La società appellante censura la sentenza di primo grado per aver ingiustamente respinto la dedotta violazione dell’art. 80, comma 5, lett c) e c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016, per l’omessa dichiarazione dell’aggiudicataria circa l’avvio di una istruttoria dell’AGCM, per accertare l’esistenza di violazioni dell’articolo 101 del TFUE.
Con un secondo profilo ribadisce, infine, anche il profilo della falsità e reticenza per l’omessa dichiarazione della pendenza del procedimento dell’AGCM, che rileverebbe in via autonoma ai sensi delle lettere c-bis) e f-bis) dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016. In tal senso richiama l’indirizzo della giurisprudenza secondo cui sussiste, in capo ai partecipanti alle procedure d’appalto, l’obbligo di comunicare alla stazione appaltante, nel corso della gara, tutte le vicende, anche sopravvenute, attinenti allo svolgimento della propria attività professionale, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare l’eventuale incidenza di tali precedenti sulla reale affidabilità, morale e professionale, dei concorrenti. Ne consegue che anche l’avvio dell’istruttoria doveva essere comunicata.
Consiglio di Stato, Sez. V, 18/01/2024, n. 605 respinge l’appello:
7.1. Le censure sono infondate.
7.2. Con essi sono poste essenzialmente due questioni: se – per i partecipanti alla procedura di gara – sussista l’obbligo di dichiarare o comunicare alla stazione appaltante tutti quei fatti, anche verificatisi nel corso della procedura di gara, che potrebbero assumere rilevanza ai fini della valutazione di affidabilità dell’operatore economico e della sua eventuale esclusione dalla gara; se nell’ambito di tali obblighi rientri anche quello di comunicare l’avvio di un procedimento per illeciti antitrust, da parte dell’Autorità garante della concorrenza, anche se il procedimento non sia stato definito con un provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’impresa partecipante alla procedura di gara.
7.2.1. Quanto alla prima questione, la rilevanza dell’omissione dichiarativa deve essere vagliata, come accennato, alla luce dell’art. 80, comma 5, lettere c) e c-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui «Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico qualora: […] c) [dimostrino] con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) […] l’operatore economico […] abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione») e del costante indirizzo giurisprudenziale (in tal senso impostato fin dall’ordinanza di questa Sezione, 9 aprile 2020, n. 2332, ed ivi ulteriori riferimenti) secondo cui la norma in questione, quanto agli obblighi dichiarativi posti a carico del partecipante alla procedura di gara, ha un carattere aperto, in grado di comprendere tutti quei fatti riguardanti l’operatore economico, di cui sia accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, qualificabili come gravi illeciti professionali e quindi possibili oggetti della valutazione di incidenza sulla sua affidabilità professionale. La enucleazione (dalla originaria formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), per l’intervento dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12) delle autonome fattispecie attualmente descritte dalle lettere c-bis), c-ter) e c-quater), dell’art. 80, comma 5, comporta come conseguenza che la norma di cui alla lett. c) assume la funzione di norma di chiusura o residuale, in cui rientrano, per l’appunto, tutte le condotte ascrivibili all’operatore economico suscettibili di incidere sulla sua affidabilità professionale. Il carattere aperto del catalogo di illeciti professionali rilevanti trova un bilanciamento nell’esigenza di uno specifico apprezzamento della stazione appaltante circa il valore dei fatti, che deve investire, in prima battuta, la qualifica di gravità dell’illecito professionale e successivamente la sua incidenza sull’affidabilità professionale dell’operatore economico. Sviluppando quanto affermato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 28 agosto 2020, n. 16 [cfr. §§ 12 e 18 del diritto, anche se la fattispecie esaminata dalla Plenaria ha riguardato l’art. 80, comma 5, lett. c), nel testo vigente prima delle modifiche introdotte col decreto-legge n. 135 del 2018 cit.) deve ritenersi che la valutazione riservata alla stazione appaltante sui due profili richiamati rappresenti l’elemento specializzante della causa di esclusione in esame rispetto alla causa di esclusione descritta nella lett. f-bis) (introdotta dall’art. 49 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che impone l’automatica esclusione dell’operatore economico il quale abbia presentato in gara «documentazione o dichiarazioni non veritiere»). I rapporti tra le due norme configurano, in effetti, un caso di specialità reciproca. La fattispecie di cui alla lett. c) è speciale, per aggiunta, rispetto alla fattispecie di cui alla lett. f-bis), perché oltre agli elementi di quest’ultima contempla l’elemento ulteriore della valutazione riservata alla stazione appaltante della incidenza sulla affidabilità dell’operatore economico. La fattispecie di cui alla lett. f-bis) è a sua volta speciale, per specificazione, perché in essa non rientrano tutti i gravi illeciti professionali dell’operatore economico ma solo quelli costituiti dall’aver presentato in gara documentazione o dichiarazioni non veritiere.
7.2.2. Si conferma, quindi, per un verso, che la causa di esclusione di cui alla lett. c) è una norma residuale perché idonea a ricomprendere nello spettro valutativo dell’affidabilità professionale qualsiasi fatto o condotta violativa di norme civili, penali o amministrative, se connotato in termini di grave illecito professionale. Per altro verso, l’omessa dichiarazione di fatti che potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai [nell’art. 80, comma 5, lett. c)] autonoma causa di esclusione [né lo è ai sensi della lett. f-bis)], la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera (ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà), non alla dichiarazione reticente o alla omissione della dichiarazione; e quindi si applica alle sole ipotesi in cui – come affermato dall’Adunanza Plenaria n. 16 del 2020, al § 18 del diritto – «le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità […]»].
In linea generale, dunque, la previsione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), non configura un autonomo onere dichiarativo in capo all’operatore economico che partecipi alla procedura di gara la cui violazione costituisca una autonoma causa di esclusione.
7.2.3. Una conclusione in tal senso non è autorizzata nemmeno ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c-bis) (il quale prevede l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore economico che «abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione»). Sul punto va rilevato che, secondo il condivisibile indirizzo della giurisprudenza, anche in questa ipotesi, la sola omissione dichiarativa non configura un’autonoma causa di esclusione, posto che la norma richiede anche una valutazione in concreto della stazione appaltante, che «dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni […]» (cfr. Ad. Plen. 28 agosto 2020, n. 16; in senso conforme Sez. V, 14 luglio 2022, n. 5990; V, 15 giugno 2021, n. 4641; V, 14 giugno 2021, n. 4574; V, 22 febbraio 2021, n. 1542).
L’omissione dichiarativa, dunque, non è equiparabile alla falsità e non costituisce autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta secondo i modelli normativi sopra richiamati.
7.2.4. Quale notazione conclusiva, è appena il caso di precisare che eventuali obblighi informativi a carico dell’operatore economico possono trovare la loro fonte legittima solo nelle disposizioni del codice dei contratti pubblici o della lex specialis di gara che imponga di portare a conoscenza della stazione appaltante quelle notizie astrattamente idonee a incidere sull’integrità o l’affidabilità del concorrente (in tal senso la citata Ad. plen. n. 16 del 2020, nonché Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4316; id., 5 agosto 2020, n. 4937; id., 28 dicembre 2020, n. 8406; id., 11 marzo 2021, n. 2350); tuttavia, anche in queste ipotesi, la rilevanza quale autonoma causa di esclusione va misurata alla stregua delle varie fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, cit., salva diversa disposizione di legge; mentre non sarebbe sufficiente la previsione del bando di gara che attribuisca valenza espulsiva alla mera violazione degli obblighi dichiarativi, perché la clausola incorrerebbe nella sanzione della nullità per contrasto col principio di tassatività delle cause di esclusione.
7.2.5. Le anzidette acquisizioni giurisprudenziali trovano applicazione – per quel che rileva nel caso di specie – non solo con riguardo all’obbligo dell’impresa di portare a conoscenza della stazione appaltante la pendenza presso l’Autorità antitrust di un procedimento avente per oggetto fatti astrattamente idonei a integrare un grave illecito professionale, ma anche con riferimento all’obbligo di comunicare l’emanazione del provvedimento dell’AGCM.
7.3. Sulla seconda questione, è bene anzitutto precisare che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato non è revocabile in dubbio l’assunto secondo cui, in linea di principio, rientra nell’ambito dei gravi illeciti professionali valutabili ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, anche la condotta costituente illecito anticoncorrenziale, accertata e sanzionata mediante il provvedimento dell’AGCM (in termini cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635 e da ultimo Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845; va rammentato, peraltro, che in precedenza la giurisprudenza aveva escluso la rilevanza del provvedimento sanzionatorio antitrust quale grave errore professionale non perché ritenesse necessario il previo accertamento dell’illecito da parte dell’Autorità o il previo vaglio giurisdizionale ma perché – interpretando l’allora vigente art. 38, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 163 del 2006 – i fatti rilevanti erano esclusivamente quelli relativi alla fase esecutiva dell’appalto, e non quei fatti commessi nel corso della procedura di affidamento del contratto: cfr. Consiglio di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704 e 5 febbraio 2018, n. 722, richiamate anche nell’ordinanza del T.a.r. per il Piemonte che ha disposto il rinvio pregiudiziale deciso con l’ordinanza della Corte di giustizia U.E., XI sez., 4 giugno 2019, nella causa C-425/18).
7.3.1. Per completezza va rilevato che proprio nella citata ordinanza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-425/18, al punto 32 della motivazione è stato precisato, in termini generali, che «l’accertamento di un tale errore [professionale] non richiede una sentenza passata in giudicato (sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact, C-465/11, EU:C:2012:801, punto 28)», sottolineando come «la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore»; e al punto 33 conclude affermando che «la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione […]».
7.3.2. Né si può fondatamente sostenere che il passo della motivazione sopra riferito (punti 32 e 33 dell’ordinanza) costituisca un mero obiter, sganciato dai fatti di causa e quindi non rappresentativo della effettiva ratio decidendi. Conclusione che va esclusa sia perché la Corte di giustizia non si limita a esternare una mera argomentazione incidentale ma richiama puntualmente un precedente specifico sulla questione (Corte di giustizia dell’U.E., sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact, C-465/11, punto 28), che si era già espresso nel senso che il fatto rilevante come errore professionale non deve essere necessariamente accertato con sentenza passata in giudicato; sia per ragioni di ordine generale riguardanti l’interpretazione delle sentenze degli organi giurisdizionali superiori che giudicano sulla legittimità di atti normativi, per le quali la stessa distinzione tra ratio decidendi e obiter dictum perde di significato, giacché le affermazioni di principio contenute nelle motivazioni di quelle pronunce, da considerare sempre nella loro totalità, hanno di mira la tutela di norme e di valori che travalicano la stretta connessione con la concreta fattispecie oggetto di controversia (connessione, invece, di cui occorre tenere conto nel valutare l’efficacia di precedente della sentenza di un giudice comune).
7.3.3. L’ordinanza della Corte di giustizia, pertanto, va correttamente intesa nel senso che la nozione di grave illecito professionale (o di errore grave nell’esercizio della propria attività professionale) comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico, che – con riferimento alle condotte costituenti illeciti antitrust – assumono rilevanza quando siano oggetto di un provvedimento emesso dall’autorità nazionale in materia (conformemente alle già citate Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635; V, 7 febbraio 2022, n. 845).
La medesima pronuncia della Corte di giustizia ha inoltre ribadito (al punto 34) che la decisione dell’autorità garante della concorrenza «non può comportare l’esclusione automatica di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, conformemente al principio di proporzionalità, l’accertamento della sussistenza di un “errore grave” necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato». Il che, peraltro, corrisponde a un principio costantemente affermato dalla giurisprudenza nazionale (basti il richiamo alla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2020), nonché al requisito di fattispecie testualmente richiesto dall’art. 80, comma 5, lettera c).
7.3.4. In maniera ancora più decisa, la Corte di giustizia dell’U.E., già con la decisione 24 ottobre 2018, in causa C-124/17, aveva precisato che l’illecito antitrust può assumere rilevanza quale causa di esclusione dalla gara solo se sia stato oggetto di una decisione dell’Autorità che abbia sanzionato il comportamento dell’impresa (una decisione, si precisa ai punti 38 e 39 della sentenza da ultimo citata, «pronunciata nell’ambito di una procedura disciplinata dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale e intesa a constatare un comportamento che viola una norma di diritto», posto che «l’esistenza di comportamenti restrittivi della concorrenza può essere dimostrata solo dopo una decisione che qualifichi giuridicamente i fatti in tal senso»). La pronuncia si riferisce specificamente al motivo di esclusione di cui all’art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici (lettera d): aver partecipato ad accordi diretti a falsare la concorrenza), ma la ratio, sottesa alla necessità che la condotta che configura un illecito antitrust scaturisca da un processo di qualificazione del fatto da parte dell’Autorità antitrust, si deve estendere anche agli altri motivi di esclusione per i quali rilevi il medesimo fatto di illecito antitrust.
7.3.5. Ciò posto in termini generali, applicando gli enunciati principi al caso di specie, risulta che il procedimento per illecito antitrust era stato avviato nei confronti della ………… ma non concluso con un provvedimento sanzionatorio dell’Autorità.
Ne deriva che la vicenda che ha portato all’avvio del procedimento non assume rilevanza ai fini della esclusione dell’operatore economico dalla gara.