Il TAR lombardo rammenta che secondo un orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, dal d.lgs. n. 46 del 1997 («Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici») e dal D.M. del 21 dicembre 2009 del Ministero della Salute («Nuove modalità per gli adempimenti previsti per la registrazione dei dispositivi impiantabili attivi nonché per l’iscrizione nel repertorio dei dispositivi medici») si evince un sistema per il quale l’iscrizione negli elenchi tenuti presso il Ministero della Salute, alla stregua di una disciplina interna adottata in pedissequa attuazione di normativa di derivazione comunitaria, configura un requisito legale dei dispositivi medici in difetto del quale gli stessi non sono commerciabili, con la conseguente inammissibilità di un’offerta in gara che abbia ad oggetto prodotti non regolarmente certificati e registrati (v. Cons. Stato, Sez. III, 26 maggio 2017 n. 2514).
Il Tar ricorda anche che, per una corretta gestione della procedura di gara, il requisito deve essere presente al momento dell’offerta al potenziale acquirente, posto che, da un lato, i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa e di libertà di iniziativa economica e di concorrenza impongono la parità di trattamento fra i concorrenti in gara, e quindi la necessità che tutti i prodotti offerti siano contestualmente valutati secondo le caratteristiche ed i requisiti posseduti ed attestati dall’offerente al medesimo momento di presentazione dell’offerta (v. Cons. Stato, Sez. III, 3 ottobre 2019 n. 6658).
E infatti l’offerta di un prodotto in una pubblica gara costituisca un’ipotesi di commercializzazione, intesa come presentazione al mercato di un bene avente tutte le caratteristiche essenziali per il suo utilizzo (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 14 gennaio 2019 n. 52).