Una nota associazione che gestisce servizi rivolti alla disabilità impugna gli atti con il quale un comune ha istituito un sistema di accreditamento, revisionando il previgente sistema di convenzionamento con contributo, in quanto in tesi:
- è stato arbitrariamente ridotto il numero degli utenti ammissibili ai servizi;
- il valore del voucher è insufficiente alla copertura delle spese, avuto riguardo anche ai costi aggiuntivi per fronteggiare l’emergenza pandemica in corso.
con conseguente violazione della convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e della legge 8 novembre 2000 n. 328.
Tar Abruzzo, Pescara, I, 9 dicembre 2021 n. 505 respinge il ricorso.
“Parte ricorrente contesta le modalità di erogazione del servizio, come predeterminate dall’amministrazione intimata e confluite negli avvisi pubblici diramati per l’istituzione dell’Albo degli enti accreditati e per l’elargizione dei voucher sociali.
Innanzitutto sostiene che sarebbe violato l’art. 19 della Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità, e che, l’aver posto un limite all’accesso del numero di beneficiari delle prestazioni si traduce nella violazione del principio di universalità nell’accesso alle prestazioni e dei livelli essenziali delle prestazioni come disciplinati dall’art. 22 della legge 328/2020 impedendo l’elaborazione di progetti individuali e la predisposizione di interventi omogenei a fronte di un target di utenti di età variabile dai 4 ai 60 anni.
Il motivo non convince poiché parte da un’errata assimilazione tra il sistema del convenzionamento che era stato attuato in precedenza, e che vedeva la parte ricorrente quale unica interlocutrice del servizio nel territorio di pertinenza, ed il modulo avviato in via sperimentale dell’accreditamento che è previsto dalla legge n. 328/2000 al precipuo scopo di migliorare l’efficienza e la qualità del servizio attraverso il confronto concorrenziale tra più operati nel “quasi mercato” del Terzo Settore.
Il parametro di riferimento della legittimità dei criteri adottati dall’amministrazione e dello lorro attuabilità non può essere rapportato alla sostenibilità del singolo operatore, dal momento che la ricorrente articola la sua azione giudiziale dando per presupposto di costituire l’unico interlocutore per l’ambito territoriale di riferimento, come se contestualmente dovesse attivare percorsi di assistenza differenziati per tutte le situazioni di disabilità contemplate dalla graduatoria dei voucher in quanto unico referente.
Nel sistema dell’accreditamento, invece, la situazione è del tutto rovesciata rispetto al regime del convenzionamento, poiché all’erogazione del contributo in favore della struttura convenzionata, si sostituisce la elargizione di titoli sociali spendibili direttamente dagli utenti, alla cui iniziativa è rimessa la scelta dell’ente, fra quelli accreditati, cui rivolgersi per la fruizione del servizio.
L’accreditamento, infatti, costituisce proprio uno strumento di facilitazione della concorrenza da utilizzare per l’allargamento del mercato dei fornitori accreditati a cui gli utenti accedono scegliendo il fornitore tramite i titoli di acquisto (voucher) dei servizi sociali.
A loro volta i voucher o buoni sociali previsti dall’art. 17 della legge 328/2000 costituiscono strumenti alternativi alla concessione di contributi economici in denaro in favore degli operatori, mirano alla differenziazione, ampliamento e specializzazione del mercato dei servizi sociali orientando il contributo pubblico verso impieghi meritevoli, e rappresentano l’approdo del processo di esternalizzazione dei servizi a favore di soggetti accreditati che si muovono in regime di concorrenza.
Né, sotto altro profilo, è possibile introdurre argomenti relativi alla sottostima del valore dei c.d. voucher sociali che renderebbe oneroso il servizio, ed irrealizzabile nei parametri di qualità minimi, dal momento che, già con le pregresse convenzioni, il finanziamento pubblico rivestiva la forma di un mero contributo mensile e non di un vero e proprio finanziamento, ed inoltre poiché, come chiarito anche dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel parere del 26 luglio 2018, l’accreditamento nel settore dei servizi sociali, in assenza di contingentamento a monte del numero di operatori ammissibili, si pone al di fuori della normativa euro-unitaria sugli appalti pubblici e si risolve sostanzialmente in una sorta di abilitazione priva di carattere selettivo e non propedeutica all’affidamento di un servizio: come tale, pertanto, non impinge in campi disciplinati dal diritto europeo e trova la propria esclusiva regolazione nel diritto nazionale. Ed infatti stante l’estraneità dell’accreditamento all’applicazione del codice dei contratti pubblici anche l’Anac, nelle sue Linee Guida n.32/2016, ha chiarito che costituiscono buone prassi la quantificazione dei compensi per il servizio in base a valori standardizzati predefiniti, e, tra i parametri da verificare per i soggetti da accreditare è previsto anche il riscontro dell’esistenza di un adeguato sistema di remunerazione.
L’organizzazione istante pertanto non può utilizzare come parametro della congruità della quantificazione del voucher gli obblighi assunti in sede di sottoscrizione del patto di accreditamento, come se si trattasse della sottoscrizione di un appalto pubblico, anche con riferimento ai requisiti orari delle prestazioni nonché alle obbligazioni inerenti il personale, perché in tal modo finisce con introdurre un’impostazione di corrispettività, che, come si è detto, è estranea al modulo in esame che fuoriesce dalla disciplina del Codice degli Appalti.