Nel nuovo Codice non è esplicitata una norma analoga al vecchio articolo 95 comma 10 (Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)).
Dal tono letterale dell’articolo 110 del nuovo codice potrebbe anche essere ragionevole sostenere che debba essere sempre effettuata la verifica sui costi della manodopera. (La verifica prevista dall’art. 95 c. 10 va sempre effettuata anche se l’offerta non è anomala. Tar Piemonte, Sez. II, 13/10/2020, n. 600).
Perché l’articolo 110 prevede al comma 5 un «oppure» che dispone l’esclusione dell’offerta in quanto anormalmente bassa se:
a) non rispetta gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali di diritto del lavoro;………….
d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 41, comma 13.
Il comma 5 dell’articolo 110 si compone di due periodi, separati da un “oppure”.
Pertanto, la prima parte del comma fa riferimento ai parametri di anomalia stabiliti dalla stazione appaltante.
La seconda parte del comma (dopo “oppure”) invece impone di escludere le offerte “anormalmente basse in quanto..”d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle di cui all’art.41 c.13”.
Insomma, la previsione sembrerebbe confermare (almeno di fatto) il vecchio articolo 95 c.10 d.lgs 50/2016 che prescriveva la verifica del rispetto dei minimi retributivi dell’articolo 97 c.5 lettera d) (“il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art.23 c.16”).
Perché con il nuovo codice, alla luce dell’articolo 110 comma 5 lettera d) viene stabilito il principio che un’offerta è anomala se non vengono rispettati i minimi salariali.
Per cui, anche nel caso non emergano elementi tali da far ritenere anomala un’offerta, accertare che l’impresa rispetti i minimi salariali sembra doveroso, proprio per escludere alla radice ogni e qualsiasi ipotesi di “anomalia”.
Il Tar Toscana stabilisce invece che l’onere istruttorio della stazione appaltante per la valutazione del rispetto dei minimi salariali e, più in generale, dei costi della manodopera e dei profili di sicurezza scatta, oltre che nelle ipotesi di anomalia dell’offerta (ai sensi dell’art. 110 del codice), nei casi in cui l’importo offerto dal concorrente (in termini assoluti o di sconto) intacchi i valori indicati dalla stazione appaltante.
Anche perché l’art. 108 del nuovo Codice non reca più la necessità generalizzata di procedere alla verifica d’ufficio dei costi della manodopera, come invece riportato all’art. 95, comma 10 del precedente Codice.
Questo quanto stabilito da Tar Toscana, Sez. II, 23/04/2024, n. 493:
5.2. Tornando alle censure in esame, il disciplinare di gara prevede, all’art. 23, che “Prima dell’aggiudicazione, la Stazione Appaltante procede a: […] 3) verificare, ai sensi dell’art. 95, comma 10, il rispetto dei minimi salariali retributivi di cui al sopra citato art. 97, comma 5, lett. d)”.
L’art. 95, comma 10 citato così dispone: “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”
L’art. 97, comma 5, lett d) richiamato dispone l’esclusione delle offerte che risultino anormalmente basse qualora “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.
Lo stesso disciplinare all’art. 3 riferisce che “ai sensi dell’art. 23 comma 16 del D.Lgs. 50/16 e s.m.i., si segnala che il costo della manodopera è calcolato in euro 8.193.750,23 con un’incidenza del 15,89% sull’importo dei lavori”.
Tale quantificazione risulta pacificamente conforme ai valori indicati nelle tabelle ministeriali di cui al citato art. 23, comma 16 del D.Lgs. n. 50/2016.
Dall’esame dell’offerta economica dell’aggiudicataria si evince che i costi della manodopera risultano pari a euro 8.193.750,23, cioè il medesimo valore previsto nel disciplinare di gara (cfr. doc. n. 13 di parte resistente).
Dai verbali di apertura ed esame delle offerte economica si evince che la commissione di gara ha rilevato che nessuna offerta risulta anomala senza nulla determinare, in modo esplicito, in merito al rispetto dei minimi salariali (ai sensi della disciplina sopra richiamata, cfr. doc. n. 4 di parte resistente).
Orbene tale mancanza non è in grado di inficiare il comportamento della stazione appaltante.
In primo luogo, infatti, la corrispondenza tra i costi della manodopera offerta e quelli iscritti nel disciplinare di gara legittimano la Commissione di gara a presumere la congruità dei valori offerti, soprattutto in assenza di contestazioni, da parte dei concorrenti, sulla valorizzazione recata dalla lex specialis.
Sebbene la sovrapponibilità tra i costi della manodopera offerti e quelli stimati dalla stazione appaltante non ne implichi necessariamente la relativa congruità – giacché l’effettiva sostenibilità e congruità può dipendere da plurimi fattori (in primis dal contenuto dell’offerta tecnica e dalla qualità della prestazione ivi descritta) – è ragionevole ritenere che tale coincidenza serva a fondare una presunzione di congruità che, per essere contestata, necessiti quantomeno di un principio di prova.
La giurisprudenza peraltro ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali” (Cons. Stato, Sez. V, 18.12.2023, sent. n. 10886).
In altri termini, per inficiare le operazioni di valutazione e aggiudicazione di una gara pubblica non basta contestare la mancanza del formale passaggio valutativo del costo della manodopera ma occorre fornire quantomeno un principio di prova sulla non correttezza dei valori di gara e delle corrispondenti offerte presentate che, nel caso di specie, il ricorrente non ha offerto.
Il comportamento tenuto dalla stazione appaltante risulta coerente con l’apprezzamento sostanziale della tenuta dell’offerta economica dell’aggiudicatario che risponde ai parametri recati nella lex specialis sia per la parte relativa ai costi della sicurezza che per la parte relativa ai costi della manodopera.
Quanto agli oneri per la sicurezza la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che “ove l’offerta non sia sospettata di anomalia non è previsto alcun accertamento sull’entità degli oneri di sicurezza in relazione all’appalto, accertamento che s’impone soltanto in caso di verifica di anomalia dell’offerta. Pertanto, nella specie, non essendo l’offerta sospettata di anomalia, né la stazione appaltante era tenuta a richiedere, né l’aggiudicataria a fornire, giustificazioni relativamente agli oneri della sicurezza ovvero a qualsivoglia altro costo diverso da quello indicato per la manodopera” (cfr.: TAR Liguria, sez. II, 08/04/2019, n.307, TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 28/09/2021, n. 6071; TAR Sardegna, 27/01/2022, n. 59).
In ragione di quanto sopra esplicitato, in tema di regime giuridico applicabile alla gara, occorre evidenziare che l’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. D’altro canto, l’art. 108, comma 9, del decreto, prevede che “nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro …”
Secondo l’attuale regime normativo, in altri termini, le conclusioni interpretative sopra indicate sono ulteriormente rafforzate, giacché l’onere istruttorio della stazione appaltante per la valutazione del rispetto dei minimi salariali e, più in generale, dei costi della manodopera e dei profili di sicurezza scatta, oltre che nelle ipotesi di anomalia dell’offerta (ai sensi dell’art. 110 del codice), nei casi in cui l’importo offerto dal concorrente (in termini assoluti o di sconto) intacchi i valori indicati dalla stazione appaltante.
Si consideri inoltre che l’art. 108 del nuovo Codice non reca più la necessità generalizzata di procedere alla verifica d’ufficio dei costi della manodopera, come invece riportato all’art. 95, comma 10 del precedente Codice.
Ciò significa che nessun onere di esplicita o formale valutazione della congruità dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza può essere imputato alla stazione appaltante, laddove il concorrente abbia formulato una offerta nel pieno rispetto dei valori indicati nel disciplinare di gara, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 e non emergano elementi che possano mettere in dubbio la congruità dei valori offerti.
Con riferimento specifico agli oneri per la sicurezza parte ricorrente lamenta l’insufficienza della quantificazione degli oneri offerti dall’aggiudicatario giacché sarebbero inferiori, sebbene di misura, ai coefficienti indicati dall’Istituto per l’Innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale – ITACA (cfr. doc. n. 14 di parte resistente).
Ciò in ragione del leggero scostamento denunciato tra i due coefficienti (0,007 contro 0,0076 ritenuto congruo dal ricorrente) su cui parte ricorrente non offre alcun argomento che induca a considerarlo rilevante per il caso concreto. Come sancito anche dalla giurisprudenza tale voce di costo non deve essere valutata atomisticamente, bensì globalmente con le altre voci dell’offerta, in quanto l’eventuale sottostima di tale voce di costo può trovare compensazione in eventuali altre voci di cui l’offerta si compone, purché questa sia nel suo complesso sostenibile (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2020, n. 4308; TAR Lazio, Roma, sez. Terza Ter, 23/12/2021 sent. n. 13412).
A ciò si aggiunga che risulta credibile quanto controdedotto dall’amministrazione resistente, la quale dimostra che la quantificazione degli oneri di sicurezza offerta dall’aggiudicatario (pari a euro 344.636,75) non risulta inferiore ai coefficienti di congruità individuati nel documento ITACA, giacché laddove correttamente applicata la metodologia (secondo cui OAP = OTSA * IOSA, dove l’acronimo di OAP sta per “oneri aziendali presunti”, OTSA sta per “incidenza oneri totali della sicurezza aziendale storici presunti” e IOSA per “Importo offerto specifico appalto”) e utilizzando l’importo lavori offerto e non quello posto a base di gara, l’incidenza degli oneri offerti è superiore a quella indicata nel ricorso (0,0083 contro lo 0,007 riportato nel ricorso).
Per quanto precede, in conclusione, il primo e il secondo motivo del ricorso principale originario sono infondati.