Un caso in cui la riserva di partecipazione ex art. 112 del Codice è stata impiegata in maniera elusiva, in quanto negli atti di gara non era ravvisabile una effettiva finalità di integrazione sociale e professionale delle persone disabili o svantaggiate.
Tar Campania, Salerno, II, 16 dicembre 2021, n. 2774
“La norma de qua deve avere una valenza operativa alquanto ristretta, in ragione della sua natura eccezionale e derogatoria rispetto ai principi cardine del libero gioco della concorrenza e della par condicio, che governano la procedura selettiva degli appalti, nei termini rigorosamente scanditi nella normativa comunitaria e, del pari, richiamati nello stesso art. 30 D.Lgs. 50/2016, che così recita: “le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi”.
La giurisprudenza interpreta la disposizione de qua in maniera rigorosa, ritenendo che si debba dare
continuità all’indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, V, 28 maggio 2012, n. 2012), da cui non sussistono giustificati motivi per discostarsi, a mente del quale l’amministrazione che, benché non obbligata da una disposizione nazionale o comunitaria all’utilizzo di sistemi di scelta del contraente mediante gara pubblica, via abbia comunque fatto ricorso, resta tenuta all’osservanza di moduli propri della formazione pubblica della volontà contrattuale. Dunque deve rispettare i principi di imparzialità, parità di trattamento e concorrenzialità, di cui la procedura di gara prescelta è l’espressione di diritto positivo, senza che le sia consentito, pena l’elusione dei principi richiamati, la previsione di deroghe che si risolvano di fatto nell’ingiustificata restrizione della concorrenza mediante l’apposizione – come accaduto nel caso in esame – nel bando di gara della clausola di riserva in favore delle sole cooperative sociali (Consiglio di Stato sez. V, 07/10/2016, n.4129).
Lo stesso art. 5 l. 8 novembre 1991, n. 381, poi, consente agli enti pubblici, per la fornitura di beni e servizi c.d. strumentali (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2013 n. 2342; Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2010 n. 2829), “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, di stipulare convenzioni con le cooperative sociali”.
La giurisprudenza, sul punto, sostiene che “la riserva di partecipazione posta in favore delle cooperative sociali dall’art. 5 l. n. 381 del 1991 possa essere legittimamente imposta solo per la fornitura di beni e servizi strumentali della p.a., cioè erogati a favore della p.a. e riferibili ad esigenze strumentali della stessa; al contrario, tale limite non può trovare applicazione nei casi in cui si tratti di servizi pubblici locali, destinati a soddisfare la generica collettività”, come la gestione di un parcheggio a pagamento (cfr. ex multis, T.A.R. Roma, sez. II, 13/08/2018, n.8984; TAR Piemonte, Sez. I, 3.03.2016 n. 306; Cons. St. Sez. VI, 29.04.2013 n. 2342; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 6.07.2015 n. 637).
L’art. 7 L.R.C. n. 7/2015, al comma 3, prescrive che “per fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari, assistenziali ed educativi, ai sensi dell’articolo 5 della legge 381/1991, oltre agli elementi previsti dal comma 2, l’elemento oggettivo da valutare è il progetto di inserimento dei soggetti svantaggiati che deve riportare: a) gli elementi in grado di testimoniare l’organico radicamento territoriale del progetto; b) il numero dei soggetti svantaggiati; c) la tipologia dello svantaggio in relazione alla prestazione lavorativa richiesta; d) il ruolo e il profilo professionale di riferimento; e) la presenza di piani individualizzati contenenti obiettivi a medio e lungo termine; f) il numero e la qualifica delle eventuali figure di sostegno; g) il rispetto delle normative vigenti in materia”.
Così delineato lo scenario normativo e giurisprudenziale, calando le coordinate de quibus alla fattispecie in esame, il bando di gara gravato, nella sua portata escludente, si appalesa illegittimo, per contrasto con le disposizioni summenzionate.
Sono convincenti le argomentazioni attoree circa il difetto motivazionale che connota gli atti gravati, i quali non danno reale ed effettiva contezza di quella che assurge alla ratio giustificatrice della riservatezza procedurale, ovvero della finalità di integrazione sociale e professionale delle persone disabili o svantaggiate, non evincibile peraltro da alcun atto di gara.
Come, infatti, rimarca la parte ricorrente, i criteri di valutazione dell’offerta tecnica, come previsti all’art. 18 del bando di gara, non hanno niente a che vedere con alcuna finalità di reinserimento lavorativo delle persone disabili o svantaggiate, che pur avrebbe dovuto essere la ragion d’essere della riserva di partecipazione; del pari, non vi è alcuna norma, né del bando, né del capitolatospeciale di appalto, né nella relazione tecnico-illustrativa, che abbia concretamente previsto quali e quanti posti di lavoro sarebbero destinati alle persone disabili o svantaggiate ovvero che abbia fatto obbligo all’impresa che risulterà aggiudicataria della gara di assumere un determinato numero di questi lavoratori.
La stazione appaltante, allora, non si sottrae alla su esposta censura, avendo, per contro, adottato una previsione escludente, del tutto illegittima, stantel’incontestabile carenza del profilo solidaristico di tipo sociale, che, perciò solo, avrebbe legittimato un’eventuale tipologia di appalti riservati”.