Nel rigettare il ricorso, il Tar Lazio ribadisce come sia legittima la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto disposta dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto, da parte dell’aggiudicatario, di stipulare il relativo contratto d’appalto, e ciò anche quando il termine per la stipula del contratto sia scaduto.
Questo quanto ribadito da Tar Lazio, Roma, Sez. V, 19/01/2024 n. 928:
Ebbene, quanto all’esercizio del potere di revoca deve essere osservato che nelle gare pubbliche è legittima la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto disposta dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto, da parte dell’aggiudicatario, di stipulare il relativo contratto d’appalto, e ciò anche quando il termine per la stipula del contratto sia scaduto.
A questo riguardo, invero, si concorda con quell’orientamento a mente del quale “l’infruttuoso decorso del termine di cui all’art. 32, comma 8, del d.gs. n. 50/2016 previsto per la sottoscrizione del contratto di appalto non preclude affatto la possibilità di stipularlo, stante la natura meramente ordinatoria dello stesso” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 2022, n. 5991).
Quanto all’obbligo di sottoscrizione del contratto entro il termine di 60 giorni previsto dalla legge, infatti, si osserva che l’art. 32 del codice dei contratti è posto a tutela dell’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi.
Da ciò deriva che, di fronte all’inerzia dell’amministrazione che si sottrae all’obbligo di stipulare il contratto, l’operatore economico ha di fronte a sé due opzioni: a) svincolarsi dalla propria offerta; b) proporre azione avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 del d.lgs. n. 104/2010 al fine di ottenere la condanna dell’amministrazione pubblica a provvedere.
A ben vedere, in entrambi i casi, il presupposto legittimante è l’inerzia dell’amministrazione, inerzia che qui non vi è stata in quanto la ricorrente si è aggiudicata la gara pretendendo poi di stipulare un contratto diverso rispetto a quello scaturito dalla procedura ad evidenza pubblica.
Prova di questo atteggiamento è il lungo carteggio intercorso tra la ricorrente e ATER, rivelatore di lunghe trattative (cui peraltro l’Amministrazione non era obbligata ad aderire) volte alla stipula di un contratto conforme alle richieste dell’operatore economico.
L’art. 32 comma 8 del Codice dei contratti, che la ricorrente assume inoltre violato è, a ben vedere, una disposizione che si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l’operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira.
La ripetuta manifestazione di volontà di addivenire alla stipula con condizioni contrattuali frutto di rinegoziazione tra le parti è del tutto incompatibile con quella di sciogliersi dal vincolo contrattuale.
A prescindere, inoltre, dall’imputazione della mancata conclusione del contratto all’una o all’altra parte contrattuale (accertamento che assume rilevanza, come suddetto, solo quanto alle conseguenze che dalla revoca derivano, quali l’escussione della polizza fideiussoria o la segnalazione all’ANAC), la giurisprudenza è consolidata nel senso di ritenere che negli appalti pubblici non è precluso all’amministrazione di revocare l’aggiudicazione in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale si è dato atto nella motivazione del provvedimento di autotutela, alla stregua dei principi generali dell’ordinamento giuridico, i quali, oltre che espressamente codificati dall’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, trovano fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall’art. 97 Cost., ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa.
L’esercizio di tale potere non è subordinato al ricorrere di ipotesi tipiche, tassativamente predeterminate dal legislatore, ma è rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 833).
In definitiva, il rifiuto di stipulare il contratto a seguito di aggiudicazione di gara pubblica costituisce un fatto che, all’evidenza, può giustificare, come è avvenuto in questo caso, la revoca dell’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 agosto 2019, n. 5780).