Questo è quanto stabilito dal Tar Abruzzo su una procedura di concessione del servizio di installazione di distributori automatici, che la stazione appaltante ha indicato come affidamento diretto, con raccolta di preventivi, ai sensi dell’articolo 36 comma 2 lettera a) del Codice.
La stazione appaltante, pur potendo procedere all’affidamento diretto del servizio perché di valore inferiore a € 40.000, ha deciso di chiedere ad operatori preventivamente selezionati di presentare la loro offerta, avviando così una procedura comparativa, ai sensi dell’art. 36 e retta dai principi dell’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016.
Detti principi tuttavia sarebbero stati violati perché l’amministrazione avrebbe valorizzato, ai fini dell’aggiudicazione, l’importo del canone di concessione che la controinteressata ha offerto con separata nota, modificando la precedente offerta che indicava un importo inferiore.
Tar Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 17/11/2022, n. 410 accoglie il ricorso:
Occorre premettere che il contratto oggetto dell’affidamento per cui è causa è una concessione di servizi, cui si applicano i principi stabiliti in materia di appalti pubblici, ai sensi del comma 2 dell’art. 165 del decreto legislativo n. 50/2016 che dispone: “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”.
Proprio il rinvio ai principi in materia di criteri di aggiudicazione è rilevante ai fini del decidere.
Infatti il principio, acquisito prima dalla giurisprudenza e poi codificato dal comma 2 dell’art. 36 d.lgs. n. 50/2016, prevede che la stazione appaltante può stabilire regole più stringenti di quelle previste dalla legge per l’affidamento dei contratti pubblici sottosoglia.
Pertanto l’amministrazione aggiudicatrice, quando si determina a consultare più operatori per l’affidamento di contratti, ancorché di importo inferiore a € 40.000, avvia pur sempre una procedura di gara.
Nel caso in decisione il procedimento ha avuto avvio con l’invito di più operatori, cui ha fatto seguito la presentazione e la valutazione selettiva delle offerte ed è proseguito con la comparazione delle offerte e la scelta del contraente, mediante applicazione di criteri tabellari di selezione della migliore offerta attributivi di distinti punteggi, sulla base del prezzo di vendita proposto dai concorrenti per ciascuno dei prodotti offerti.
È dunque evidente l’Amministrazione ha inteso dar corso a un confronto competitivo fra gli aderenti all’invito ad offrire.
Trovano pertanto piena applicazione i principi in materia di parità di trattamento degli operatori partecipanti alla gara.
Ciò premesso, il ricorso è fondato.
Ebbene, non è certo rispettoso del principio di parità di trattamento l’operato della stazione appaltante che ha stabilito i criteri di valutazione ad offerte già note, pervenutele via email in allegato non crittografato e immediatamente consultabile al momento della ricezione, come riconosciuto espressamente nella relazione (punto 13) della parte resistente.
Il principio di imparzialità che governa l’operato della pubblica amministrazione, esige, in materia di affidamenti di incarichi e contratti pubblici (declinato per questi ultimi in funzione pro- concorrenziale dal diritto comunitario), che i criteri che l’amministrazione decide di applicare per scegliere il candidato o l’offerta migliore siano preventivamente stabiliti a garanzia del buon andamento.
La regola è stata accolta dall’art. 32, comma 2 del d.lgs. 50/2016 applicabile a tutti i contratti pubblici, ivi comprese le concessioni di servizi in virtù del rinvio posto dal citato art. 164, che dispone: “Prima dell’avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti, in conformità ai propri ordinamenti, decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte”.
I criteri applicati dalla stazione appaltante per attribuire i punteggi alle offerte della ricorrente e della controinteressata non sono menzionati nella lettera di invito, ma appaiono per la prima volta nel verbale di comparazione delle offerte già conosciute dai membri del seggio di gara.
Deve pertanto presumersi che essi siano stati definiti dopo l’avvio della procedura, la ricezione e la visione delle offerte, in aperta violazione del disposto del citato art. 32 comma 2.
Nel caso in decisione risulta violato anche il principio di immodificabilità dell’offerta.
La controinteressata aveva infatti offerto un canone di € 3.500 che ha successivamente integrato fino a € 5.000 con separata nota.
Il verbale di comparazione tiene conto di tale modifica dell’offerta laddove pone a confronto sia i prezzi dei prodotti proposti da ciascuna delle imprese partecipanti, sia l’importo offerto a titolo di canone concessorio.
Non è quindi verosimile, in difetto di specifica motivazione, non rinvenibile nel verbale di comparazione, né nella successiva determina a contrarre, che la stazione appaltante non abbia tenuto conto, come invece sostenuto nella relazione della resistente, anche dell’importo offerto a titolo di canone concessorio per la scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La stazione appaltante, nel valutare l’offerta della controinteressata, come integrata in via postuma, ha dunque violato il principio di immodificabilità dell’offerta che è chiaramente funzionale a garantire la par condicio fra i concorrenti.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti