Per cui il difetto di sottoscrizione implica la sostanziale mancanza del PEF, che non possiede le caratteristiche richieste dal Bando per poter essere considerato tale.
Questo quanto stabilito da Tar Puglia, Lecce, Sez. II, 01/03/2023, n. 284 nel respingere il ricorso di impresa esclusa dalla procedura per l’affidamento di concessione:
a) ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. vv d. lgs. n. 50/16 (CAP), la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi, in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione;
b) il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Trattasi dunque di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in gioco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare;
c) in questo quadro il piano economico finanziario (PEF) ha la fondamentale funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa, attraverso la “corretta allocazione dei rischi” (art. 165, comma 2 CAP);
d) come condivisibilmente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa: “la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760). In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653)” (C.d.S, V, 4.2.2022, n. 795);
e) nella specie, l’art. 16 del Disciplinare di gara stabilisce che la busta “C — Offerta economica” contiene a pena di esclusione il fac-simile n. 3 e il Piano Economico Finanziario (PEF), e che: “deve essere presentato, a dimostrazione dell’equilibrio economico-finanziario, dei costi gestionali e degli eventuali investimenti con riferimento all’arco temporale della Concessione, quale presupposto per la corretta allocazione dei rischi di cui all’art. 3-comma 1, lettera zz) del D. Lgs. 50/2016, un dettagliato Piano Economico Finanziario sottoscritto, oltre che dal Legale Rappresentante del concorrente o dal suo Procuratore, anche da un Dottore Commercialista o da un Ragioniere abilitato all’esercizio della professione. Il Piano deve contenere la previsione delle voci di entrata e di spesa (es. personale, canoni, utenze, forniture, eventuali investimenti ecc.) che il Concessionario presume di affrontare per la gestione di cui trattasi a dimostrazione della sostenibilità della complessiva Offerta Economica presentata”;
f) avuto riguardo alla suddetta finalità propria del PEF, è dunque necessario che esso sia sottoscritto non solo dal legale rappresentante del concorrente o dal suo procuratore, ma anche da un dottore commercialista o da un ragioniere abilitato all’esercizio della professione, i soli competenti ad asseverare la “corretta allocazione dei rischi” (art. 165, comma 2 CAP), tenuto conto dell’ineliminabile margine di aleatorietà che consegue alla stipula del contratto di concessione (e che manca invece nell’appalto);
g) per tali ragioni, il difetto della relativa sottoscrizione da parte del dottore commercialista o del ragioniere abilitato implica che il documento non contiene le caratteristiche necessarie per poter essere qualificato come PEF, mancando la fondamentale funzione di quest’ultimo, che è quella di consentire all’Amministrazione di valutare la correttezza del criterio di “allocazione dei rischi”;
h) trattandosi di elemento necessario, il difetto di sottoscrizione implica la sostanziale mancanza del PEF, che non possiede dunque le caratteristiche per poter essere considerato tale, non essendo asseverato dai suddetti professionisti (dottore commercialista ovvero ragioniere abilitato all’esercizio della professione);
i) trattandosi di documento da ritenere – per le suesposte ragioni – non sussistente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, la sua mancanza non può essere sanata mediante ricorso all’istituto del soccorso istruttorio, che per pacifica giurisprudenza amministrativa consente di sanare qualunque elemento formale dell’offerta, ma non di formare documenti nuovi, tale dovendo essere un PEF che, non essendo originariamente (i.e: nel termine di presentazione delle offerte) sottoscritto da uno dei suddetti professionisti, implica una nuova valutazione di fattibilità del piano dei rischi da parte di questi ultimi, la qual cosa determina inevitabilmente la formazione di un documento ex novo, oltre la scadenza dei termini, in violazione dei principi della par condicio competitorum e della segretezza dell’offerta tecnica;
j) per tali ragioni, del tutto legittimamente l’Amministrazione ha adottato l’impugnato provvedimento di esclusione, trattandosi di adempimenti doverosi (il PEF “… deve essere presentato” – art. 16 Disciplinare di gara), la cui mancanza impone la suddetta sanzione espulsiva;
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti