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Sentenze

L’ammissione delle associazioni di volontariato alla gara implica la possibilità di impiegare nel servizio anche personale volontario

Accordo quadro per l’affidamento del servizio di noleggio di automediche dotate di autista e infermiere con posizionamento sul territorio aziendale.

Parte ricorrente sostiene la violazione da parte dell’aggiudicataria del CSA secondo cui il servizio deve essere erogato con personale proprio. Secondo la ricorrente in virtù di tale previsione sarebbero ricompresi solo i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato con esclusione del personale volontario al quale, viceversa, ha fatto ricorso il raggruppamento aggiudicatario ed il contrasto con il Codice del Terzo Settore – secondo cui le associazioni di volontariato possono svolgere altre attività solo se previsto nell’atto costitutivo o nello statuto – desumibile dalla dichiarazione resa dall’operatore in sede di giustificazioni circa il reinvestimento degli utili conseguiti in attività istituzionali.

Tar Campania, Napoli, Sez. V, 04/12/2023 n. 6670 respinge il ricorso:

Il Tribunale non condivide, inoltre, le contestazioni sulla previsione dell’impiego di personale volontario da parte del raggruppamento aggiudicatario.

Al riguardo, giova rilevare che la disciplina di gara non proibiva tale utilizzo e, anzi, in sede di chiarimenti, l’A.S.L. ha ammesso espressamente tale facoltà. Si aggiunga che la tesi liberale risulta corroborata anche dall’orientamento di questo T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 353/2023 (punto 4), secondo cui l’ammissione delle associazioni di volontariato alla gara implica, quale logico corollario, la possibilità di impiegare nel servizio anche personale volontario, altrimenti la clausola partecipativa resterebbe priva di senso; anche in riferimento a tale profilo, va ribadito che l’opposta interpretazione colliderebbe con il principio del favor partecipationis in quanto si tradurrebbe in una illegittima clausola limitativa della partecipazione degli operatori del settore.

Con riguardo all’ulteriore argomentazione attorea circa la presunta violazione del D. Lgs. n. 117/2017, va rilevato che, ai sensi dell’art. 6 del citato decreto, gli enti del c.d. “Terzo settore” possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo 5 (attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) “a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale”.

Ebbene, la tesi sostenuta nel ricorso (in ordine alle natura secondaria dell’attività oggetto di appalto) non può desumersi dalla dichiarazione resa dalla controinteressata circa la destinazione degli utili ad attività istituzionali; al riguardo, non può escludersi, infatti, che quella dedotta dell’appalto debba essere ascritta proprio alle attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. n. 117/2017 che, tra l’altro, ricomprendono, alla lett. b), gli “interventi e prestazioni sanitarie”. Sotto distinto profilo, la dichiarazione resa sul reinvestimento, in conformità alla disciplina di settore, degli utili nell’attività sociale appare coerente con le previsioni contenute nell’art. 8 del D. Lgs. n. 117/2017 secondo cui: a) “Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” (comma 1); b) “Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo” (comma 2).

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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