In primo grado il ricorso era stato dichiarato irricevibile per tardività. Era stato osservato:
a) che il termine decadenziale (di trenta giorni) per l’impugnazione, ex art. 120, comma 5 cod. proc. amm. doveva decorrere dal giorno di pubblicazione, nell’albo pretorio on line della stazione appaltante, del provvedimento di aggiudicazione;
b) che – pur avendo l’appellante formalizzato (peraltro solo in data 28 giugno 2021) una prima istanza di accesso alla documentazione amministrativa della impresa aggiudicataria, positivamente riscontrata il successivo 14 luglio – il ricorso (con il quale si lamentava l’omessa dichiarazione, nel documento di gara, di gravi illeciti professionali) era stato notificato solo in data 13 settembre 2021 (vale a dire 57 giorni dopo la ridetta pubblicazione), laddove – pur tenendo conto della sospensione feriale dei termini processuali nel periodo dal 1° al 31 agosto – avrebbe dovuto essere notificato entro il 1° settembre 2021, vale a dire entro 45 giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione;
c) che parimenti tardive dovevano ritenersi le (distinte) censure con le quali era stata criticamente dedotta l’anomalia dell’offerta formulata dall’aggiudicataria: e ciò in quanto solo con una seconda istanza ostensiva (proposta il 16 luglio, dopo 29 giorni dalla pubblicazione dell’aggiudicazione) era stato chiesto l’accesso agli atti del relativo subprocedimento esperito dalla commissione valutatrice (non essendo, sul punto, praticabile alcuna dilazione temporale).
Consiglio di Stato, Sez. V, 15/03/2023, n. 2736 respinge l’appello:
1.- L’appello non è fondato e va respinto.
2.- Importa premettere, in termini generali, che la questione della esatta individuazione del termine di impugnazione dei provvedimenti in materia di affidamento dei contratti pubblici è stata, nelle sue linee di fondo, affrontata ed esaminata dalla decisione della Adunanza plenaria n. 12/2020 e, quindi, affinata dalla successiva elaborazione giurisprudenziale.
Si tratta di una problematica che origina da un quadro regolatorio non del tutto omogeneo, nell’ambito del quale a disposizioni normative di ordine processuale e di valenza generale (artt. 41, comma 2, e 120 cod. proc. amm.) si sovrappone, con effetto di concorrenza, una disciplina sostanziale e speciale (artt. 53 e 76, d. lgs. n. 50/2016).
2.1.- In siffatto contesto normativo, la richiamata decisione dell’Adunanza plenaria, in prospettiva nomofilattica, ha esaminato la questione sotto due concorrenti aspetti:
a) l’idoneità della “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara sul profilo Internet della stazione appaltante a far senz’altro decorrere il termine di impugnazione, in relazione a quei vizi percepibili direttamente ed immediatamente dai provvedimenti oggetto di pubblicazione;
b) la corretta individuazione del termine per proporre il ricorso introduttivo nelle ipotesi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso agli atti di gara.
Se ne è desunta, nella prospettiva di adeguata e proporzionata conciliazione del diritto di difesa del concorrente pregiudicato e della celerità dell’azione amministrativa, una articolata e cadenzata scansione temporale, puntualmente ancorata ai diversi momenti di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione di quest’ultima dipenda dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’”accesso informale” con una “richiesta scritta”, nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2° comma, del d .lgs. n. 50/2016.
In dettaglio, l’individuazione del dies a quo risulta così modulata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2022 n. 10470):
a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016;
b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d .lgs. cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale;
c) con “dilazione temporale”, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione);
d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati (cfr. ex multis Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525; Id, 19 gennaio 2021, n. 575).
2.2.- L’ipotesi che, nel caso in esame, occorre considerare è quella di cui supra, sub c) –trattandosi di vizi correlati alla regolarità della documentazione amministrativa ed alla valutazione di anomalia dell’offerta – in ordine alla quale occorre allora, nei sensi chiariti, dare concorrente rilievo, per un verso, alla diligenza dell’operatore economico nella tempestiva formalizzazione della istanza ostensiva e, per altro verso, alla correttezza della stazione appaltante nell’altrettanto tempestiva evasione della stessa.
Ne segue, perciò, che:
a) se l’istanza di accesso è tempestiva (in quanto proposta, come vale ribadire, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) e parimenti tempestivo è il riscontro ostensivo da parte della stazione appaltante, il termine per impugnare (di trenta giorni) subisce una “corrispondente dilazione temporale” (di quindici giorni): di tal che, in definitiva, il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo (certo ed obiettivo) di 45 giorni (dalla comunicazione o pubblicazione);
b) se, per contro, l’istanza di accesso è tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione o pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) non opera, a pro del ricorrente, la ridetta “dilazione temporale”: e ciò in ragione di un bene inteso canone di auto-responsabilità dell’operatore economico che concorre a gare pubbliche e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum;
c) nel caso, invece, di comportamenti ostruzionistici e dilatori imputabili alla stazione appaltante (che non dia puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione), il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell’ostensione della documentazione richiesta (sicché, più che di vera e propria “dilazione temporale”, in tal caso finisce per operare una autonoma e nuova decorrenza del termine).
2.3.- In verità, va dato atto – alla luce della successiva e non del tutto omogenea elaborazione giurisprudenziale – di una diversa, e più articolata, declinazione del riassunto criterio della “dilazione temporale”: essendosi, sul punto, formati, pur nel rispetto delle delineate coordinate e premesse esegetiche, tre diversi orientamenti (in ogni caso relativi alla ipotesi di tempestiva formalizzazione della istanza di accesso, per vizi desumibili solo dall’esame della documentazione di gara):
a) il primo (immediatamente valorizzato e diffusamente argomentato, per esempio, da Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127) propende in ogni caso per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15);
b) il secondo (sposato da Cons. Stato, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792 e, da ultimo, da Id., sez. V, 29 novembre 2022, n. 10470) ritiene, per contro, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l’istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: sicché, in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30);
c) un terzo orientamento (ispirato alla tesi della c.d. “sottrazione dei giorni”: in tal senso, per esempio, essenzialmente nella elaborazione giurisprudenziale di prime cure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater,15 dicembre 2020, n. 13550; T.A.R. Umbria, Sez. I, 19 ottobre 2021, n. 736) ritiene, invece, che – fermo restando che il rifiuto o il differimento dell’accesso da parte della stazione appaltante non determina la “consumazione” del potere di impugnare – ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame: sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l’accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni ‘a carico’ del ricorrente, pari al tempo impiegato tra la partecipazione dell’aggiudicazione e la domanda di accesso.
2.4.- Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento che – in conformità alla soluzione sub a) ed in pedissequa adesione alle direttive nomofilattiche della Adunanza plenaria – individua come (ultimativo) dies ne ultra quem il 45° giorno dalla pubblicazione (o comunicazione) della intervenuta aggiudicazione.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti