Dopo l’omologazione, e salvo che non intervengano la risoluzione o l’annullamento del concordato, viene meno l’esigenza dell’autorizzazione al compimento degli atti di straordinaria amministrazione.
Questo quanto stabilito da Tar Toscana, Sez. II, 20/03/2023, n. 286:
Tanto premesso, l’art. 80 co. 5 lett. b) del d.lgs. n. 50/2016, nel testo introdotto dall’art. 372 co. 1 lett. b) del Codice della crisi d’impresa, approvato, con d.lgs. n. 14/2019, stabilisce che le stazioni appaltanti escludono dalla procedura l’operatore economico che sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo, o nei cui confronti sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n.155 e dall’articolo 110”.
L’art. 110 dello stesso d.lgs. n. 50/2016 rinvia parimenti all’art. 95 del Codice della crisi d’impresa, che, per quanto qui interessa, al comma terzo prevede che “Successivamente al deposito della domanda di cui all’articolo 40, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato”, e, al comma quarto, che “L’autorizzazione consente la partecipazione alla gara previo deposito di una relazione del professionista indipendente che attesta la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento del contratto”.
xxxx sostiene che, ai sensi dell’art. 95 cit., la partecipazione a procedure di appalto pubblico delle imprese in concordato preventivo sarebbe sottoposta a due condizioni cumulative, il conseguimento dell’autorizzazione del giudice e il deposito della relazione attestante la conformità dell’iniziativa al piano concordatario e la capacitò di adempimento del contratto.
L’affermazione è senz’altro condivisibile per le imprese che si trovino nella fase successiva “al deposito della domanda di cui all’art. 40”, rinvio che identifica la disciplina del procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale.
Dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, e fino al decreto di apertura del concordato, il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, mancando la quale gli atti compiuti sono inefficaci. Successivamente al decreto di apertura e fino all’omologazione, sull’istanza di autorizzazione provvede il giudice delegato (art. 46 d.lgs. n. 14/2019).
Il combinato disposto delle norme appena richiamate chiarisce che l’autorizzazione del giudice è necessaria per tutto il periodo compreso tra la presentazione della domanda di accesso al concordato e fino all’omologazione. Conferma se ne trae dal successivo art. 94, che disciplina gli effetti della presentazione della domanda di concordato. Correlativamente, ai fini della partecipazione a gare pubbliche di appalto, l’autorizzazione deve essere preceduta dal deposito della relazione sottoscritta dal professionista indipendente, ai sensi dell’art. 95 co. 3 e 4 del medesimo d.lgs. n. 14/2019.
La procedura di concordato preventivo si chiude con la sentenza di omologazione, che segna l’inizio della fase di esecuzione del concordato, sotto la sorveglianza del commissario giudiziale. Questi deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori e, qualora rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla proposta, o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al Tribunale. Il Tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti e può procedere alla nomina di un amministratore giudiziario affinché compia gli atti necessari a dare esecuzione alla proposta omologata (art. 118 d.lgs. n. 14/2019).
Dopo l’omologazione, e salvo che non intervengano la risoluzione o l’annullamento del concordato, viene meno l’esigenza dell’autorizzazione al compimento degli atti di straordinaria amministrazione e quella richiesta dall’art. 95, la cui necessità costituisce, come detto, uno degli effetti della presentazione della domanda di concordato. L’impresa è restituita alla disponibilità del debitore, tenuto all’adempimento degli obblighi assunti con la proposta concordataria e soggetto alla sorveglianza del commissario, mentre i poteri del giudice si spostano sul versante dei rimedi previsti per il caso di inosservanza di quegli obblighi.
D’altro canto, la continuità aziendale serve a tutelare l’interesse dei creditori ed a preservare, nella misura possibile, i posti di lavoro (art. 84 co. 2 d.lgs. n. 14/2019), richiedendo comunque il voto favorevole dei creditori o il superamento degli eventuali dissensi secondo la disciplina all’uopo stabilita (art. 112 d.lgs. n. 14/2019). E il piano di concordato, oggetto dell’omologa, consta di un piano industriale che deve contenere l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, nonché l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura, tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente. Il piano deve essere inoltre accompagnato dalla relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità e fattibilità dello stesso e, in caso di continuità aziendale, la sua idoneità a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale (art. 87 d.lgs. n. 14/2019).
A fugare ogni dubbio circa la non necessità dell’autorizzazione giudiziale, dopo l’omologa, è la previsione secondo cui la sentenza di omologazione chiude la procedura di concordato preventivo, determinando la cessazione del regime di amministrazione previsto nel corso della procedura, come già chiarito dalla stessa giurisprudenza civile invocata dalla ricorrente, pronunciatasi con riguardo alla disciplina dettata dal R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare). La circostanza che l’esecuzione del concordato preventivo non rappresenti una fase a sé stante rispetto a quella che l’ha preceduta sta a significare che il debitore deve conformare il proprio operato al conseguimento degli obiettivi prefigurati nel piano concordatario omologato, ma non che la sua attività continui a essere sottoposta al medesimo regime previsto durante il corso della procedura di concordato, oramai conclusa (cfr. Cass. civ., sez. VI, 4 febbraio 2021, n. 2656; id., sez. I, 10 gennaio 2018, n. 380).
Se così è, gli artt. 80 co. 5 lett. b) e 110 co. 4 d.lgs. n. 50/2016 vanno intesi nel senso che, per le imprese in stato di concordato preventivo con continuità aziendale, la partecipazione all’affidamento di pubbliche commesse è subordinata all’autorizzazione del giudice soltanto se non sia ancora intervenuta l’omologa del concordato. Dopo l’omologa, l’autorizzazione non occorre, come non occorre che la partecipazione sia accompagnata dal deposito della relazione di un professionista indipendente attestante la conformità al piano concordatario e la capacità dell’impresa di adempiere al contratto, che, nel sistema delineato dall’art. 95 co. 3 e 4 del d.lgs. n. 14/2019, costituisce appunto il presupposto dell’autorizzazione.
Che la necessità dell’autorizzazione del giudice e la presupposta relazione indipendente si collochi nella sola fase che intercorre fra la presentazione della domanda di concordato preventivo e l’omologa del concordato trova conferma, oltre che dalla collocazione della norma nella sezione dedicata agli “Effetti della presentazione della domanda di concordato”, nella lettera dell’art. 95 co. 4. La norma esige che la relazione attesti la conformità al piano concordatario “ove predisposto”, la quale non avrebbe senso se riferita alla fase successiva all’omologazione; e ancora meno senso avrebbe in chiave sistematica, considerato che, lo si è visto, ai fini dell’omologazione è l’intero piano concordatario, e non la partecipazione a una singola gara pubblica d’appalto, a dover essere attestato, mediante relazione di un professionista indipendente, nella sua fattibilità e nella garanzia della sostenibilità economica dell’impresa.
Né, evidentemente, sarebbe ragionevole interpretare l’art. 85 co. 5 lett. b) del d.lgs. n. 50/2016 nel senso di riservare l’ammissione alle gare ai soli concorrenti per i quali la procedura di concordato sia pendente, con esclusione delle imprese per le quali il concordato sia stato omologato, cui l’art. 95 co. 3 e 4 d.lgs. n. 14/2019 non si applica.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti