L’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990 dispone che l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo può intervenire entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi: tale norma si applica anche in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un contratto pubblico.
Questo il principio ribadito dal Tar Campania, chiamato ad esprimersi sulla revoca di un’aggiudicazione ( o meglio un annullamento d’ufficio ) intervenuta dopo il termine di diciotto mesi, e dopo che il servizio era stato avviato in via d’urgenza il 22/1/2018.
Il contratto, peraltro, non è mai stato stipulato.
L’aggiudicataria, pertanto, ricorre avverso la determina di revoca, invocando altresì l’obbligo della stazione appaltante di stipulare il contratto di appalto, in ossequio all’art. 32, comma 8, D.Lgs. 50/2016, stante l’ampio decorso del termine di 60 giorni dall’aggiudicazione definitiva (29.12.2017), ovvero per l’illegittimo silenzio serbato dall’ente appaltante su diffide del 27.9.2019 e 19.11.2019.
Dopo aver affermato la propria giurisdizione sul ricorso avverso la revoca, Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 15/10/2020, n.4528 stabilisce :
Ad onta della sua “autoqualificazione” in termini di “revoca”, il provvedimento de quo – …- va qualificato come annullamento d’ufficio della illegittima aggiudicazione definitiva.
Scrutinato, quindi, alla luce del paradigma di cui all’art. 21 nonies l. 241/90, l’atto va annullato, risultando fondato e assorbente il primo motivo di impugnazione.
7.1 – L’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990, infatti, dispone che l’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo può intervenire entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi: tale norma si applica anche in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un contratto pubblico.
Nella fattispecie è agevole rilevare che tale limite temporale è stato significativamente sforato dal Comune di xxx, che soltanto nel febbraio 2020 è intervenuto in autotutela su un provvedimento risalente al dicembre 2017, rimuovendolo per un vizio che (per quanto indicato dal Comune stesso) deve ritenersi fosse immediatamente conoscibile dall’Amministrazione fin dalle prime fasi della procedura selettiva. Né può, ovviamente, rilevare – in senso contrario – la circostanza che soltanto con l’insediamento della nuova amministrazione nel maggio 2019 sia iniziata la verifica sulla regolarità della procedura di gara e sullo svolgimento del servizio.
7.2 – In aggiunta a quanto appena argomentato, va evidenziato, altresì, che neppure è riscontrabile nella fattispecie l’illegittimità dell’aggiudicazione che ha spinto il Comune ad adottare il provvedimento de quo………
7.3 – Coglie, altresì, nel segno parte ricorrente quando censura l’atto impugnato anche sotto il profilo della carente ponderazione degli interessi in conflitto. Ed invero, “Nelle gare pubbliche il potere di annullamento in autotutela può ben venire esercitato al fine di garantire il ripristino della legalità, ma questa finalità non può integrare ex se, e tantomeno esaurire, l’ambito delle più ampie e articolate valutazioni che l’Amministrazione pubblica è chiamata ad operare, essendo invece imprescindibile una compiuta comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato, oltre alla ragionevole durata del tempo intercorso tra l’atto illegittimo e la sua rimozione” (Tar Sardegna, sez. I, sent. 16/1/2019 n. 21), comparazione che sarebbe stata oltremodo necessaria nella fattispecie, tenuto conto che:
– il servizio risultava svolto – alla data di adozione dell’atto di autotutela – da due anni (a fronte della complessiva durata di anni tre);
– non constano (al di là di menzionate note di sollecito, non versate in atti) formali contestazioni da parte del Comune sulla correttezza dell’adempimento, anche in relazione allo specifico profilo dell’esistenza di idonea area di cantiere.
La lettura del provvedimento impugnato rivela – per contro – che l’Amministrazione ha ritenuto apoditticamente prevalente su quello privato l’interesse pubblico “atteso che si verte in materia di violazione di norme a presidio dell’ordine pubblico”.
La determina di revoca viene dunque annullata.
Invece, per quanto attiene all’ azione avverso il silenzio serbato dal Comune sulla diffida alla stipulazione del contratto, la stessa va dichiarata inammissibile, essendo di competenza del giudice ordinario.
Infatti, avendo le parti dato inizio all’esecuzione del rapporto, si è ormai al cospetto di un vincolo di matrice negoziale idoneo ad attrarre la controversia nell’alveo della giurisdizione ordinaria (cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, sent. 11 aprile 2016, n. 610 e sent. 26/2/18 n. 302/2018, nonché – in termini, TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. 6/3/2020 n. 572 e Consiglio di Stato, sent. 5498/2019 cit.).
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti