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Sentenze

Tempo per l’esame delle offerte e punteggi assegnati dalla Commissione

Nel respingere l’appello, il Consiglio di Stato ricorda come l’unanimità dei giudizi dei Commissari su criteri e sub criteri non costituisca, di per sé, indice di illegittimità.

Così come il tempo impiegato per l’esame delle offerte.

Uno dei motivi di ricorso stigmatizza per un verso il tempo impiegato dalla Commissione nell’esame delle offerte e, per altro verso, l’espressione dello stesso punteggio da parte dei Commissari.

Consiglio di Stato, Sez. III, 09/11/2021, n. 7456 respinge l’appello:

7.Anche questo motivo è infondato.

7.1. È sufficiente, quanto al secondo profilo, osservare che il T.A.R. ha rilevato in proposito che “nel caso in esame, nemmeno ricorre un’ipotesi in cui vi è stata unanimità di giudizio su ogni sub criterio da parte dei tre Commissari, atteso che, come affermato in ricorso, solo in relazione a 8 sub criteri, dei 26 totali previsti dalla legge di gara, i tre Commissari hanno reso identico giudizio sia in relazione all’offerta della ricorrente che per quella presentata da …..; parimenti, non può ritenersi sintomo di eccesso di potere la circostanza che in relazione a 18 sub criteri (su 26) i Commissari abbiano attribuito un identico coefficiente di valutazione all’offerta della ricorrente e che, per 14 sub criteri, identico coefficiente di valutazione sia stato attribuito all’offerta della controinteressata”.

Già la corretta ricostruzione della fattispecie non consente di legittimare la violazione del canone dell’“autonomo e libero apprezzamento di discrezionalità tecnica di ciascun commissario” (pag. 26 del ricorso in appello).

Come peraltro correttamente ricorda lo stesso appellante a pag. 25 del ricorso in appello, quand’anche si fosse stati in presenza di una reale “coincidenza delle valutazioni delle offerte da parte dei singoli commissari”, ciò – per giurisprudenza costante – “non è di per sé indice d’illegittimità delle relative valutazioni”.

L’appellante deduce tuttavia che “nel caso di specie la coincidenza delle valutazioni è obiettivamente troppo estesa per essere frutto di una coincidenza o di un legittimo confronto dialettico in seno alla Commissione giudicatrice”.

Si tratta, però, di un’asserzione del tutto soggettiva, priva di apprezzabili riferimenti di tipo oggettivo allo svolgimento della gara, che non supera la soglia della mera illazione e del sospetto: come tale non utilizzabile in sede di scrutinio della legittimità del provvedimento di aggiudicazione.

7.2. Quanto alla censura relativa ai tempi di valutazione delle offerte, essa poggia, sul piano fattuale, sulla scomposizione analitica del tempo complessivamente impiegato dalla Commissione nell’apposita seduta (5 ore e 42 minuti), dalla quale l’appellante inferisce che si sarebbero impiegati due minuti per l’esame di ogni pagina di ciascuna offerta.

Già tale prospettazione appare viziata, posto che nulla autorizza l’affermazione del dato finale a fronte di un impiego del tempo verosimilmente – secondo l’id quod plerumque accidit – risultante da una sommatoria qualitativa e non quantitativa dell’impegno (nel senso che la Commissione può aver dedicato un minor tempo a documenti e contenuti puramente descrittivi o comunque e privi di immediato rilievo valutativo, con conseguente maggiore attenzione ad altri elementi).

In ogni caso ciò che appare dirimente in argomento è il rilievo per cui “Argomentando dalla giurisprudenza formatasi sull’analogo tema delle censure proposte contro la composizione della Commissione di gara (su cui, da ultimo, Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza n. 2094/2021), anche per le modalità di svolgimento delle relative attività il ricorrente dovrebbe quanto meno individuare un legame, non generico o tautologico, tra la denunciata insufficienza di tali modalità e gli esiti valutativi in relazione alla propria offerta: in altre parole, la censura dovrebbe – per non introdurre una inversione del relativo onere – quanto meno fornire un principio di prova in relazione al fatto che l’attribuzione dei punteggi sia dipesa dal tempo impiegato dai commissari” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 2537/2021).

Tale decisione, che il Collegio condivide e alla quale si riporta, ha rigettato la relativa censura in quanto, nel caso dedotto in quel giudizio, come pure nella presente fattispecie, “la censura è comunque infondata (….) perché basata su di una percezione soggettiva della ritenuta esiguità del tempo utilizzato (si tratta comunque di prove che, come risulta dagli atti della gara, si sono protratte anche oltre quattro ore)”.

 A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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