Impresa aggiudicataria di accordo quadro per lavori stipula contratto di cessione di azienda dopo l’aggiudicazione definitiva.
Nel contratto di cessione di azienda è stabilito espressamente il subentro della cessionaria nei “lavori già contrattualizzati o aggiudicati”.
Avvenuta la notifica alla stazione appaltante, questa procede in autotutela all’annullamento dell’aggiudicazione ed all’individuazione del nuovo contraente.
La decisione viene impugnata e Tarpalermo13dicembre2019, accoglie il ricorso.
Il Collegio condivide, infatti, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «Sul piano normativo, la possibilità di subentro risultava disciplinata dall’art. 51 del d.lgs. 163/2006, che, – pur in presenza di un divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei rispetto a quello risultante dall’offerta, affermato dall’art. 37, comma 9, ed oggi riproposto dall’art. 48, comma 9, del d.lgs. 50/2016 – con riferimento alle “vicende soggettive dell’offerente e dell’aggiudicatario” prevedeva che l’affittuario di un’azienda o di un ramo d’azienda subentrato ad un concorrente potesse essere ammesso alla gara, all’aggiudicazione ed alla stipulazione del contratto, previo accertamento dei requisiti previsti dalla normativa e dalla legge di gara.
La disposizione non è stata riprodotta nel nuovo codice dei contratti, che, all’art. 106, contempla espressamente soltanto la modifica del contraente.
Ciononostante, il principio da essa affermato, dell’ammissibilità di modifiche soggettive dei concorrenti anche nella fase di aggiudicazione dell’appalto, può ritenersi tuttora applicabile.
In tal senso, la delibera dell’ANAC n. 244 del 8 marzo 2017, che sottolinea la perdurante esigenza di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese, le quali devono poter procedere alle riorganizzazioni aziendali reputate opportune senza che possa essere loro di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali hanno partecipato (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, n. 1370/2013, n. 3819/2015).
Più di recente, nello stesso senso, è stato sottolineato che la tesi opposta finisce con “l’ingiustamente “ingessare”, senza alcuna valida ragione giustificativa la naturale vocazione imprenditoriale dei soggetti partecipanti alle gare pubbliche, per tal guisa ponendosi in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione che sono soltanto quelle espressamente previste dall’art. 80 del nuovo Codice dei Contratti. Appare altresì evidente che la partecipazione di un soggetto ad una procedura di evidenza pubblica non può costituire, a pena di violazione della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), o del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), motivo per condizionare, ostacolare o, addirittura, sopprimere l’essenza dell’attività imprenditoriale, quando ciò non trovi giustificazione nella necessità di tutelare interessi superiori” (così, TAR Napoli, III, n. 7206/2018)» (Cons. Stato, Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6216).
Giova altresì aggiungere che, diversamente opinando, si perverrebbe a soluzioni palesemente contrarie ai principi di concorrenza e massima partecipazione alle procedura di evidenza pubblica affermati nell’ambito del diritto comunitario.
Trattandosi di impresa singola la giurisprudenza citata in seno al provvedimento impugnato non sono totalmente pertinenti al caso trattato.
E invero, sia la sentenza T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 9 marzo 2019, n. 663, sia la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 7 giugno 2018, n. 3809 ‒ a differenza della sentenza del Consiglio di Stato ut supra richiamata ‒ vertevano su controversie coinvolgenti raggruppamenti temporanei d’imprese in ordine ai quali si è rinvenuto, nell’attuale quadro normativo, un maggior rigore nell’applicazione del principio di immutabilità soggettiva.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti