Consiglio di Stato, Sez. V, 17/08/2023, n. 7787 respinge l’appello:
2.1.- Il motivo non è persuasivo.
Deve, invero, tenersi per fermo, in premessa che il diritto di accesso trova un limite (che è ad un tempo di ordine materiale e di ordine giuridico) nella disponibilità che l’Amministrazione abbia della documentazione di cui si chiede l’ostensione.
Come esattamente ribadito dal primo giudice, la possibilità di acquisire (anche tramite visione od estrazione di copia) i documenti postula la materiale detenzione dell’Amministrazione cui è rivolta l’istanza (e ciò sia allorché alla stessa sia giuridicamente imputabile la relativa formazione, sia – ancor più – allorché, come nella specie, la stessa sia stata destinataria del relativo trasferimento).
Siffatto presupposto va acquisito in termini di fatto costitutivo della pretesa ostensiva, sicché – giusta l’ordinaria cadenza dell’onere probatorio: cfr. art. 2697 c.c. – la sua (allegazione e) dimostrazione grava sulla parte che intenda far valere il diritto, la quale può, beninteso, assolvervi anche attraverso presunzioni ovvero in via indiziaria. Deve, in altri termini, negarsi che, sotto un profilo formale, sia l’indisponibilità del documento a concretare fatto impeditivo (la cui dimostrazione graverebbe, assecondando le premesse dell’appellante, sulla parte resistente): e ciò se non altro perché, come intuito dal primo giudice, il fatto costitutivo è, in via di principio e salvo giustificate ragioni, di ordine positivo e non negativo (nel che sta, in fondo, il vero e bene inteso fondamento del canone secondo cui negativa non sunt probanda).
D’altra parte – sotto un convergente profilo sostanziale – è anche esatto che, sempre in via di principio, ad impossibilia nemo tenetur: sicché, in assenza di prova della effettiva esistenza e disponibilità della documentazione richiesta, non è possibile erogare una ingiunzione alla relativa ostensione, che risulterebbe per definizione (cioè: ex ante ed in abstracto) insuscettibile di essere eseguita.
Orbene, nel caso di specie, il TAR ha ritenuto di rigettare il ricorso in considerazione del fatto che l’onere della prova in ordine alla detenzione dei documenti da parte di ………., cui era rivolta l’istanza, non era stato adeguatamente assolto.
In particolare, sotto un profilo indiziario, ha valorizzato il dato per cui – a fronte della dichiarazione, resa da ………., di non aver mai ricevuto in consegna la documentazione de qua – non potesse rilevare l’insistito riferimento agli obblighi nascenti dal contratto di cessione intercorso tra le parti, dal quale era dato evincere solo l’obbligo a consegnare alle acquirenti, entro la data convenuta, gli impianti, i beni e la documentazione necessari ai fini della prosecuzione dell’attività, ma non “la documentazione relativa alle attività conclusesi parecchi anni addietro”.
Il che val quanto dire che – in assenza di più circostanziate allegazioni indiziarie – il (mero) riferimento al contratto di cessione non costituiva, di per sé, dimostrazione della (quanto meno probabile e verisimile) consegna della documentazione di cui si controverte.
A fronte di tali risultanze, si deve ribadire che “ove l’amministrazione dichiari di non detenere il documento, assumendosi la responsabilità della veridicità della sua affermazione, non sarà possibile l’esercizio dell’accesso. Al cospetto di una dichiarazione espressa dell’amministrazione di inesistenza di un determinato atto, non vi sono margini per ordinare l’accesso, rischiandosi altrimenti una statuizione impossibile da eseguire per mancanza del suo oggetto, che si profilerebbe, dunque, come inutiliter data” (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, n. 2142/2020).
Resta fermo, beninteso, che l’appellante resta abilitato a formalizzare nuove richieste di accesso, nei confronti dell’Amministrazione comunale che ebbe a formare i documenti, anche nella prospettiva della ricostruzione dei percorsi correlati alla loro eventuale traslazione ad altri soggetti, in virtù delle articolate vicende negoziali intercorse tra le parti.