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Sentenze

Il principio di equivalenza non può giustificare la fornitura di aliud pro alio

Nell’accogliere il ricorso il Tar Marche ricorda i limiti del principio di equivalenza. Principio di equivalenza che molto spesso viene strumentalizzato al fine di giustificare la fornitura di aliud pro alio, richiamando in maniera inconferente i principi di concorrenza e di massima partecipazione.

Ecco quanto stabilito da Tar Marche, Sez. I, 14/03/2022, n.161:

4.2. Tornando comunque alla questione dell’equivalenza, il Collegio osserva che:

– come spesso accade, un principio sorto nell’ordinamento comunitario per una determinata finalità, nell’ordinamento nazionale ha finito per essere in qualche modo piegato ad altri scopi. Va infatti evidenziato che il principio di equivalenza nasce per evitare i c.d. bandi fotografia, ossia la prassi di “cucire su misura” i requisiti tecnici dei materiali oggetto delle pubbliche forniture solo per un determinato prodotto, fabbricato da un determinato produttore;

– ma se é così, ne consegue che il principio di equivalenza opera solo se gli altri operatori del mercato di riferimento riescono a dimostrare che il materiale avente le caratteristiche indicate nel capitolato è prodotto da un solo fabbricante. Al contrario, e salvo che non sussistano elementi oggettivi che denotino uno sviamento di potere, il principio non opera laddove la stazione appaltante, per finalità verificabili oggettivamente, abbia richiesto una specifica tecnica particolare, tale per cui alla gara possono partecipare solo alcuni operatori del mercato di riferimento (il cui numero assicuri però una effettiva concorrenza). Per fare un esempio di agevole comprensione, si pensi ad un bando per la fornitura di automezzi per le forze armate, in cui sia previsto che gli automezzi in parola debbano avere solo la motorizzazione diesel. Questa limitazione, che risponde all’evidente fine dell’amministrazione militare di economizzare i consumi di carburante, è legittima (e non può quindi operare il principio di equivalenza, ossia l’ammissione alla gara anche di concorrenti che propongono mezzi a benzina), visto che sul mercato esistono numerosi produttori di automezzi diesel, di talché è assicurata una concorrenza effettiva. Va poi ricordato che vi sono anche una serie di altre fattispecie in cui è consentito alla stazione appaltante richiedere la fornitura di prodotti specifici, ad esempio quando si tratta di implementare sistemi già installati oppure quando esistono solo determinati materiali che possono “dialogare” con quelli già in uso presso la stazione appaltante;

– nella prassi si osserva invece che il principio di equivalenza molto spesso viene strumentalizzato al fine di giustificare la fornitura di aliud pro alio, richiamando in maniera inconferente i principi di concorrenza e di massima partecipazione;

– vi è poi un profilo ulteriore da considerare, ossia il modo in cui il principio va applicato effettivamente nella realtà operativa. Tale profilo è in effetti preso in considerazione dall’art. 68, commi 6 e 7, del D.Lgs. n. 50/2016, laddove si fa riferimento alla necessità che l’operatore economico che intende proporre un prodotto equivalente sia tenuto a dimostrare “…con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”. Come si può vedere, dunque, l’art. 68 addossa al concorrente che intende proporre un materiale equivalente l’onere di comprovare l’equivalenza, il che si spiega agevolmente richiamando per analogia il principio processuale della c.d. vicinanza della prova. Infatti, solo il fabbricante del prodotto è in grado di attestarne l’equivalenza rispetto a quelli aventi le caratteristiche indicate nella lex specialis, visto che egli conosce perfettamente sia le caratteristiche tecniche del proprio prodotto sia le ragioni per le quali il prodotto è stato progettato con quelle determinate caratteristiche. Alla stazione appaltante è invece rimesso il compito di verificare, nei limiti delle sue possibilità, se l’equivalenza esiste effettivamente oppure no (senza dimenticare che, in alcuni casi, l’equivalenza potrebbe essere anche parziale e quindi non soddisfare in pieno le esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice).

4.3. Trasportando tali principi al caso di specie, il Tribunale rileva che:

– sia il disciplinare di gara (art. 3), sia il capitolato speciale (art. 1), come detto, prescrivevano che fra i materiali di consumo oggetto di fornitura fossero comprese anche le trappole per liquidi monouso;

– in relazione al principio di equivalenza, l’art. 2 del capitolato speciale stabiliva che “Allo scopo di evitare la circostanza secondo cui le indicazioni riguardanti le caratteristiche tecniche dei sistemi richiesti possano ricondursi alla individuazione di una linea produttiva determinata, si intende esplicitamente apposta, ai sensi dell’articolo 68 del D.Lgs. n. 50/2016 e sue successive modifiche ed integrazioni, la clausola “o equivalente”.

Pertanto il Concorrente sarà libero di proporre le tecnologie e/o opere, di livello pari o superiore, che riterrà meglio rispondenti alle finalità dell’appalto, e deve altresì provare, con qualunque mezzo appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperano in maniera almeno equivalente ai requisiti definiti nelle specifiche tecniche. A tal proposito si richiede adeguata certificazione e la stesura di dettagliata e specifica relazione dimostrante l’equivalenza da allegare all’offerta tecnica”;

– dagli atti di causa non risulta che la ditta …… abbia prodotto la relazione tecnica idonea a comprovare l’equivalenza fra il prefiltro ….. e la trappola per liquidi, essendosi limitata ad indicare quali sono le caratteristiche del prefiltro. In questo la ditta …….è probabilmente incorsa nell’equivoco di cui si diceva in precedenza parlando della progressiva “banalizzazione” del principio di equivalenza, ritenendo sufficiente offrire un prodotto diverso che risponde “più o meno” alle medesime finalità di quello richiesto dalla stazione appaltante e ritenendo altresì che spettasse alla commissione di gara ricavare l’equivalenza dalla scheda del materiale;

– dalla relazione a firma del presidente della commissione emerge che sarebbero state effettuate delle prove di funzionamento delle apparecchiature proposte dai concorrenti, ma, in disparte l’assenza della relazione tecnica della ditta ….. (senza la quale la commissione non era tenuta nemmeno ad approfondire la questione dell’equivalenza), di tali prove non è stata redatta alcuna verbalizzazione, il che impedisce sia alla società ricorrente sia al giudice di verificare come sono state eseguite le prove e quale ne è stato l’esito.

4.4. Già questo è sufficiente per stabilire che, in parte qua, l’operato della commissione di gara e quindi della stazione appaltante è illegittimo……..

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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