffatto radicamento, e ciò nondimeno possano essere in grado – come per per tabulas da questa dimostrato – di avviare un proficuo dialogo con il territorio relazionandosi con i servizi socio-assistenziali ed educativi e con gli altri soggetti coinvolti nell’erogazione di servizi di accoglienza integrata in favore dei titolari di protezione internazionale.
12.3. La clausola territoriale in esame presta inoltre il fianco a dubbi di legittimità in relazione all’art. 95 del codice dei contratti anche sul diverso fronte della misura del punteggio ad essa correlato e del relativo criterio di attribuzione, stabilito in ragione di un punto per ogni anno (di radicamento) fino a un massimo di dieci punti. Tale punteggio, infatti, figura certamente rilevante, in quanto corrispondente alla decima parte del punteggio totale attribuibile per l’offerta tecnica, e come tale idoneo ad impattare negativamente sulla concorrenza, potendo nel settore di interesse anche la più modesta variazione di punteggio condizionare l’esito della gara.
12.4. Alla luce delle esposte argomentazioni la clausola del bando in questione va ritenuta illegittima per violazione dell’art. 95, co. 6, del codice dei contratti nonché dei su menzionati principi di concorrenza e non discriminazione e, altresì, per eccesso di potere in relazione ai plurimi profili di irragionevolezza sopra rilevati”.