L’aggiudicataria viene esclusa dalla gara, ritenendo la stazione appaltante applicabile la normativa antimafia, pur in assenza di interdittiva, e la ricorrenza di cause di esclusione ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.
L’impresa ricorre deducendo con il primo motivo che l’estromissione non può fondarsi sui richiamati artt. 83, 84 e 94 del D.lgs. n. 159/2011, che attribuiscono al solo Prefetto la competenza in tema di informativa antimafia.
Tar Campania, Napoli, Sez. I, 06/06/2022, n. 3808 accoglie il ricorso:
Il motivo è fondato.
Non è rinvenibile nel d.lgs. n. 159/2011 una norma che attribuisca alla stazione appaltante il potere di escludere una Società aggiudicataria (ossia, nella specie, di estromettere la mandante dell’ATI contraente), ove i soggetti che ne fanno parte e di cui essa si avvale siano stati coinvolti in indagini penali e finanche, come nel caso all’esame, sottoposti alla misura degli arresti domiciliari.
La determinazione della Regione postula infatti che la vicenda penale (pur indubbiamente grave) riverberi i propri effetti sulla permanenza dei requisiti morali del soggetto che svolge i servizi affidati con il professionista tratto in arresto, “anche in eventuale assenza di informazione interdittiva negativa”.
Sennonché, l’ordinamento non riconosce alla stazione appaltante il potere di trarne le conseguenze facendo applicazione del codice antimafia.
Il d.lgs. n. 159/2011 esige che sia il Prefetto a valutare se le vicende conducano all’interdizione della Società, dopo di che la stazione appaltante ha l’obbligo di revocare autorizzazione e concessioni o recedere dal contratto, come dispone l’art. 94, co. 2, del d.lgs. cit. (“Effetti delle informazioni del prefetto”).
Anche l’art. 80, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016, sui motivi di esclusione dell’operatore economico, per la sussistenza di un tentativo di infiltrazione mafiosa, va logicamente letto nel senso di richiedere che sia stata adottata l’interdittiva del Prefetto.
Il provvedimento di quest’ultimo si pone dunque quale ineludibile presupposto, in mancanza del quale alcun potere può essere attribuito alla stazione appaltante per disporre l’esclusione del concorrente che ritenga privo dei requisiti di moralità, valutando la necessità di operare in tal senso assumendo quanto dispone il codice antimafia.
La difesa regionale osserva che il provvedimento va interpretato secondo il suo contenuto dispositivo, sostenendo che la vicenda penale sia stata intesa cautelativamente per valorizzare elementi oggettivi e soggettivi da cui discenderebbe la giustezza della determinazione adottata.
Sennonché, il provvedimento impugnato palesa nel suo tenore letterale che la Regione abbia volutamente posto a fondamento del potere “segnatamente il D.lgs. 159/2011 e ss. mm. e ii. – anche in eventuale assenza di informazione interdittiva negativa”, così da prefigurare l’esercizio di una discrezionalità ad essa non attribuibile.
Dalle suesposte ragioni discende dunque l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti