Nel respingere l’appello il Consiglio di Stato ribadisce i principi in materia di “unico centro decisionale”.
Confermando che, se incombe sulla stazione appaltante l’accertamento della sussistenza di un unico centro decisionale d’imputazione delle offerte sulla base degli indici presuntivi concreti, non è richiesta anche la prova che il collegamento fra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati effettivi in relazione ai contenuti delle offerte e all’artificiale condizionamento degli esiti della gara.
Il fatto che occorre desumere dagli indici presuntivi è infatti la sussistenza dell’unicità del centro decisionale cui siano riconducibili le offerte, non già il contenuto effettivamente coordinato di queste
Ecco le motivazioni di Consiglio di Stato, Sez. V, 05/ 08/ 2021, n.5778:
3.3.1. Va premesso che l’art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016 prevede apposita causa di esclusione dalle procedure di gara nei confronti dell’operatore economico che «si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale».
Già nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, la giurisprudenza aveva posto in risalto in proposito che fra le cause di possibile esclusione dalle gare pubbliche sono ricomprese, oltre alle ipotesi previste dall’art. 2359 Cod. civ., anche quelle non codificate di collegamento sostanziale che attestano la riconducibilità dei soggetti partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale: v’è infatti in tali casi il rischio d’una “vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione” (Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189).
A tal fine la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale “postula semplicemente l’astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (ex multis, Cons. Stato, V, 16 febbraio 2017, n. 496; III, 10 maggio 2017, n. 2173; III, 23 dicembre 2014, n. 6379; V, 18 luglio 2012, n. 4189)” (Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6010).
In tale prospettiva, è stato ritenuto in termini di principio che “ciò che deve essere provato […] è soltanto l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (in tal senso -ex multis -: Cons Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189). Del resto […] ai sensi della pertinente normativa eurounitaria e nazionale, grava sulla stazione appaltante il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l’unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse fra loro” (Cons. Stato, V, 6 febbraio 2017, n. 496).
La fattispecie del collegamento sostanziale fra concorrenti è infatti qualificabile come “di ‘pericolo presunto’ (con una terminologia di derivazione penalistica), in coerenza con la sua ‘funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure ad evidenza pubblica’, e con la circostanza che la concreta alterazione degli esiti della selezione ‘non è nella disponibilità delle imprese sostanzialmente collegate, ma dipende da variabili indipendenti rispetto alla loro volontà, quali in particolare il numero delle partecipanti e l’entità dei ribassi’ (sentenza 11 luglio 2016, n. 3057; in senso conforme si registra anche una più risalente pronuncia di questa Sezione: sentenza 1° agosto 2015, n. 3772)” (Cons. Stato, V, 24 novembre 2016, n. 4959).
Per tali ragioni, se incombe sulla stazione appaltante l’accertamento della sussistenza di un unico centro decisionale d’imputazione delle offerte sulla base degli indici presuntivi concreti, non è richiesta anche la prova che il collegamento fra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati effettivi in relazione ai contenuti delle offerte e all’artificiale condizionamento degli esiti della gara; nel percorso presuntivo che conduce a ricavare un fatto ignoto da circostanze note ai sensi dell’art. 2727 Cod. civ., il fatto che occorre desumere dagli indici presuntivi è infatti la sussistenza dell’unicità del centro decisionale cui siano riconducibili le offerte, non già il contenuto effettivamente coordinato di queste, né le conseguenze anticoncorrenziali concretamente derivatene (Cons. Stato, V, 15 aprile 2020, n. 2426).
In questo contesto, è stato posto in risalto come il riferimento al contenuto delle offerte sia uno dei possibili elementi dai quali ritrarre il collegamento, peraltro da scrutinare in termini necessari solo in difetto di altri indici utili, secondo un’indagine ispirata a un approccio gradualista e progressivo: “l’accertamento della causa di esclusione in esame passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio: a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un ‘unico centro decisionale’ da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale” (Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019, n. 69; 10 gennaio 2017, n. 39; III, 7 marzo 2019, n. 1577; cfr. anche Id., V, 28 dicembre 2020, n. 8407; 12 gennaio 2021, n. 393).
3.3.2. Alla luce dei suesposti principi, è da ritenere senz’altro infondata la doglianza incentrata sull’assenza di una verifica eseguita dall’amministrazione sul contenuto delle offerte: una siffatta verifica non è infatti necessaria ai fini della rilevazione dell’unico centro decisionale, potendo questo essere ben desunto da indici che disvelino – al di là del contenuto delle offerte, sebbene alla luce di elementi gravi, precisi e concordanti – una situazione di collegamento sostanziale fra le concorrenti.
3.3.3. Nel caso di specie l’amministrazione ha individuato chiaramente, in termini sostanziali – sulla base di specifici e circostanziati indici concreti – i presupposti dell’unicità del centro decisionale cui le offerte risultavano imputabili, e la valutazione all’uopo espressa risulta nel complesso esente dalle censure formulate dalle appellanti.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti