La ricorrente si è collocata al secondo posto per l’affidamento del servizio di pulizia degli stabili sedi di uffici e attività comunali e di stabili di edilizia residenziale pubblica.
Al fine di tutelare i propri interessi difensivi, ha presentato istanze di accesso alla stazione appaltante, che ha fornito copia della documentazione amministrativa, dell’offerta economica e di una parte dell’offerta tecnica della prima classificata.
I documenti che compongono l’offerta tecnica aggiudicataria comprendono una relazione tecnica, composta da oltre 70 pagine, dedicata all’esposizione dei profili progettuali e dei dati funzionali all’attribuzione dei punteggi.
Il Comune ha trasmesso alla ricorrente questo documento in un formato quasi totalmente oscurato, essendo visibili il frontespizio, l’indice e alcuni brani, per complessive 4 pagine, senza alcuna effettiva intelligibilità del contenuto del documento stesso.
L’amministrazione sostiene che la controinteressata avrebbe adeguatamente palesato la sussistenza di intangibili profili di riservatezza commerciale, opponendosi all’accesso.
Tar Lombardia, Milano, Sez.I, 24/01/2022, n. 145, operando una significativa ricostruzione sull’applicazione del diritto di accesso nelle gare d’appalto, ordina al Comune resistente di consentire l’accesso entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza:
3.1) Il tema dei limiti entro i quali l’opposizione di un asserito segreto commerciale è idonea a paralizzare la pretesa ostensiva, nel sistema delineato dal coordinamento tra la legge 1990 n. 241 e il d.l.vo 2016 n. 50, merita alcuni approfondimenti.
Come già accennato, in materia di gare pubbliche, il bilanciamento tra la tutela del segreto industriale e commerciale e l’accesso ai documenti è regolato proprio dall’art. 53, ultimo comma, del d.l.vo n. 50/2016, ove si prevede che “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a)” – allegazione ostativa di segreti tecnici o commerciali – “è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.
La norma costituisce per un verso una deroga e per un altro una specificazione dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241/90, che stabilisce: “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Il parametro della “stretta indispensabilità”, quale fondamento della prevalenza del diritto di accesso sul contrapposto diritto alla riservatezza, deve essere limitato ai soli dati sensibili, con esclusione del segreto tecnico e commerciale, in relazione al quale la norma di cui all’art. 53 del d.l.vo n. 50/2016 ritiene sufficiente la mera finalizzazione alla difesa in giudizio dei propri interessi rispetto alla specifica procedura.
I dati sensibili, a tenore dell’art. 4 del d.l.vo n. 196/2003, erano “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”, sicché ad essi non erano riconducibili i segreti industriali o commerciali.
Tale norma è stata, tuttavia, abrogata dall’art. 27, comma 1, lett. a), n. 1 del d.lvo 10 agosto 2018 n. 101 e la categoria dei dati sensibili è stata sostituita da quella dei dati particolari, che sono individuati dall’art. 9 paragrafo 1 del regolamento UE 27 aprile 2016 n. 679, ove si stabilisce che “E’ vietato trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.
La già ricordata previsione dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 deve essere ora riferita ai dati particolari, di cui all’art. 9 regolamento UE n. 679/2016, nell’ambito dei quali non rientrano né il segreto commerciale, né il segreto industriale, la cui opposizione, pertanto, non impone una valutazione di stretta indispensabilità per assicurare la prevalenza del diritto di accesso sul contrapposto diritto alla riservatezza (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 11 agosto 2021, n. 9363).
Ne deriva che l’accoglimento dell’istanza di accesso postula solo la necessità, da valutare in astratto, della conoscenza dell’offerta tecnica rispetto alla difesa in giudizio del concorrente che vanta la pretesa ostensiva, senza possibilità di invocare il più stringente parametro della stretta indispensabilità, come adombra invece l’amministrazione laddove contesta la mancata dimostrazione di un’adeguata intensità dell’interesse ostensivo da parte della ricorrente, poiché tale parametro non si estende ai segreti industriali e commerciali.
3.2) La ricorrente contesta il diniego oppostole evidenziando, da un lato, la genericità delle deduzioni difensive formulate in sede procedimentale da xxxxx, dall’altro, la mancata effettuazione da parte della stazione appaltante di un’autonoma valutazione dell’effettiva esistenza di un segreto commerciale da tutelare.
La censura è fondata.
In coerenza, con gli ordinari principi in tema di riparto dell’onere della prova – da commisurare, quanto alla sua consistenza, tenendo presente che si tratta di pretese, quella ostensiva e quella alla riservatezza, aventi entrambe natura di diritto soggettivo – spetta al concorrente che si oppone all’accesso di indicare le parti dell’offerta che contengano segreti tecnici o commerciali, con una motivata e comprovata dichiarazione, secondo l’espressa previsione del citato art. 53 del d.l.vo 2016 n. 50.
Il limite all’ostensione è subordinato all’espressa attestazione e dimostrazione del carattere riservato dell’informazione da parte dell’impresa interessata, sulla quale incombe l’onere di produrre una motivata e comprovata dichiarazione, mediante la quale si dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 16 febbraio 2021, n.1437; Tar Lombardia, sez. I, 22 giugno 2021, n. 1526).
Nel caso di specie, la dichiarazione – già richiamata – presentata da xxxx si risolve in una serie di affermazioni tautologiche, che non valgono a dimostrare in concreto la sussistenza di profili di riservatezza commerciale meritevoli di tutela.
Si riferisce dell’esistenza di informazioni relative all’economicità dei “processi aziendali innovativi” che costituirebbero segreti commerciali, la cui diffusione permetterebbe ai “competitors” di acquisire informazioni “che potrebbero essere utilizzati per la partecipazione a future gare”, senza alcuna documentazione e precisazione in ordine all’effettiva consistenza di tali processi, alla loro natura e all’attivazione di strumenti giuridici dedicati alla loro protezione.
Non solo, xxxx riconosce che la sua elaborazione progettuale “si fonda principalmente sull’utilizzo di prodotti, strumenti e sistemi che sono presenti e reperibili sul mercato”, ma afferma che la loro concreta “combinazione e scelta”, in funzione della migliore risposta alle esigenze dell’amministrazione appaltante si sostanzierebbe in un “elemento innovativo” di “rielaborazione delle informazioni reperite”.
L’affermazione è del tutto apodittica e manifestamente generica.
E ancora, l’intero progetto viene indicato come “frutto di anni di esperienza specifica nel settore” e “inestimabile patrimonio in termini di know-how e professionalità”; difetta però qualunque indicazione sull’effettiva consistenza di tale know-how.
Insomma, l’opposizione della controinteressata si sostanzia in un insieme di frasi stereotipate, che, per la loro genericità e mancanza di concreta correlazione con specifici e documentati contenuti dell’offerta, non valgono a dimostrare l’esistenza di uno specifico segreto commerciale da tutelare.
Non solo, l’esistenza di un segreto tecnico-commerciale deve essere dimostrata in coerenza con la definizione normativa contenuta nel Codice della proprietà industriale, di cui all’art 98 del d.lvo 10 febbraio 2005 n. 30, che richiede, ai fini della tutela, che le informazioni aziendali e commerciali ed esperienze sulle applicazioni tecnico industriali rispondano a requisiti di segretezza e rilevanza economica e siano soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64).
In altre parole, è agli specifici caratteri di cui all’art. 98 del Codice della proprietà industriale che la dichiarazione “motivata e comprovata” circa l’esistenza di un segreto commerciale deve fare riferimento, non potendo viceversa l’operatore limitarsi ad una mera e indimostrata affermazione tesa a ricomprendere certe informazioni nel patrimonio aziendale o nella peculiarità dell’offerta.
Inoltre, nella definizione di segreti tecnici o commerciali non può ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, perché è del tutto fisiologico e risponde a criteri di ragionevole gestione aziendale che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione, propri contatti commerciali e idee differenti da applicare alle esigenze della clientela.
La qualifica di segreto tecnico o commerciale deve, invece, essere riservata a elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovano applicazione in una serie indeterminata di appalti e sono in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano mai a conoscenza (cfr. Tar Lazio, sez. I, 11 agosto 2021, n. 9363).
Nulla di tutto ciò è stato allegato e dimostrato dalla società aggiudicataria in sede di opposizione all’accesso; opposizione che si sostanzia in una serie di perifrasi prive di valore dimostrativo.
Sotto altro profilo, va osservato che spetta all’amministrazione il compito di verificare l’effettiva sussistenza di un segreto commerciale aderente ai caratteri dettati dall’art. 98 del d.lvo 2005 n. 30 e da tutelare a fronte della pretesa ostensiva di un concorrente.
La dichiarazione di sussistenza di un segreto commerciale o industriale deve essere oggetto di un autonomo e discrezionale apprezzamento da parte della stazione appaltante, sotto il profilo della validità e della pertinenza delle ragioni prospettate a sostegno dell’opposto diniego (sul punto la giurisprudenza è consolidata, cfr. Tar Campania, sez. II, 30 gennaio 2020, n. 437; Tar Lombardia, sez. I, 22 giugno 2021, n. 1526).
Il Comune resistente non ha svolto alcuna valutazione in ordine all’opposizione espressa dall’aggiudicataria, limitandosi a richiamare le considerazioni svolte da quest’ultima, come se il fatto in sé dell’opposizione fosse preclusivo dell’accesso.
Tale modus procedendi è illegittimo, perché spetta all’amministrazione decidere, in modo adeguatamente motivato e sulla base di un’idonea istruttoria, se le esigenze palesate dall’aggiudicatario integrino un effettivo segreto commerciale tale da poter essere opposto alla richiesta di accesso.
Si impone alla stazione appaltante “una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento della effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza”, in adempimento dell’obbligo di controllo della fondatezza della dichiarazione dell’impresa controinteressata circa la sussistenza di specifici ambiti di segretezza industriale e commerciale (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 16 febbraio 2021, n. 1437).
Del resto, le esigenze di segretezza tecnica o commerciale sono meritevoli di tutela solo per le singole informazioni – da oscurare – sottoposte a tutela brevettuale o a privativa industriale o commerciale, che siano puntualmente e motivatamente indicate dall’impresa controinteressata, la quale, per contro, in questo caso si è limitata ad una generica dichiarazione riferita all’intera offerta tecnica, acriticamente recepita dall’Amministrazione, ma del tutto inidonea ai fini indicati.
In via di ulteriore precisazione, va osservato che, quand’anche avesse accertato l’effettiva sussistenza di un segreto commerciale avente i caratteri indicati, l’amministrazione non avrebbe potuto precludere l’accesso de plano, ma avrebbe dovuto valutare la sussistenza o meno dei presupposti che, ai sensi del comma 6 dell’art. 53, giustificano la prevalenza della pretesa ostensiva.
Ne discende che il diniego di accesso è illegittimo, perché fondato sull’acritico recepimento da parte del Comune di un’opposizione all’ostensione che, per la sua genericità, non dimostra l’effettiva presenza di segreti commerciali o industriali da tutelare.
4) In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto.