La ricorrente eccepisce che il provvedimento di risoluzione sia viziato da invalidità.
In particolare, secondo la ricorrente, l’Amministrazione avrebbe agito contro la buona fede, abusando del diritto alla risoluzione del contratto.
Tar Puglia, Bari, Sez. II, 28/02/2023, n. 397, respinge il ricorso, ricordando gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto:
Inoltre, non si rinviene alcun abuso del diritto alla risoluzione.
Va sottolineato che gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto sono i seguenti: la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte (cfr. da ultimo Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. III quater, 12.07.2022, n. 9549, che richiama l’indirizzo ormai consolidato di Cass. Civ., sez. III, 18.09.2009, n. 20106).
L’abuso del diritto, quindi, si rinviene nell’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore o, come nel caso di cui trattasi, dagli atti di pianificazione e di attuazione sottostanti alla pretesa azionata.
A tal riguardo, la giurisprudenza, sia di legittimità sia amministrativa è pacifica nell’affermare che “in tema di contratti, il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve presiedere all’esecuzione del contratto, così come alla sua formazione ed alla sua interpretazione e, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase; pertanto, l’apprezzamento della slealtà del comportamento della parte che invochi la risoluzione del contratto per inadempimento si ripercuote sulla valutazione della gravità dell’inadempimento stesso, nel caso in cui tale soggetto abusi del suo diritto potendo comunque realizzare il suo interesse senza ricorrere al mezzo estremo dell’ablazione del vincolo (Cass., sez. 3, 31 maggio 2010, n. 13208); il principio è stato ribadito di recente proprio con riguardo all’attivazione nei confronti del contraente inadempiente della clausola risolutiva espressa (Cass., sez. 3, ord. 26 giugno 2018, n. 16823)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30.04.2020, n. 2762).
Alla luce di tali considerazioni fattuali e richiamando l’orientamento giurisprudenziale citato, si rende evidente che, in presenza di tali e tanti inadempimenti della concessionaria, l’Amministrazione non avrebbe potuto agire diversamente per proteggere il proprio interesse ad un corretto utilizzo e gestione del servizio affidato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17.12.2020, n. 8100).
Di conseguenza, anche il secondo motivo di ricorso va respinto.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti