Risultavano infatti violazioni definitivamente accertate in materia di pagamento di imposte e tasse.
Ma le risultanze dell’Anagrafe Tributaria, sostiene il ricorrente, sono erronee, in quanto attribuiscono a lui le conseguenze del mancato versamento di tributi quale amministratore di altra società sebbene egli, nel periodo considerato, non rivestisse più la carica di amministratore. Il ricorso viene supportato da adeguata documentazione di comprova.
Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 09/03/2023, n. 393, accoglie il ricorso:
14- Da quanto ora esposto si evince che:
-) l’odierno ricorrente aveva dedotto, a sostegno dell’illegittimità dell’esclusione, un’erronea indicazione delle risultanze dell’Anagrafe tributaria (nel senso di attribuire a lui le conseguenze del mancato versamento di tributi quale amministratore sebbene egli, nel periodo considerato, non rivestisse più la carica di amministratore, come debitamente ha dimostrato) e, da ultimo con istanza del -OMISSIS-, egli aveva chiesto rettifica in tal senso, ovviamente con decorrenza dalla data di cessazione dell’incarico avvenuta il -OMISSIS-;
-) detta rettifica attiene ad una situazione ritenuta ab origine erronea e come tale non è assimilabile alla ben diversa ipotesi della regolarizzazione postuma, che non avrebbe avuto esito parimenti sanante;
-) rispetto a tale richiesta dal riscontro ora esposto, risulta esservi stato un accoglimento da parte dell’Agenzia delle Entrate, che fa inferire che vi sia stata una rettifica della sua posizione a decorrere dalla data di cessazione del munus di amministratore e dunque avvalora la fondatezza della doglianza da questi prospettata.
15- Si soggiunge che anche a fronte di suddetta sopravvenienza l’Amministrazione resistente non ha fornito alcuna controdeduzione o memoria.
È dunque da ritenersi che, sia in virtù dell’onere di allegazione probatoria posto a carico del ricorrente, sia in virtù dell’art. 64, commi 1 e 2 c.p.a. (nel senso che “In applicazione del principio di non contestazione, codificato dall’art. 115 c.p.c. e dell’art. 64, comma 2, c.p.a., i fatti dedotti nel ricorso e non contestati debbono considerarsi provati: ed invero, la collocazione topografica del disposto dell’art. 64, comma 2, c.p.a. deve portare a ritenere che, nell’ambito del processo amministrativo, i fatti non contestati confluiscono nel concetto di prova, menzionato nel comma 1 del medesimo art. 64 c.p.a., con la conseguenza che una volta che la parte abbia adempiuto al suo onere di allegazione, la non contestazione fa assurgere a prova piena quanto dedotto dal ricorrente, senza che al riguardo al giudice sia consentito di fare ricorso ai suoi poteri acquisitivi per accertare quanto non oggetto di contestazione. La mancata contestazione, in particolare, esenta l’altra parte dal provare i fatti per i quali sarebbe gravata dall’onere della prova, dovendosi pertanto attribuire al comportamento non contestativo il valore di relevatio ab onere probandi” (T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 19.1.2021, n.201), le evenienze rappresentate rendono illegittima l’impugnata determinazione di esclusione dell’Amministrazione.
16- In conseguenza di ciò il ricorso deve pertanto trovare accoglimento con annullamento del provvedimento impugnato.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti