Questa la sintesi della decisione di Consiglio di Stato, Sez. III, 04/08/2022, n. 6827:
10.1. Orbene, muovendo da tali premesse deve rilevarsi che la campionatura, secondo la costante giurisprudenza di questa Sezione (15 marzo 2021, n. 2243; id. 5 maggio 2017, n. 2076), non costituisce un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo dell’offerta tecnica documentale, essendo destinata a comprovare, con la produzione di capi o prodotti dimostrativi detti, appunto, campioni, la capacità tecnica dei concorrenti e la loro effettiva idoneità a soddisfare le esigenze, spesso complesse, delle stazioni appaltanti.
Così declinata, la campionatura non vale a costituire una componente essenziale ed intrinseca dell’offerta, anche se resta ad essa strettamente connessa rivelandosi funzionale alla sua migliore valutazione qualitativa (Cons. Stato, sez. III, 9 marzo 2022, n. 1699; id. 5 luglio 2021 n. 5135; id. 20 agosto 2020, n. 5149). In altri termini, i campioni rivestono una funzione dimostrativa, assumendo lo scopo di consentire l’apprezzamento, dal vivo, dei prodotti presentati (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 11 agosto 2017, n. 3996; sez. III, 3 luglio 2017, n. 3246).
Si è coerentemente sostenuto, a tal riguardo, che “la campionatura non coincide con l’offerta tecnica, il cui contenuto è analiticamente indicato dal disciplinare di gara (mediante la previsione dell’obbligo di produrre la scheda-tipo informativa, la scheda tecnica ecc.), ma rappresenta concretamente (e non nella sua raffigurazione tecnico-descrittiva) il prodotto offerto, al fine di consentire l’esecuzione del test in laboratorio e di quello in uso.
Come affermato da questo Consiglio di Stato, infatti, “il campione non è un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo dell’offerta tecnica, che consente all’Amministrazione di considerare e vagliare l’idoneità tecnica del prodotto offerto: non è sua parte integrante, per quanto sia oggetto di un’apposita valutazione da parte della Commissione giudicatrice, perché la sua funzione è quella, chiaramente stabilita dall’art. 42, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 163 del 2006, di fornire la “dimostrazione delle capacità tecniche dei contraenti”, per gli appalti di forniture, attraverso la “produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire” (cfr. Sez. V, n. 371 del 30 gennaio 2017); “netta è dunque la distinzione, funzionale ancor prima che strutturale, tra la documentazione tecnica e la campionatura, sicché non può ritenersi corretto affermare che la campionatura sia parte integrante dell’offerta tecnica e, in quanto tale, debba essere aperta in seduta pubblica. Se essa ha infatti una funzione meramente esemplificativa delle caratteristiche dell’offerta, mirando a dimostrare le capacità tecniche della concorrente, e può, addirittura, essere integrata nel corso della gara, finché non sia oggetto di valutazione da parte della Commissione, non vi è alcuna esigenza di par condicio tra i concorrenti, né alcun interesse pubblico alla imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa che ne giustifichi l’apertura in seduta pubblica, con il ricorso ad operazioni materiali di apertura, aventi ad oggetto molti e ingombranti campioni, lunghe, complesse e finanche inutili, una volta che i campioni possano essere cambiati dalla concorrente, anche successivamente, per dimostrare la bontà della propria offerta tecnica, che è e resta nella sua essenza documentale, come pure si dirà tra breve, il parametro principale e imprescindibile al quale la stazione appaltante deve fare riferimento, pur essendo condizione necessaria, ma non sufficiente, nella gara in questione, per la congiunta necessità di depositare anche la campionatura” (cfr. Sez. III, n. 4190 del 8 settembre 2015).
Quanto poi alla mancanza di sufficienti garanzie in ordine alla corrispondenza dei campioni al prodotto offerto, deve ritenersi che si tratti di carenza meramente formale, in mancanza di concrete allegazioni atte a far dubitare della stessa, come già in precedenza evidenziato.
Infondata, infine, è la deduzione intesa a sostenere che la campionatura, una volta esclusa la sua immediata inerenza al contenuto dell’offerta tecnica, sarebbe finalizzata a dimostrare il possesso della capacità tecnica, con la conseguente indebita commistione tra la valutazione di quest’ultima e quella dell’offerta tecnica: deve invero osservarsi che la campionatura resta strettamente connessa all’offerta tecnica e funzionale alla sua migliore valutazione qualitativa, pur se non integrante una componente essenziale ed intrinseca di quest’ultima” (Cons. St., Sez. III, 20 marzo 2019, n. 1853; id. 8 settembre 2015, n. 4190).
10.2. Quale diretto corollario della funzione dimostrativa della campionatura una parte della giurisprudenza ha concluso nel senso che la clausola che imponga ai concorrenti, a pena di esclusione, la presentazione di una campionatura dei prodotti offerti, introduce una causa di esclusione ulteriore rispetto a quelle previste dal codice dei contratti pubblici, in violazione del divieto stabilito al riguardo dall’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 (CGARS, 20 luglio 2020, n. 634) e, come tale, deve dunque essere ritenuta nulla.
10.3. Orbene, così ricostruito il quadro giuridico di riferimento tale soluzione esegetica s’impone nello specifico caso qui in rilievo, in cui la campionatura richiesta assolve nell’economia della legge di gara ad una funzione descrittiva complementare e non sostitutiva della documentazione tecnica, riferibile peraltro solo a due dei prodotti oggetto di fornitura.
Tanto si desume anche dalle particolari modalità che, nella procedura selettiva in argomento, governano la campionatura, tenuto conto del fatto che venivano richiesti campioni solo con riferimento a due delle quattro misure del prodotto offerto, con la logica conseguenza che, se i campioni fossero realmente ed eccezionalmente parte integrante e consustanziali all’offerta tecnica, la stazione appaltante avrebbe ragionevolmente avuto bisogno di un riscontro per ognuna delle indicate misure, non potendo evidentemente lasciare una parte della fornitura priva di un requisito di prova ritenuto necessario ed indefettibile.
D’altro canto, alcuna giustificazione esplicita regge nell’economia della legge di gara tale scelta; nella ricostruzione difensiva dell’Amministrazione resistente si tratterebbe di una soluzione dettata da aspetti pratici legati alla necessità di non gravare oltremodo gli operatori economici, spiegazione evidentemente non compatibile, però, con il rilievo sostanziale e dirimente che, nei termini suddetti (riferiti cioè alla misura del campione offerto), si pretende poi assegnare alla campionatura.
Ne discende – sul piano sostanziale – una dequotazione del suindicato contributo dimostrativo che, pertanto, non può essere accreditato come veicolo unico e infungibile dei contenuti tecnici dell’offerta sì da far ritenere, nella misura qui imposta, non coerente con la disciplina di settore la sanzione dell’automatica espulsione e la preclusione opposta alla richiesta di soccorso istruttorio.
E, invero, non può essere qui obliato che le ragioni di difformità in contestazione esauriscono i propri effetti esclusivamente sul profilo della diversa misura di uno dei campioni comunque presentati (difformità qualificabile come vizio formale) riferibili pur sempre alla medesima tipologia di prodotto offerto.
Deve, in definitiva, ritenersi che l’errore in cui è incorsa la società appellante nella presentazione dei campioni di emostatico (produzione del campione nella misura di cui alla voce c) in luogo della misura di cui alla voce b)) ben avrebbe potuto essere sanato attraverso il ricorso all’istituto del soccorso istruttorio, senza che ciò concretasse un’illegittima forma di integrazione postuma dell’offerta tecnica, atteso che quest’ultima risulta ab origine completa nella sua essenza documentale, essendo, da un lato, incontestato il possesso da parte della società appellante dell’emostatico in tutte le misure richieste dalla gara, compresa la misura di cui alla voce b), e, dall’altro, acclarato che un campione aggiuntivo, ancorché di misura diversa, risulta comunque presentato di guisa che la regolarizzazione del suddetto (marginale) profilo involge, per tutto quanto fin qui evidenziato, un profilo estrinseco all’offerta e meramente formale.
Conclusivamente, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, s’impone l’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti