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Sentenze

Scorporo della manodopera: la prima pronuncia promuove il bando tipo ANAC

La gara

Nell’ambito di una gara per l’affidamento del servizio asilo nido il disciplinare di gara prevedeva quanto segue: “l’importo posto a base d’appalto è distinto come segue: Descrizione servizi CPV:

– Servizi di assistenza sociale 85310000-5, euro 223.566,85;

– Servizio di mensa scolastica 55523100-3, euro 37.112,60,

Importo del servizio € 261.679,45

– Oneri per la sicurezza da interferenze non soggetti a ribasso € 1.000,00:

Importo a base d’asta € 260.679,45”.

 L’importo a base di gara comprende i costi della manodopera che la stazione appaltante ha stimato pari ad € 223.566,85. Ai sensi dell’articolo 41 comma 14 del Codice, i costi della manodopera non sono ribassabili. Resta la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale o da sgravi contributivi che non comportano penalizzazioni per la manodopera”.

Il Capitolato speciale d’appalto prevedeva viceversa che “l’importo complessivo dell’appalto … ammonta ad euro 261.679,45, oltre IVA e oneri di sicurezza inclusi. La base d’asta sarà pari ad euro 37.112,60, esclusa Iva se dovuta, al netto degli oneri di sicurezza pari ad euro 1.000,00 non soggetti a ribasso”.

I fatti che hanno originato il contenzioso

Un offerente presenta un ribasso percentuale del 47,70%, precisando nella medesima offerta che i costi della manodopera del servizio sono pari a euro 205.299,70 e che gli oneri di sicurezza ammontano a euro 1.000,00.

La stazione appaltante verbalizza che detto offerente “ha ottenuto un punteggio totale di 100,00 e ha presentato un ribasso percentuale sull’offerta economica del 47,70%, pari ad un importo offerto di euro 136.335,35, oltre oneri non soggetti a ribasso pari ad euro 1.000,00”.

L’offerente evidenzia che il ribasso del 47,70 per cento era rivolto all’unica componente della base d’asta “ribassabile”, vale a dire gli oneri di gestione pari a euro 37.112,60 e indicati quale “base d’asta” dall’art. 4 del capitolato speciale, e non all’importo complessivo dell’appalto di euro 260.679,45.

La CUC esclude l’offerente per anomalia dell’offerta, il quale impugna il provvedimento di esclusione.

Il giudizio

T.A.R. Sicilia, III, 19 dicembre 2023, n. 3787 ritiene che “sia il bando che il disciplinare, e analogamente il capitolato, come si evince dalla rassegna delle disposizioni trascritte nella parte in fatto della presente decisione, enucleano e distinguono chiaramente all’interno dell’importo complessivo dell’appalto le componenti di costo ribassabili (riferite al servizio di mensa scolastica per € 37.112,60) da quelle non ribassabili (gli oneri per la sicurezza nella misura di € 1.000,00 e i costi della manodopera per l’importo stimato di € 223.566,85), pur prevedendo che il ribasso sia espresso in termini percentuali sull’importo posto a base d’appalto comprensivo dei costi della manodopera.

Tale soluzione, solo in apparenza distonica rispetto alla natura non ribassabile dei costi della manodopera, è in realtà conforme all’impianto generale della norma di rango primario, posto che l’art. 41, comma 14, del nuovo Codice dei contratti pubblici, se da un lato afferma che i “costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso” (cosa che è stata puntualmente fatta nella formulazione dei documenti della gara per cui è controversia), dall’altro consente comunque all’operatore economico “di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

Pertanto, contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente con i primi due motivi, la non “ribassabilità” dei costi della manodopera, normativamente prevista, non impone implicitamente anche lo scorporo di questi ultimi dalla base d’asta né tale opzione è stata concretamente assunta dalla lex specialis, visto che l’importo a base d’asta è fissato espressamente tanto dal punto 10 del bando quanto dal punto 12 del disciplinare in € 260.679,45, con la precisazione che “L’importo a base di gara comprende i costi della manodopera che la stazione appaltante ha stimato pari ad € 223.566,85”.

Il Collegio accoglie tuttavia il ricorso ritenendo che “il rifiuto di riconsiderare il contenuto dell’offerta economica alla luce dei chiarimenti offerti, nonostante l’esistenza di una evidente anomalia nella formulazione dell’offerta tale da manifestare un errore ostativo (attinente cioè non alla formazione della volontà negoziale dell’offerente, ma alla sua semplice esternazione), integra senza dubbio una violazione dei principi di buona fede e affidamento che, ai sensi dell’art. 5, d.lgs. n. 36/2023, reggono ogni procedura di gara e impongono l’obbligo del soccorso istruttorio e procedimentale nei casi previsti dall’art. 101 del nuovo Codice dei contratti pubblici, tanto più nel caso in esame in cui all’inesatta individuazione della base d’asta a cui riferire il ribasso percentuale espresso ha contribuito non poco – come si è visto – l’infelice formulazione testuale dell’art. 4 del capitolato speciale d’appalto“.

* * *

In questo articolo abbiamo già avuto modo di chiarire perché, a nostro sommesso avviso, la distonia negata dal T.A.R. siculo è viceversa pienamente sussistente. Ma così è, se vi pare, e pragmaticamente conviene oggi seguire detto indirizzo dettato dall’ANAC, dal MIT, e dalla prima giurisprudenza.

Non si può che sperare in un appello incidentale per vedere il primo motivo rigettato dal T.A.R. scrutinato in secondo grado, per porre quanto prima la parola fine sulla corretta interpretazione di una norma la cui scrittura desta un null’affatto “distonico” imbarazzo…

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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