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Sentenze

Locazione di beni immobili. Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo

Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza di primo grado che aveva stabilito come, non rientrando il contratto di locazione nel novero dei “contratti di fornitura (di cose)” né in quello dei “contratti di (fornitura di) servizi”, la relativa controversia (concernente “diritti soggettivi”) doveva sottoporsi alla giurisdizione del giudice ordinario.

Infatti, la fattispecie in esame ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 17, comma 1, lett. a) del D.Lgs 50/2016.

Come detto, Consiglio di Stato, Sez. V, 12/07/2023, n. 6824 giunge a conclusioni opposte a quelle della sin qui consolidata giurisprudenza:

2.- L’assunto non persuade.

Il Collegio non può esimersi dall’osservare che la posizione delle Sezioni Unite della Cassazione, condivisa acriticamente dal primo giudice, appare in realtà il frutto, in qualche misura tralatizio, di cadenze argomentative che, nel prestare soverchio ossequio a premesse di natura essenzialmente sistematica se non puramente concettuale, finiscono per trascurare, contraddicendo una primaria direttiva esegetica (cfr. art. 12 disp. prel. c.c.), imprescindibili (e decisivi) dati di ordine positivo.

2.1.- In premessa, invero, varrà osservare che i contratti “aventi ad oggetto […] la locazione […] di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili” sono ricompresi nel novero delle “esclusioni specifiche” dal Codice dei contratti pubblici (in tal senso, l’art. 17, comma 1 lettera a) del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, rilevante ratione temporis, il quale peraltro, sotto il profilo in questione, ripete la regola già scolpita dall’art. 19, comma 1 lettera a) del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163; nello stesso senso, ora l’art. 56, comma 1 lettera e) del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36).

L’esenzione, è noto, recepisce de plano la previsione dell’art. 10 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 21 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 10 § 8 della direttiva 2014/23/UE, che traggono alimento, in ragione della tipica localizzazione spaziale propria dei beni “immobili”, dalla postula insussistenza di un rilevante interesse transfrontaliero.

2.2.- La norma consegna all’interprete tre indicazioni:

a) la “locazione […] di beni immobili” stipulata da soggetti pubblici od equiparati (come, per profili diversi e qui non rilevanti, il relativo “acquisto”) rientra – nella prospettiva europea, non meno che in quella nazionale “di recepimento” – nel comprensivo genus degli “appalti” (o anche, secondo i casi, delle “concessioni”) “di servizi”, nel cui ambito è qualificato dal relativo “oggetto”: genus che, come è noto, è in generale più ampio (in quanto residualmente contrapposto ai contratti aventi ad oggetto lavori forniture) di quello prefigurato dalla disciplina del codice civile, che pure resta applicabile al relativo schema negoziale;

b) la sancita inapplicabilità, ai fini della relativa stipula, delle “disposizioni del […] codice” non costituisce, con ciò, un mero corollario della tipologia o della natura del contratto (ovvero del suo specifico oggetto o della sua tipica causa), ma è (semplicemente) il frutto di una espressa (e “specifica”) esclusione positiva;

c) per tal via, non si tratta (per riprendere la acquisita terminologia a suo tempo elaborata da Cons. Stato, ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16) di contratto “estraneo”, ma (solo) di uno dei “contratti […] esclusi […] dall’ambito di applicazione oggettiva del […] codice”, per i quali l’art. 4 del d. lgs. n. 50/2016 (ed ora, con più chiara ma non divergente tassonomia, l’art. 13, comma 5 del d. lgs. n. 36/2023) impone, in ogni caso, il rispetto dei “principi” (di matrice così interna come eurocomune) che ispirano e conformano – nella prospettiva del buon andamento (in termini di economicità, efficacia, efficienza ed orientamento al risultato) e della imparzialità (in termini di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità pubblicità) – l’azione dei soggetti pubblici ( etiam ex art. 97 Cost. e art. 1 l. n. 241/1990).

2.3.- Ne discende, già a questo livello di esegesi, che – per quanto l’individuazione e la selezione del contraente sia sottratta alla puntuale e cadenzata disciplina, formali e sostanziali, delle ordinarie procedure evidenziali (complessivamente evocate, ai fini del riparto di giurisdizione in ordine alle relative controversie, dall’art. 133, comma 1, lettera e), n. 1 cod. proc. amm., con il richiamo alla “normativa comunitaria” ovvero alle specifiche previsioni “della normativa statale o regionale”) – la relativa attività negoziale non è affatto libera deformalizzata come quella che connota, sul piano del fatto, i rapporti interprivati, essendo, per l’appunto, assoggettata a vincoli di diritto, non disponibili, di ordine teleologico (che impongono una congrua motivazione delle scelte, quanto alla relativa convenienza sia economica che funzionale) e di ordine procedimentale (sollecitati dal dovere di rendere pubblica l’iniziativa negoziale e trasparente il comportamento prenegoziale, al fine di garantire un accesso paritario non discriminatorio dei potenziali interessati alla commessa).

2.4.- Se ne trae, del resto, decisiva e positiva conferma dalla previsione (non a caso sottratta alle abrogazioni disposte dall’art. 256 del d. lgs. n. 50/2016 e che trova, come tale, applicazione per tutti i contratti non rientranti, nel senso chiarito, nell’ambito oggettivo del codice) dell’art. 3 del r.d. 18 novembre 2023, n. 2440 (che, a sua volta, informa la contrattualità degli altri enti pubblici: cfr., ad esempio, l’art. 192 del d. lgs. n. 267/2000, relativo agli enti locali), il quale, al comma 2, sancisce che “i contratti dai quali derivi una spesa” (c.d. contratti passivi, tra cui rientra quello oggetto della presente controversia) “debbono essere preceduti da gare”: siffatto obbligo (non si tratta, perciò, di una mera facoltà ovvero del frutto di una opzione di semplice e non imposto autovincolo) legittima bensì un “giudizio discrezionale dell’amministrazione”, ma solo relativamente alla scelta delle sue concrete modalità operative (che – prospettando, in via di principio, l’alternativa tra “pubblico incanto” e “licitazione privata” – confermano, tra l’altro, la residualità ed eccezionalità della forma liminare della semplice trattativa privata).

L’impostazione marcatamente contabilistica che fonda ed ispira (nella tradizionale prospettiva della salvaguardia e massimizzazione dell’interesse pubblico) tale opzione normativa non è, come è noto, venuta meno con l’affermazione dei principi costituzionali ed eurocomuni: i quali, semmai, integrano e corroborano (nella convergente prospettiva della garanzia di un accesso non disparitario e misuratamente concorrenziale alle risorse collettive) le peculiarità evidenziali dell’attività negoziale dei soggetti pubblici.

2.5.- Ed è appena il caso di soggiungere che l’attività che (necessariamente) precede e (positivamente) conforma, nel senso considerato, le modalità di selezione del contraente e l’affidamento del contratto esibisce, di là dal suo tratto semplificato e per più rispetti deformalizzato, i tratti pubblicistici dell’attività amministrativa (l’art. 3, comma 2 cit. ne suona mera conferma, laddove fa parola di “gare” e ne evoca, come si ripete, le modalità aperte ristrette tra le quali l’amministrazione è abilitata a scegliere, secondo le circostanze).

2.6.- A questo punto, è bensì lecito dubitare (ancorché non difettino, in via di principio, argomenti a favore della opzione positiva) che le relative controversie (beninteso, relativamente alle “procedure di affidamento” ed agli altri profili riguardanti “attività amministrative”: arg. ex art. 30, comma 8 d. lgs. n. 50/2016, ed ora ex art. 12, comma 1 lettera a) d. lgs. n. 36/2023) rientrino nell’ambito dell’art. 133, comma 1 lettera e) n. 1 cod. proc. amm., che prefigura una ipotesi, di stretta interpretazione, di giurisdizione esclusiva: ma – in ogni caso – è arduo sottrarre alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo una attività correlata all’operato di soggetti “comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo” (art. 7, comma 2 cod. proc. amm.).

2.7.- Per quanto precede, le premesse che muovono l’orientamento delle Sezioni unite appaiono, di là da ogni altro rilievo, per un verso insufficienti, per altro verso non condivisibili. E così:

a) se è del tutto evidente – per seguire le consuete cadenze argomentative, per come ripetute e ribadite dalla richiamata Cass. n. 5051/2022 – che il “contratto stipulato dalla p.a. per il reperimento di immobili da adibire alla propria attività istituzionale” non sia riconducibile (in quanto rientrante “nella fattispecie tipica della locazione”) ai “contratti di fornitura” (di cose), non è corretto (nella prospettiva – non eludibile, se non al prezzo di ignorarne semplicemente la portata – di cui all’art. 17, comma 1 lettera a) d. lgs. n. 50/2016, di cui si è diffusamente detto e che declina le tipologie negoziali in forme non del tutto sovrapponibili a quelle codicistiche) l’assunto che non si tratti di contratto “di servizi”, ancorché “escluso”;

b) se è del tutto esatto che “la pubblica amministrazione che procede alla locazione di immobili da adibire alla propria attività istituzionale agisce secondo le regole del diritto privato”, ciò deve, nondimeno, dirsi veramente per tutti i contratti (che non siano ad oggetto pubblicoex 11 l. n. 241/1990) stipulati dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della sua (da sempre riconosciuta, già ex art. 11 cod. civ.) “autonomia contrattuale” (cfr., oggi, con chiarezza, l’art. 8 del d. lgs. n. 36/2023): sicché è argomento che prova, di per sé, troppo;

c) è, per contro, errato – perché assunto in contrarietà ai precisi dati di ordine positivo di cui si è dato diffusamente conto – che l’indizione di una “gara per individuare gli immobili” (recte, in realtà: per individuare un potenziale contraente, in quanto proprietario di immobili di cui intenda disporre, trasferendone consensualmente il temporaneo godimento) possa riguardarsi quale “facoltativa”: una “gara”, per contro, è – per quanto condotta secondo modalità evidenziali diverse da quelle del codice dei contratti pubblici, e quindi all’occorrenza anche significativamente semplificate – sempre necessaria (sicché la scelta per una procedura aperta, tramite “avviso pubblico”, come nella vicenda in esame, non va acquisita come mera manifestazione di libertà prefigurativa, ma quale discrezionale opzione per una modalità evidenziale aperta: ex art. 3, comma 2 r.d. n. 2440/2023 cit.);

d) la conclusione secondo cui, perciò, si sia, in tal caso, “in presenza di diritti soggettiviche come tali rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario” risulta frutto di un (malcerto) postulato, piuttosto che del coerente sviluppo di adeguate premesse: le quali, per contro, militano nel diverso senso della sussistenza (anche – non è vano soggiungere, in una prospettiva costituzionalmente rilevante: cfr. artt. 24 e 113 Cost. – a tutela delle effettive posizioni di controinteresse, che, a fronte delle opzioni negoziali operate da soggetti pubblici, non possono venire dequotate, come accade tipicamente e coerentemente nei rapporti interprivati, ad interessi di mero fatto, le cui uniche e prospettiche emergenze remediali non potrebbero attingere, per definizione, la soglia del danno precontrattuale da lesione dell’affidamento, nei limiti dell’interesse negativo) di (più solide) posizioni di interesse legittimo (abilitate a contrastare, con esiti remediali specifici e maggiormente satisfattivi, l’illegittimo operato dell’amministrazione dinanzi al giudice amministrativo).

3.- Le considerazioni che precedono assorbono gli ulteriori rilievi di parte appellante, che sono orientati ad una diversa ed alternativa qualificazione del contratto controverso in termini di contratto “di disponibilità”. La relativa disamina, per quanto di rilievo, va rimessa al giudice di prime cure, che – all’esito della rimessione conseguente al riconoscimento della giurisdizione del giudice amministrativo, giusta l’art. 105, comma 1 cod. proc. amm. – la valuterà nel merito delle prospettate ragioni di doglianza.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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