Cooperative pagate per assistenza agli alunni disabili durante il lockdown
Un’amministrazione deve sempre controllare quello che paga. Non può saldare fatture per assistenza agli alunni disabili a scuola mentre le scuole sono chiuse per lockdown, accettando il rendiconto dell’impresa senza effettuare verifiche. E’ quanto ha stabilito Anac, intervenendo nel caso del Comune di Eboli, in provincia di Salerno. Dopo accurata indagine a seguito di un esposto, l’Autorità ha accertato che il Comune di Eboli ha liquidato una fattura di 95.917 mila euro a due cooperative sociali consorziate, Csm service e Anche Noi, appaltatrici del servizio di assistenza specialistica per alunni con disabilità, basandosi sull’accettazione acritica del rendiconto fornito dall’impresa senza svolgere controlli. Una pratica non conforme alla legge e che si presta a incentivare comportamenti opportunistici e fraudolenti. Lo si legge nell’Atto del presidente Giuseppe Busia, approvato lo scorso 16 giugno.
I fatti
Il comune, secondo il segnalante, non avrebbe sospeso l’esecuzione della prestazione, come consentito dal contratto, durante i mesi di lockdown scolastico e avrebbe liquidato una somma sproporzionata rispetto al numero di ore effettivamente prestate che è risultato molto inferiore al previsto a causa della interruzione prolungata dell’attività scolastica in presenza. Inoltre, stando ad alcune inchieste giornalistiche, molti alunni iscritti al programma di assistenza non avrebbero ricevuto alcun tipo di supporto specialistico dal consorzio di cooperative vincitrici dell’appalto.
La difesa
La stazione appaltante ha fatto presente che nel periodo di lockdown, dopo una breve interruzione dovuta alla necessità di ristrutturazione del servizio, a partire dal 22 aprile 2020 l’appaltatore ha fornito l’assistenza specialistica agli alunni con disabilità grave nella modalità “a distanza”. Dalla relazione allegata si evince che avrebbero effettivamente usufruito delle prestazioni a distanza solo 49 alunni rispetto agli 87 alunni beneficiari dell’assistenza. Conseguentemente è stata prestata solo una quota parte del monte ore inizialmente previsto (21.402 ore), quota che stando ai dati forniti dall’impresa ammonterebbe a 5.314 ore, maturando l’importo complessivo di 95.917 euro.
I rilievi di Anac
Dalla lettura del capitolato speciale emerge che l’appalto in questione è un contratto a misura che come tale non può prescindere da una accurata contabilizzazione della fornitura in modo da determinare “a posteriori” il corrispettivo in rapporto alle prestazioni effettivamente rese. Il Responsabile del Procedimento ha trasmesso un elenco redatto dall’appaltatore che riporta per ciascuno dei 49 assistiti il numero di ore di assistenza “a distanza” somministrate nel periodo di riferimento (marzo-giugno 2020). La stessa funzionaria non ha però dato atto di verifiche attuate per riscontrare la veridicità di tali dati. Non è stato documentato, quindi, che l’amministrazione abbia provveduto a effettuare le verifiche di conformità mensili redigendo gli appositi verbali, come previsto dal Capitolato speciale. Inoltre, l’amministrazione, in seguito agli articoli di stampa locale che denunciavano presunte irregolarità nell’esecuzione dell’appalto non ha svolto alcun controllo. Tenuto conto che all’assistenza a distanza non si poteva applicare la tenuta, prevista dal capitolato, di registri delle presenze di operatori ed utenti compilati manualmente, a maggior ragione si imponeva l’adozione di sistemi alternativi, eventualmente telematici, volti a riscontrare e contabilizzare le prestazioni rese.
Il documento
A cura di Pier Paolo Bignami – Arug