La mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori, non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara.
Il principio è ribadito dal Consiglio di Stato, che dichiara inammissibile l’appello e conferma la Sentenza del Tar Lombardia 949/2023 (vedi qui Nell’affidamento diretto non c’è obbligo di redigere graduatoria o di assegnare a ciascuna offerta un punteggio numerico sotto il profilo qualitativo ed economico. – Giurisprudenzappalti).
Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 15/01/2024, n. 503:
4.3. – Anche il terzo e ultimo motivo di appello non si sottrae alla censura di inammissibilità, nei sensi poc’anzi rilevati.
L’appellante si è infatti limitata a riproporre pedissequamente le censure di cui al terzo motivo del ricorso di primo grado, insistendo sul difetto di motivazione in ordine alla scelta dell’aggiudicataria e sulla mancata formazione di una graduatoria. Nel far ciò, tuttavia, essa non ha considerato le ragioni di rigetto argomentate dal TAR, che si riferiscono alla natura semplificata della procedura posta in essere, regolata dall’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020.
In particolare, il TAR ha rimarcato che l’omissione della graduatoria finale risultava coerente con le previsioni del disciplinare, intitolato “Condizioni particolari di RDO – Confronto di preventivi” (richiamandone l’art. 7, paragrafo finale), e che la scelta dell’aggiudicataria è stata specificamente e dettagliatamente motivata con riferimento a tutti i criteri valutativi predeterminati dall’amministrazione. Il Giudice di prime cure, inoltre, ha affermato che la previsione di questi ultimi, insieme all’acquisizione di più offerte, non comportava la trasformazione della procedura in una gara vera e propria, trattandosi piuttosto di un mero confronto di preventivi, con conseguente dovere della stazione appaltante di motivare la scelta dell’aggiudicatario non in ottica comparativa, ma solo in termini di economicità e di rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze. Gli atti posti in essere dall’amministrazione, a giudizio del TAR, sono stati coerenti con le previsioni dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016 (richiamato dall’art. 1, comma 2, lettera a, del decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito) e ciò proprio in considerazione della pubblicità della procedura, della predeterminazione dei criteri valutativi e della completezza della motivazione in relazione alla tipologia di procedura espletata.
A fronte della motivazione del TAR, l’appellante ha ribadito che quella posta in essere dall’amministrazione doveva ritenersi alla stregua di una vera e propria procedura selettiva, dovendosi far prevalere il “dato sostanziale” consistente nel “procedimento in concreto posto in essere”. A suo modo di vedere, il Politecnico, una volta deciso “di aprire l’affidamento al mercato attraverso l’introduzione di regole improntate al confronto concorrenziale”, avrebbe dovuto farsi guidare dai principi generali dell’evidenza pubblica e, quindi, avrebbe dovuto prestabilire i criteri di valutazione delle offerte e valutare queste ultime in comparazione tra di loro, redigendo apposita graduatoria. La motivazione finale del RUP sarebbe, in tale prospettiva, “apodittica” e, comunque, “generica ed indeterminata”.
Così argomentando, tuttavia, l’appellante non ha fatto altro che riproporre gli argomenti già prospettati al TAR, ai quali il primo giudice ha già offerto motivata risposta, non adeguatamente considerata, né efficacemente contrastata. La stessa prospettiva che vorrebbe prediligere le caratteristiche del “procedimento in concreto posto in essere” non giova all’appellante, in quanto essa, a ben vedere, prova troppo: la procedura in concreto posta in essere, infatti, era proprio quella dell’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito, le cui caratteristiche erano ben delineate dal disciplinare che, come rimarcato dal TAR, escludeva in radice la natura comparativa della valutazione. In tale prospettiva, la motivazione finale è del tutto adeguata e sufficiente, in quanto doveva limitarsi ad un giudizio di rispondenza dell’offerta alle esigenze dell’amministrazione.
Deve qui ribadirsi che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (secondo modalità che corrispondono alle previsioni contenute nelle Linee Guida ANAC n. 4 per gli affidamenti diretti), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3287 del 2021, opportunamente richiamata dal TAR; va qui aggiunto che le osservazioni compiute su questa sentenza, nella parte finale dell’atto di appello, non sono tali da inficiare la portata generale del principio di diritto così enunciato, il quale – diversamente da ciò che l’appellante ritiene – non appare affatto influenzato dalle particolari caratteristiche che, in quel caso, si riconnettevano alla procedura di affidamento diretto, per come disegnata dall’amministrazione nella richiesta di preventivo).