E sottolinea come il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza n. 5665 del 9 giugno 2023, abbia affermato che un divieto di ribasso sui costi della manodopera sarebbe in contrasto con l’art. 97, comma 6, del codice dei contratti pubblici e con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche.
Vedremo come queste prese di posizioni si tradurranno di fronte allo scorporo della manodopera dalla base d’asta previsto dall’articolo 41 comma 14 del D. lgs 36/2023. Certo è che la questione, alla luce dei principi affermati nella sentenza, non sarà semplice da dipanare.
Questo quanto stabilito da Tar Puglia, Bari, Sez. II, 19/07/2023, n. 1019:
7. Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente assume che l’Amministrazione avrebbe comunque dovuto procedere alla verifica facoltativa di anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria ai sensi dell’art. 97, comma 6, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50/2016.
Nel caso di specie, sarebbe anomalo il ribasso del 30% offerto dall’aggiudicataria, nettamente superiore rispetto a quello di tutti gli altri concorrenti collocati in graduatoria, vieppiù alla luce dell’abnorme riduzione del costo della manodopera di più di 200.000 euro rispetto a quello di 717.178,01 euro stimato dalla stazione appaltante nel bando di gara.
Il motivo non è condivisibile in quanto, come è noto, per giurisprudenza costante, l’esperibilità del procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia dell’offerta prevista dall’art. 97, comma 6, (diversamente dall’obbligo di cui all’art. 97, comma 3), D.Lgs. n. 50/2016, è subordinata all’espressione di un potere discrezionale della Stazione appaltante, che la dispone soltanto laddove, in base ad elementi specifici, l’offerta appaia anormalmente bassa, nell’ambito di una valutazione ampiamente discrezionale, che non richiede un’espressa motivazione e che risulta sindacabile soltanto in caso di macroscopica irragionevolezza o illogicità (cfr., da ultimo, T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, Sez. I, 3 aprile 2023, n. 191 e precedenti ivi richiamati).
La previsione di un ribasso del 30%, infatti, vieppiù nell’ambito di una gara che prevede l’ammissibilità di soluzioni migliorative e integrazioni tecniche, anche relative all’organizzazione del cantiere, non è indice d’irragionevolezza della scelta di non esercitare una facoltà ampiamente discrezionale.
Quanto alla riduzione del costo della manodopera offerta, rileva il Collegio che “l’operatore economico può sempre, mediante l’organizzazione d’impresa, realizzare economia di scala che rendono il costo del lavoro offerto inferiore a quello di altro operatore pur a parità di ore lavorate. Il costo del lavoro, ove non risulti inferiore ai minimi retributivi tabellari, non può essere indicativo d’inattendibilità dell’offerta. Una organizzazione aziendale di rilevante entità è in grado di far fronte alle richieste della Stazione appaltante servendosi anche di lavoratori impiegati nella esecuzione di altre commesse” (Consiglio di Stato, Sez. V, 13 marzo 2020, n. 1818).
Il costo della manodopera e la sua relativa incidenza, come osservato dal Ministero nella sua relazione depositata in giudizio, è anche funzione della capacità organizzativa dell’operatore economico, della sua dotazione di mezzi e attrezzature e anche dell’esperienza della manodopera qualificata nell’esecuzione dell’appalto che può tradursi nella capacità di eseguire le lavorazioni con tempi più ridotti rispetto a quelli stimati dalla stazione appaltante.
D’altro canto, lo stesso Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza n. 5665 del 9 giugno 2023, ha affermato che un divieto di ribasso sui costi della manodopera sarebbe in contrasto con l’art. 97, comma 6, del codice dei contratti pubblici e con il principio di libera concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche.