Sostiene l’appellante che, nel caso di lavori che abbiano per oggetto beni culturali, il subappalto c.d. qualificatorio non potrebbe trovare applicazione, per la particolare tutela nei confronti di beni che costituiscono testimonianza di civiltà (art. 9 Cost.). In particolare l’art. 146, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 stabilendo che «per i lavori di cui al presente capo è richiesto il possesso di requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento» richiamerebbe la necessità di richiedere il possesso della qualificazione specificamente richiesta, implicitamente escludendo che per dette lavorazioni i concorrenti possano qualificarsi con i requisiti del subappaltatore. L’assunto troverebbe conferma nel comma 3 del citato art. 146, che esclude l’avvalimento di cui all’art. 89.
Nel caso di specie, le due società che precedono in graduatoria la ricorrente hanno partecipato dichiarando di voler subappaltare al 100 per cento la categoria scorporabile a qualificazione obbligatoria OG2 (Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali), senza possedere in proprio la qualificazione.
Consiglio di Stato, Sez. V, 21/08/2023, n. 7858 respinge l’appello:
9.1. Le censure sono infondate.
9.2. Come accennato, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 91 del 2022) dell’art. 146 nella parte in cui pone un espresso divieto, in materia di appalti nel settore dei beni culturali, per l’avvalimento e non anche per il subappalto, non essendo irragionevole tale diversità di disciplina, stante la differente ratio e natura dei due istituti.
Pertanto, come bene ha deciso il primo giudice, la questione centrale sollevata in primo grado col primo motivo di ricorso (che muoveva dall’assunto che negli appalti di lavori da eseguire sui beni culturali non fosse previsto l’utilizzo del subappalto) è infondata, non essendo superabile (per gli argomenti richiamati dalla Corte costituzionale) la lettera dell’art. 146 (che pone un divieto solo per l’avvalimento e non per il subappalto).
9.3. Va inoltre rammentato che la categoria OG2, la quale certamente rientra tra le categorie a qualificazione obbligatoria, non è tuttavia riconducibile a una delle categorie che comprendono strutture, impianti e opere speciali [c.d. S.I.O.S.], ai sensi dell’art. 89, comma 11, del codice dei contratti pubblici cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Ne consegue che per le lavorazioni classificate in categoria OG2 l’impresa può qualificarsi se in possesso della qualificazione nella categoria di opere generali indicata come categoria prevalente, ma (se l’impresa è priva della qualificazione in OG2) deve necessariamente affidare in subappalto l’esecuzione dei lavori, esclusivamente ad imprese in possesso della relativa qualificazione (art. 12, comma 2, lettera b), del decreto-legge 28 marzo 2014 n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, vigente ai sensi dell’art. 217, comma 1, lett. nn), del codice dei contratti pubblici).
9.4. Da quanto precede ne discende che non si può, a rigore, discorrere – nella fattispecie – di “subappalto qualificatorio”, dovendo tenersi distinta la verifica della qualificazione in gara dalla eventuale e successiva esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto (se questi riguardano beni culturali); fase nel corso della quale viene in rilievo l’istituto del subappalto.
9.5. Vengono meno, pertanto, gli argomenti sollevati dall’appellante in punto di interpretazione dell’art. 146 e di asserita inammissibilità del subappalto quando l’operatore economico non sia in possesso della categoria OG2: nella gara in esame la categoria OG2 non è categoria prevalente, è scorporabile anche se a qualificazione obbligatoria; ai fini della qualificazione, all’aggiudicataria è sufficiente il possesso di qualificazione nella categoria prevalente per una classifica che copra l’importo tutti i lavori (compreso l’importo in OG2), mentre in fase di esecuzione dovrà subappaltare (come dichiarato) a soggetto qualificato.
10. Anche l’ultima argomentazione (concernente i limiti al subappalto) non è favorevolmente apprezzabile, dovendosi dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia nelle pronunce Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18, e 27 novembre 2019, C-402/18 (in termini cfr. Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»; da ultimo, nello stesso senso, Sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101; sez. V, 31 maggio 2021, n. 4150).
11. In conclusione, l’appello va integralmente respinto.