Dopo la risposta negativa della stazione appaltante l’impresa ricorre al Tar, che respinge il ricorso.
In appello, tra i vari motivi, l’impresa sostiene l’erroneità della sentenza di primo grado per aver escluso l’applicabilità dell’istituto della variante in corso d’opera prevista dall’art. 106, comma 1, lett. c) del Codice.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 23/02/2023, n. 1844 respinge l’appello ricordando che:
4. Con il terzo motivo di appello si censura il capo della impugnata sentenza con il quale è stato respinto il secondo motivo di impugnazione del ricorso di primo grado ed è stata confermata la legittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ha escluso l’applicabilità dell’art. 106, comma 1, lett. c), D.lgs. 50/2016. Ritiene parte appellante che, a differenza di quanto erroneamente statuito dal giudice di prime cure, anche quanto dalla stessa richiesto sarebbe riconducibile alla “variante in corso d’opera”.
4.1 La doglianza va disattesa.
Come giustamente rilevato dal T.R.G.A. – Sezione Autonoma della Provincia di Bolzano (pag. 17 della sentenza appellata), le modifiche richieste da xxxx concernono principalmente il corrispettivo dell’appalto (in termini di quantum) nonché altre condizioni contrattuali ad esse accessorie (quale la disciplina delle penali o dall’incamerazione delle garanzie definitive).
Ebbene, dette richieste variazioni, tutte connesse al lamentato squilibrio contrattuale dovuto all’aumento dei costi di approvvigionamento del sale, non sono, neppure in astratto, in grado di determinare il mutamento del tipo contrattuale o della sua struttura. Esse, infatti non incidono in alcun modo sullo schema di base del negozio (che resta quello proprio dell’appalto di forniture costituito dallo scambio di una prestazione di dare verso il corrispettivo di un prezzo monetario) né del suo oggetto (con ciò intendendosi la prestazione corrispettiva qualificante il tipo contrattuale, nel caso di specie, trattandosi di fornitura, quella di “dare”).
Da ciò consegue l’inapplicabilità al caso che occupa anche dell’art. 106, comma 1, lett. c), D.lgs. 50/2016 il quale, per costante insegnamento pretorio, si riferisce, invece, alle sole varianti in corso d’opera che si sostanziano “in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
Nel medesimo solco si è espresso con riguardo ad analoga censura, di recente, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9426 del 31/10/2022 chiarendo che “Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a) [dell’art. 106, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 – n.d.r.], che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle «variazioni dei prezzi e dei costi standard»”.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti