A fronte di ricorso avverso rinegoziazione di un contratto, il Tar Liguria ribadisce i principi in materia di irricevibilità del ricorso per tardività.
Ricordando che, accanto alla regola generale secondo cui gli atti della procedura vanno impugnati entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione o comunicazione (art. 120, comma 2, primo periodo, e comma 5, c.p.a.), per i casi in cui sia mancata la pubblicità del bando e dell’avviso di aggiudicazione l’art. 120, comma 2, secondo periodo c.p.a. stabilisce l’impossibilità di promuovere il giudizio dopo il decorso del termine decadenziale di sei mesi dalla stipula del negozio.
Nel caso in questione il termine impugnatorio decorreva, secondo i principi generali, dalla conoscenza legale, “dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge” (art. 41 comma 2 c.p.a.).
Ecco la sintesi di Tar Liguria, Sez. I, 21/03/2022, n.217:
In accoglimento delle eccezioni sollevate dalle parti resistenti, il ricorso dev’essere dichiarato irricevibile per tardività, essendo stato proposto oltre il termine semestrale di cui all’art. 120, comma 2, c.p.a..
In proposito, la sezione ritiene di richiamare – ex art. 88 comma 2 lett. d) c.p.a. – il precedente costituito dalla propria sentenza 14.10.2021, n. 876, ribadendo che “In base alla predetta disposizione (riproduttiva del previgente art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, come novellato dal d.lgs. n. 53/2010), “Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto”. Pertanto, accanto alla regola generale secondo cui gli atti della procedura vanno impugnati entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione o comunicazione (art. 120, comma 2, primo periodo, e comma 5, c.p.a.), per i casi in cui sia mancata la pubblicità del bando e dell’avviso di aggiudicazione l’art. 120, comma 2, secondo periodo c.p.a. stabilisce l’impossibilità di promuovere il giudizio dopo il decorso del termine decadenziale di sei mesi dalla stipula del negozio. Si tratta di una norma di chiusura del sistema delle impugnazioni in materia di contratti pubblici, di derivazione comunitaria (v. art. 2-septies della direttiva 89/665/CEE e art. 2-septies della direttiva 92/13/CEE), che fissa un termine ultimo di gravame non superabile, impedendo che gli esiti del procedimento di affidamento possano essere rimessi in discussione dopo il predetto arco temporale (in argomento cfr., ex aliis, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 13 luglio 2020, n. 1707; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, 19 giugno 2019, n. 547; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 6 maggio 2014, n. 417). Come evidenziato in dottrina e in giurisprudenza, il termine massimo semestrale, preclusivo della proposizione del ricorso, opera a prescindere dalla conoscenza degli atti (in ipotesi) illegittimi da parte del soggetto leso (cfr. Cons. St., commissione speciale, parere n. 368 in data 1° febbraio 2010; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 13 luglio 2020, n. 1707, cit., secondo cui la norma “ha introdotto una presunzione legale di conoscenza ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso”). La ratio della previsione, derogatoria dei tradizionali principi in materia di impugnazione degli atti amministrativi, risiede nel contemperamento della tutela dell’interesse legittimo con le esigenze di celerità e certezza proprie della materia dei contratti della pubblica amministrazione, garantite mediante la stabilizzazione dell’affidamento non gravato entro sei mesi dalla sottoscrizione dell’accordo negoziale. Il termine semestrale si applica in tutti i casi in cui siano state omesse le formalità pubblicitarie e, quindi, non soltanto quando il confronto competitivo abbia avuto luogo senza rendere conoscibili all’esterno i relativi atti, ma anche nelle fattispecie in cui l’amministrazione non abbia nemmeno esperito la procedura comparativa, affidando direttamente il contratto ad un operatore privato (v. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 13 luglio 2020, n. 1707, cit.) o ad una società in house”.
Si tratta di principi affermati in una fattispecie in cui la società ricorrente aveva diritto ad una comunicazione individuale, e che debbono pertanto valere – a più forte ragione – nel caso di specie, in cui il termine impugnatorio decorreva, secondo i principi generali, dalla conoscenza legale, ovvero “dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge” (art. 41 comma 2 c.p.a.).
Ai sensi dell’art. 124 del T.U.E.L, infatti, “tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante pubblicazione all’albo pretorio, nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”, ed è noto che per “deliberazioni” si intendono, pacificamente, anche le determinazioni dirigenziali (cfr., per tutte, Cons. di St., V, 18.6.2018, n. 3719).
Orbene, il Comune di ……….. ha provato che la determinazione dirigenziale a contrattare ….. n. ……….., di approvazione dello schema di contratto di rinegoziazione, è stata pubblicata, ai sensi dell’art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e s.m.i, nell’albo pretorio on line del Comune dall’1.2.2021 al 16.2.2021 (doc. 11 delle produzioni 18.10.2021 di parte comunale).
Né vale opporre una pretesa nullità e/o inefficacia della disposta rinegoziazione, in quanto priva della necessaria copertura finanziaria per gli esercizi dal 2023 al 2028.
A parte il fatto che si tratterebbe di un vizio (sub specie di violazione di legge) dell’atto amministrativo piuttosto che del contratto, suscettibile di condurre al suo annullamento piuttosto che alla sua nullità, è dirimente il rilievo che l’art. 183 comma 6 del T.U.E.L. consente l’assunzione di obbligazioni e dei corrispondenti impegni di spesa anche sugli esercizi successivi a quello in corso, quando si tratti di spese connesse a contratti o convenzioni pluriennali, ovvero necessarie per garantire la continuità dei servizi connessi con le funzioni fondamentali, o ancora quando riguardino spese derivanti da contratti di somministrazione relative a prestazioni periodiche o continuative di servizi di cui all’art. 1677 del codice civile.
In ogni caso, la mancanza dell’attestazione di copertura finanziaria di cui all’art. 153 comma 5 T.U.E.L. non costituisce causa di nullità del contratto, quanto, piuttosto, di inefficacia relativa (ovvero che può essere fatta valere solo dall’amministrazione), nel senso che il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura in difetto di copertura finanziaria (art. 191 comma 4 D. Lgs. n. 267/2000).