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Sentenze

L’omissione dichiarativa non è equiparabile alla falsità e non costituisce di per sé autonoma causa escludente

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, ricorda come l’omissione dichiarativa non sia equiparabile alla falsità e non costituisca di per sé autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 03/10/2023, n. 8642:

8.7. Per completezza, il Collegio osserva poi che, come dedotto dal RTI originario ricorrente, l’esclusione è stata disposta per la sola omessa dichiarazione del precedente provvedimento espulsivo, in assenza, tuttavia, di qualsivoglia valutazione sulla rilevanza dei fatti ai fini del giudizio sull’affidabilità professionale del concorrente: giudizio di cui, in effetti, non vi è traccia nel provvedimento impugnato (Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2021, n. 307; 27 ottobre 2021, n. 7223).

8.7.1. Ne consegue che anche sotto tale profilo il provvedimento di esclusione impugnato non può ritenersi legittimo.

8.7.2. Infatti, in caso di omissioni dichiarative di precedenti vicende professionali suscettibili di integrare un “ grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, non è prevista l’automatica espulsione dell’operatore economico dalla procedura di gara, ma la stazione appaltante, venuta a conoscenza della pregressa vicenda, è tenuta a valutare se essa porti a dubitare dell’integrità dell’operatore economico e della sua affidabilità quanto all’esecuzione del contratto di appalto.

8.7.3. In tal senso è consolidata la giurisprudenza amministrativa, che con la sentenza dell’Adunanza plenaria 28 agosto 2020, n. 16 ha precisato che l’omissione dichiarativa non è equiparabile alla falsità e non costituisce di per sé autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2022, n. 4965; III, 10 marzo 2021, n. 2043; V, 22 febbraio 2021, n. 1542; V, 14 giugno 2021, n. 4574; V, 15 giugno 2021, 4641).

8.8. Rammentato che l’omessa dichiarazione di fatti che potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai nell’art. 80, comma 5, lett. c) autonoma causa di esclusione (né lo è ai sensi della lett. f-bis), della medesima disposizione, la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera, ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà: v. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2021, n. 2355), il provvedimento impugnato ha invece del tutto pretermesso una valutazione “in concreto” del fatto omesso e della idoneità decettiva dell’omissione, nonché dell’adeguatezza delle misure di self cleaning, la cui adozione è stata documentalmente provata dalla società nel sub-procedimento di soccorso istruttorio (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 30 settembre 2020 n. 5732), facendo conseguire automaticamente l’esclusione all’omessa dichiarazione.

8.9. Né sussiste l’obbligo dichiarativo di precedenti esclusioni invocato dalla Stazione appaltante, trovando applicazione nella specie il condiviso principio secondo il quale il partecipante ad una gara non è tenuto a dichiarare (e, pertanto n,on incorre in omissione informativa rilevante ai sensi ai dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), del d.lgs. n. 50/2016) le esclusioni disposte nei suoi confronti in precedenti gare, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione che potrebbe dar luogo all’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura selettiva si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata, non avendo efficacia ultrattiva in altre procedure, pena, in caso contrario, l’inammissibile riproducibilità a strascico della medesima sanzione espulsiva (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2021 n. 1000, 27 settembre 2019 n. 6490 e 9 gennaio 2019 n. 196;

8.9.1. L’esclusione, infatti, rileva non in sé come un grave illecito, ma al più come adeguato mezzo di prova dei gravi illeciti professionali da cui è scaturita (cfr. in tal senso, Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2022, n. 8336 e giurisprudenza ivi richiamata).

9. All’infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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