Una decisione che, sebbene evidenzi gli indizi, sembra definire la necessità di una verifica ancor più penetrante, rispetto ad una astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte.
Questo quanto stabilito da Tar Campania, Napoli, Sez. I, 16/06/2023, n. 3672:
7.Al fine di scrutinare i ricorsi proposti dalla ricorrente è necessario delineare il quadro normativo e giurisprudenziale che caratterizza la causa di esclusione dagli appalti pubblici rappresentata dal collegamento sostanziale tra imprese.
L’art. 80, comma 5, lett. m) del codice dei contratti (d.lgs. n. 50/2016) impone alla stazione appaltante di escludere l’operatore economico che si trova, rispetto ad un altro partecipante alla “medesima procedura di affidamento”, in una situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le “offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.
La giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che “Ai fini della verifica dell’esistenza di un collegamento sostanziale tra due o più imprese partecipanti a una medesima procedura di gara, le relazioni esistenti tra dette società devono configurare un indizio dotato di gravità, nel senso di elevata valenza probabilistica o attendibilità idonea a dimostrare il fatto ignoto (la riconducibilità delle offerte delle due società a un unico centro decisionale) quale sicura conseguenza del fatto noto (ad esempio, la titolarità di quote sociali comportanti il controllo o una notevole influenza sulle due società, cfr. Cons. Stato sez. V, 12/01/2021, n.393).
L’art. 80, comma 5, lett. m), del d. lgs. n. 50/2016 estende, quindi, le ipotesi di esclusione oltre il campo di applicazione dell’art. 2359 c.c. e delinea una fattispecie di collegamento sostanziale che la giurisprudenza aveva già accolto nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, sottolineando come tale estensione trovi una propria giustificazione nell’esigenza di evitare il rischio d’una “vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l’attività della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione” (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2012 n. 4189). In queste ipotesi, la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l’unicità del centro decisionale “postula semplicemente l’astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (ex multis, Cons. Stato, V, 16 febbraio 2017, n. 496; III, 10 maggio 2017, n. 2173; III, 23 dicembre 2014, n. 6379; V, 18 luglio 2012, n. 4189)”. Per cui, “ciò che deve essere provato […] è soltanto l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte […]” (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2017 n. 496)
Anche questa sezione ha, peraltro, già chiarito che l’art. 80, co. 5, lett. m) del codice dei contratti costituisce una fattispecie di “pericolo presunto” volta a garantire la tutela della concorrenza sotto il profilo della segretezza delle offerte (tra le tante, cfr. Cons. Stato, n. 5778/2021). Ed è pertanto solo a tali limitati e ben circoscritti fini che viene dunque pacificamente richiamata la possibilità di valorizzare elementi (quali ad esempio le modalità di redazione delle offerte, ovvero la costituzione della garanzia presso la stessa compagnia assicuratrice) che sono meramente indiziari, senza necessità che venga raggiunta la prova provata della effettiva alterazione del gioco concorrenziale.
E’ stato, inoltre, precisato che “la ricorrenza di un collegamento sostanziale fra operatori economici va, di volta in volta, desunta dalla presenza di elementi plurimi, precisi e concordanti, idonei a sorreggere in via inferenziale la valutazione in fatto circa la sussistenza in concreto di un tale collegamento tra imprese partecipanti alla gara, distorsivo delle regole di gara, con la precisazione che l’onere della prova del collegamento tra imprese ricade sulla parte che ne affermi l’esistenza, al fine della loro esclusione dalla gara; dimostrazione che deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci, non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie, desumibili sia dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti (ossia dal loro assetto interno, personale o societario – c.d. aspetto formale), sia dal contenuto delle offerte dalle stesse presentate (c.d. aspetto sostanziale); ai fini della predetta esclusione non è sufficiente una generica ipotesi di collegamento di fatto, essendo necessario che per tale via risulti concretamente inciso l’interesse tutelato dalla norma, volta ad impedire un preventivo concerto delle offerte, tale da comportare un vulnus al principio di segretezza delle stesse (cfr., T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 20/01/2023, n.1054).
Sul punto peraltro rileva anche la Corte di giustizia Ce, Sez. IV, 19 maggio 2009, in C-538/07, che ha affermato il principio secondo cui il diritto comunitario “osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara”.
E’ stato, quindi, delineato il percorso istruttorio che la stazione appaltante deve svolgere per la verifica della esistenza di un unico centro decisionale: “a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 Cod. civ.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell’esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell’esistenza di un ‘unico centro decisionale’ da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l’esistenza dell’unicità soggettiva sostanziale” (Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69, che richiama Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2017, n. 39).