Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. III, 12/10/2023, n. 8896:
4. Come già chiarito dalla citata ordinanza cautelare in relazione alla pretesa complessivamente azionata dall’appellante (con riferimento ai singoli profili fatti oggetto di specifica censura in questo giudizio), essa non risulta assistita da fondamento avuto riguardo all’esercizio del potere di autotutela in funzione delle esigenze del committente pubblico.
Nel caso di specie la legittimità dell’esercizio del potere di revoca degli atti di gara deriva proprio dalla considerazione delle esigenze della commessa pubblica, che devono considerarsi funzionalmente condizionanti la procedura in vista del soddisfacimento degli interessi pubblici portati dall’amministrazione aggiudicatrice (costituenti il fine primario della procedura medesima).
Per pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è ammessa la revocabilità di una gara fino all’aggiudicazione definitiva (sentenza n. 2095/2016), ed anche successivamente purché non oltre la stipula del contratto (sentenza n. 2013/2015), dal momento che “la revoca dell’aggiudicazione è legittima se sorretta dall’interesse pubblico alla corretta gestione delle risorse collettive, interesse di per sé superiore all’interesse particolare dell’impresa a conservare l’aggiudicazione” (sentenza n. 833/2022).
Con riguardo alla specifica fattispecie dedotta, la primarietà dell’interesse pubblico cui la commessa era preordinata determina, in un’ottica conservativa, la recessività delle istanze procedimentali, che comunque non avrebbero potuto avere incidenza sul contenuto del provvedimento adottato, in ragione della inadeguatezza dell’atto revocato a soddisfare tale interesse (dal momento che, come accennato, era mutato nel frattempo il numero delle risorse necessarie rispetto al servizio in questione).
Come correttamente rilevato dal TAR, pertanto, “benché la revoca riguardi formalmente solo l’indizione della seconda procedura (richiesta di offerta con modalità telematica n. 3517846/2023) è chiaro che l’amministrazione intende procedere a una nuova procedura per soddisfare le proprie esigenze, sì come modificatesi più di recente. (…) Vi è che la società ricorrente non contesta che all’attualità il ………….. necessiti, come richiesto dal responsabile della struttura, della presenza di un’ulteriore guardia giurata a tempo pieno, rispetto al numero originariamente previsto”.
Viceversa tale diversa ricognizione del fabbisogno è decisiva ai fini della individuazione dell’interesse pubblico che sorregge e giustifica la procedura.
Anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, secondo comma, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha chiaramente affermato che in materia di contratti pubblici la tutela della concorrenza rappresenti piuttosto un mezzo, e non un fine, rispetto allo scopo di “conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”, un simile principio era infatti considerato immanente al sistema dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (si vedano, ex multis, le sentenze nn. 1076/2020, 7138/2020, 10673/2022, 5179/2023, 4086/2020; quest’ultima, in particolare, ha chiarito che “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”.